15 marzo 2021

Ho scritto t’amo sulla tela: l’arte come l’amore, nell’ultimo libro di Carlo Vanoni

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Dalla Galatea di Raffaello alla Dora Maar di Picasso, 12 ritratti di donne incontrate nell'arte e, forse, anche nella vita: "Ho scritto t’amo sulla tela", di Carlo Vanoni

Raffaello, Trionfo di Galatea, Villa Farnesina, Roma

Dopo l’esilarante racconto A piedi nudi nell’arte (2019), in cui si narra l’innamoramento di un colto ma non saccente cinquantenne per Alessia, intrigante donna di venticinque anni, commessa in un negozio di abbigliamento nel quartiere di NoLo a Milano e digiuna di arte contemporanea, Carlo Vanoni non perde la capacità di intrecciare frammenti di storia dell’arte e divulgazione narrativa, legandole con la passione di scrivere come principio dinamico creativo. Segue, a distanza di un anno, il libro Ho scritto t’amo sulla tela, la storia dell’arte distillata in 12 profili di donna, scritto forse per esorcizzare la solitudine e il confinamento imposto dalla pandemia come antidoto all’annichilimento dell’anima.

Vanoni è un virtuosista della parola capace di “dipingere” narrazioni attingendo dal suo vissuto personale e intorno al suo grande amore, cioè l’arte di ieri e di oggi, con una scrittura fluida anche quando affronta tematiche complesse, procedendo per associazioni tra cultura “alta” e pop, storia e memoria, puntando sulle evocazioni, anche nel titolo d’effetto.

In questo ultimo racconto, è chiaro il richiamo alla canzone Ho scritto t’amo sulla sabbia, un brano di Franco IV e Franco I del 1968, che Alessia, personaggio del racconto, dal basso della sua giovinezza, di certo non conosce. Per Vanoni, dalla sabbia alla tela il passo è breve, entrambi sono supporti, “pagine bianche” sulla quale si lasciano tracce, messaggi di un qualcosa. Nel primo caso, la frase scritta viene cancellata dal vento e dal mare, è temporanea, mentre la tela la usano i pittori per dipingere ritratti di donne, anche sconosciute al grande pubblico e sublimate dall’arte e che, nel tempo, sono diventate icone di bellezza e, per noi che le contempliamo, s’inscrivono nella nostra memoria.

Vanoni, con questo il nuovo libro, compie un viaggio immaginario dal Cinquecento al Novecento, attraverso dodici ritratti di personaggi femminili, immortalati in opere d’arte viste dal protagonista nei musei o incontrate per caso, qua e là nel mondo. Il percorso dentro l’amore per l’arte dell’autore muove intorno alle riflessioni del protagonista sulla natura dell’amore, sul sentimento dell’innamoramento, reduce da una delusione sentimentale, quando Alessia, a distanza di un mese dalla fine della relazione, è diventata un ricordo, appartiene al passato.

Il racconto si snoda intorno alla domanda del protagonista: perché mi sono innamorato? Un uomo disilluso, alla ricerca di una risposta interrogando le donne che, nel tempo, lo hanno affascinato, sedotto o comunque destabilizzato. I sui amori platonici sono, tra gli altri, Galatea di Raffaello, Dora Maar di Picasso, Cleopatra di Tiepolo fino a Marina Abramovic, Ana Mendieta, moglie di Carl Andre, morta tragicamente e in circostanze misteriose, passando, repentinamente, alla madre di Umberto Boccioni e alla Venere degli Stracci di Pistoletto.

Di ciascuna, Vanoni, come un investigatore zelante, racconta la loro storia, le contestualizza, cercando di capire le scelte che hanno determinato il loro destino, delineando caratteri e personalità di figure femminili diverse, diventate un presupposto di riflessione sulle cause e conseguenze dell’Amore. L’autore si specchia nelle vite e nei volti delle donne che hanno rapito il suo sguardo, incontrate sulla tela o in bizzarre occasioni per riflettere sull’amore in sé, incluso quello materno.  Per Vanoni, l’amore – come le opere d’arte – si può classificare in «capolavori, gli esemplari unici, le brutte copie, i multipli e i falsi d’autore», una definizione ricorrente che l’autore cita in diversi paragrafi del libro.

Il suo è un racconto introspettivo apparentemente semplice ma, in realtà, è un meta-testo complesso intorno al rapporto, dalle dinamiche inspiegabili, tra amore e ricordo, tra l’io e l’altro, tra realtà e immaginazione, senza dare una precisa risposta alla domanda sul perché il ricordo di un amore perduto nel tempo assume più sostanza e diventa, invecchiando, una riflessione sulla metafisica dell’Amore.

Ci chiede l’autore: «Qual è la persistenza dei ricordi?». E ancora, «Quando una relazione amorosa può dirsi finita?». Senza scomodare Platone, Arthur Schopenhauer, Sigmund Freud, Francesco Alberoni e altri illustri pensatori, Carlo Vanoni, con leggerezza e un pizzico di nostalgia romantica senza retorica, scrive un trattatello terapeutico “semiserio” sulla psicologia dell’Amore, ponendoci domande sull’idealizzazione dell’essere amato. Una tendenza che avviene in casi di infatuazione amorose, dove uno dei due nella dinamica della coppia ama più dell’altro.

Scrive l’autore: «Tutte le donne che ho amato mi hanno insegnato che esistono modalità diverse per esprimere un sentimento. Il disperato bisogno d’amore che ancora oggi mi assale è legato alla figura materna intesa come Arte». Nella lettera scritta al computer ad Alessia, il protagonista urla nel vuoto affettivo il suo bisogno di Amare nella Bellezza, d’incontrare nell’altro da sé un possibile e rigenerante paesaggio emotivo, per conoscere altre storie e altre sfumature cromatiche, prospettive nuove della complessità dei sentimenti, lungo i pendii dei ricordi, per evadere dall’apatia della solitudine attraverso stati d’animo, contraddizioni e domande. Le stesse che ci poniamo, contemplando un’opera d’arte.

Carlo Vanoni, Ho scritto t’amo sulla tela. La storia dell’arte in dodici profili di donna, Solferino, 2020

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