23 febbraio 2009

libri_excerpt Arte Genio Follia (mazzotta 2009)

 
Le angosce dell’artista che dipinse L’urlo? Affondano le radici nell’infanzia, nella perdita della madre. Dalla quale si sentì abbandonato e tradito. Alcuni brani del saggio di Luca Trabucco che accompagna la mostra senese...

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Il 23 gennaio 1944 Edvard Munch muore nella sua tenuta di Ekely, alle porte di una Oslo occupata dai nazisti. Era dal 1916 che egli si era ritirato in questa dimora. Nel 1937 i dipinti di Munch erano stati sequestrati in Germania e bollati come “arte degenerata” dal regime nazista. Quando nel ’40 i nazisti occupano la Norvegia, Munch si ritira ulteriormente nel suo eremo, rifiutando, ovviamente, ogni contatto con le forze occupanti. Un rifiuto netto nei confronti della dittatura, di una “legge” senza giustificazioni. Ma la dittatura che egli cerca di allontanare è profondamente radicata dentro di lui.
Nei suoi dipinti Munch non segue alcuna “legge” se non quella dell’espressione dei suoi stati emozionali. La “prima stagione” dell’opera di Munch è contraddistinta da un percorso biografico in cui egli va rappresentando gli eventi traumatici della sua vita, in una sorta di iconografia della sua vicenda esistenziale che tuttavia non si ferma mai alla rappresentazione “oggettiva” degli eventi, ma traccia parallelamente un percorso “soggettivo”, con una contemporanea raffigurazione dell’evento e dell’esperienza interna di fronte ad esso. Il dipinto emblematico è in questo senso La bambina malata, la cui prima versione è del 1885. In questo dipinto possiamo ritrovare tre personaggi, la bambina malata (la sorella Sophie), la donna accanto a lei (la zia che si occupò dei cinque bambini dopo la morte della madre), e lo sguardo dello stesso Munch. In questa mostra è presente il bozzetto per Spettri di Ibsen. Questo bozzetto peraltro testimonia della straordinaria capacità di Munch di rimandare continuamente da un piano personale ad uno universale e viceversa, cogliendo al fondo di ogni esperienza soggettiva “tutta l’umanità”. Ernst Ludwig Kirchner - Erna Kirchner - 1917Sebbene apparentemente i personaggi siano Osvald e Mrs. Alving, in realtà ci troviamo di fronte ad una variazione della bambina malata. Vi è uno spostamento di angolo prospettico, ma la scena è identica. Gli Spettri di Ibsen sono per Munch i propri ricordi in elaborabili. La tela sembra più uno specchio in cui la sua angoscia si riflette, sempre eguale a se stessa.
Lo “spettro” proprio di Munch ha le sue origini nell’esperienza infantile della perdita della madre, patita all’età di cinque anni; è come se a questa età egli non avesse potuto vivere il lutto della perdita, in quanto l’angoscia di morte suscitata dentro di lui, e che proprio della madre avrebbe avuto necessità per essere mitigata, lo avesse catturato, insediandosi dentro di lui, allagando il suo spazio mentale, ed insediandosi come “un’ombra nera” dittatoriale. Si è così costituito uno spazio interno occupato dalla “madre morta”, situazione che lo fa sentire un “morto vivente”, da un lato, o che gli fa percepire la figura femminile alla stregua di questo spettro. Gli spettri, o i vampiri, così frequenti nella produzione munchiana, hanno la caratteristica di non potersi specchiare, e dipendono da un vivente a cui succhiano la vita, che non possono conservare e generare autonomamente. Da qui nasce, penso, il grande bisogno di Munch di produrre autoritratti, pittorici e fotografici, come per verificare la propria esistenza, e la collocazione della morte. Nel momento in cui la “madre morta” è identificata nella figura femminile essa diviene colei che succhia la vita, che uccide, che abbandona e tradisce.
Nella relazione con la figura femminile vi è tutta la rabbia per un destino, un’eredità di morte, o per lo meno di non-vita, che la madre, figura femminile primaria, rappresenta. Un rapporto impossibile, in quanto la relazione, implicando una distanza tra le due persone, si colloca in una dimensione mentale per cui questa distanza stessa viene a configurarsi come un baratro che inghiotte tutto. Quindi si deve stabilire una distanza in cui non si fa toccare dall’emozione dell’altro, o all’altro limite si dovrebbe stabilire una totale fusione. Alla dimensione del rapporto amoroso ed erotico non può accostarsi, troppo carico di un odio impossibile: l’immagine che ci lascia di maggior sensualità, la donna abbandonata nell’amplesso, viene intitolata Madonna (1893-94), come a sottolineare l’interdizione profonda al rapporto, determinato dal “tradimento” materno.
Victor Brauner - Le ver luisant - 1933
Tradimento che si è realizzato nel momento in cui la madre di Munch, quando egli aveva cinque anni, muore per tubercolosi. Ma forse anche prima in questi cinque anni, in cui ella ha altri tre figli, dopo i primi due, Sophie ed Edvard. Dopo una lunga elaborazione delle sue vicende infantili, quando nel 1899 giunge a “poter” dipingere la scena cruciale della sua vita, la morte della madre (La madre morta e la bambina), può anche, contemporaneamente, dipingere le Ragazze sul ponte, rappresentazione di uno stato di equilibrio interiore conquistato proprio grazie alla lunga elaborazione del lutto, mediato dalla sua produzione artistica. Tuttavia questo punto culmine del percorso umano e artistico di Munch non ha i caratteri della stabilità, anzi proprio negli anni successivi si assiste ad un crollo psichico, uno sprofondare nell’alcoolismo e nell’angoscia, con svariati ricoveri, negli anni 1908-09, in case di cura.
Nella “seconda stagione” dell’opera di Munch, “la tragedia che appariva sublimata, nel grande ciclo della vita, dall’immaginazione simbolica del pittore, precipita nel quotidiano, nel dramma dei segni superstiti alla caduta della grande illusione”. Da questo momento della sua vita Munch non uscirà più. Si assiste al suo progressivo ritiro dalla vita sociale, nella sua clausura di Ekely dal 1916 alla morte, dove solo dopo il ’26 ammise la sorella Inger. Si assiste al rovinoso naufragio della sua unica relazione amorosa, con Tulla Larsen, nel 1902, quando nel corso di un violento litigio si amputa parzialmente il dito medio della mano sinistra con un colpo di pistola.
Helga Goetze - Mensch werde wesentlich - s.d.
L’ombra della morte è sempre presente nelle sue immagini: in Pubertà (1894) la giovane ragazza ritratta è sovrastata da un’ombra scura e fagocitante. Correntemente questa immagine viene inserita nella serie Il risveglio dell’amore, legata quindi alla tematica della sessualità e della passione amorosa; tuttavia il rapporto esistente tra la fragilità della figura e la cupa presenza dell’ombra non possono non richiamare alla ineluttabilità della morte che incombe sulla figura della fanciulla. La fragilità rappresentata sembra illustrare la natura autentica del trauma, cioè lo squilibrato rapporto di “forze” intercorrenti tra l’evento e il soggetto che lo sperimenta.
L’immagine di una madre viva appare solo in pochi momenti nella sua vita e non riesce a sostenerlo nella sua vita. Nella lotta eterna tra vita e morte, se essa è per lui scandita dai cicli lunari, la presenza di una luna “circolare”, piena, ha una rilevanza del tutto insufficiente. Tranne che nei suoi dipinti, dove può fissarla, riprodurla, conservarla.
Hieronimus Bosch - Il concerto nell'uovo - XVI sec.
L’umanità è accomunata dalla sua tensione verso la morte – Marcia funebre – unico e sostanziale elemento di aggregazione. La dittatura a cui Munch non ha mai potuto sfuggire è rappresentata da quest’ombra nera che lo ha sempre seguito, dalla culla alla tomba, una notte che non cede mai veramente il posto al calore del giorno, e che gli ha impedito di vivere ed amare liberamente, di muoversi nel mondo e nella realtà, vivendo infine una fisica reclusione, “scelta” per una necessità interna ineluttabile, l’angoscia di vivere. L’angoscia di vivere e di morire rappresentano i due lati di un abisso con nel mezzo una lama di rasoio su cui egli ha sempre cercato di restare in equilibrio, e in questa scomoda situazione, io penso, la sua arte ha rappresentato il bilanciere che gli ha permesso, in qualche modo, di mantenerlo.

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La recensione della mostra

luca trabucco

la rubrica libri è diretta da marco enrico giacomelli

*articolo pubblicato su Grandimostre n. 3. Te l’eri perso? Abbonati!


Arte Genio Follia. Il giorno e la notte dell’artista
a cura di Vittorio Sgarbi
Mazzotta, Milano 2009
Pagg. 496, ill. col., € 58
ISBN 9788820219185
Info: la scheda dell’editore

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