11 aprile 2006

libri_romanzi La corsa all’abisso (colonnese 2005)

 
Cento colpi di pennello prima di andare a morire. Dopo una vita senza pacs. Lui, lui e (tanti) altri, all’insegna del solito slogan: spada e pennello è il simbolo più bello. Un sequel di Melissa P.? Quasi. Un romanzo su Caravaggio. E' La corsa all'abisso, di Dominique Fernandez...

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“Non abbiamo mai fatto l’amore così completamente né con una simile armonia. Il sollievo di sfuggire finalmente alla miseria, congiunto all’eccitazione di cominciare una nuova vita, ci invitò a fonderci così bene l’uno nell’altro che, due volte di seguito, nelle due posizioni, il godimento fu simultaneo”. “Mi ci vollero molti baci, molte carezze, molte fellazioni (…) per farmi perdonare”. Non saltate subito alle conclusioni: non si tratta del sequel del diariuccio hard di Melissa P., ma di un romanzo per il quale la critica d’oltralpe ha scomodato addirittura Marguerite Yourcenar. Paragone che, a sfogliare La corsa all’abisso di Dominique Fernandez, non tarda a suscitare qualche perplessità.
Chi agogna voluttuosamente al precipizio è un celebre pittore seicentesco, il più scellerato dei maudit, la star incontrastata delle mostre-pacco degli ultimi anni. Ci siete arrivati? Ma certo, è lui: Michelangelo Merisi da Caravaggio, al quale lo scrittore parigino dedica un corposo ritratto in chiaroscuro (poco chiaro e molto scuro, ovviamente), dando fondo a tutti i cliché che da decenni funestano le biografie del lombardo.
Assetato di gloria quanto affamato di sesso, lacerato tra abiezione ed espiazione, Michel Angelo -e (soprattutto) diavolo- ravana come un lupo bramoso nei bassifondi dell’umanità, a caccia di prostitute, carnefici ed efebi, modelli di quadri “scandalosi” invariabilmente trasudanti erotismo. Un Priapo della tavolozza, che s’impenna pure alle note d’un oratorio controriformato, ma che, all’occorrenza, fronteggia impavidamente, oltre alle meticolose esplorazioni intime dell’Inquisizione, i dotti processi intentati ad ogni sua opera e ad ogni suo gesto: un io narrante psicopatico in un impianto narrativo squilibrato, che non pare darsi troppa pena della veridicità storica o della verosimiglianza lessicale e stilistica.La copertina del libro di Dominique Fernandez
Difficile, nella selva delle “licenze”, eleggere le più marchiane. Scorrendo il menu, ad esempio, tra caponate, ragù e maccheroni, stupisce sorprendere il Caravaggio “siracusano”, pur braccato dai vendicativi cavalieri di Malta, beatamente seduto ai “tavolini” del “caffè” sulla piazza (barocca) della cattedrale (l’antidoto consigliato, in questo caso, è il magistrale libro di Pino Di Silvestro, La fuga, la sosta, Rizzoli, Milano 2002).
Tra l’altro, ad un autore che vanta un certa familiarità con Napoli –avendovi già ambientato il monumentale Porporino–, difficilmente si possono perdonare alcune inesattezze, come ignorare che palazzo Carafa di Stigliano sarebbe diventato Cellamare solo nel ‘700 o affermazioni come “non ci sono banche” in una città che all’epoca ne contava sette (tanto più che le principali testimonianze sul soggiorno partenopeo del Merisi vengono proprio dall’Archivio Storico del Banco di Napoli). Imperdibili, poi, le “scenate da un matrimonio” tra Caravaggio e Mario Minniti nel delizioso “nido” al Divino Amore, col siculo querulo e petulante (e ovviamente geloso) che sprofonda in riflessioni bergmaniane sul “tran tran” dovuto al “confort” di un ménage “borghese”, dal quale la poco dolce metà evade grazie al suo passatempo preferito: raccattare ragazzi di vita lungo il greto del Tevere.
Peccato, perché alcune belle intuizioni avrebbe potuto essere sviluppate con ben altro respiro, quali il viaggio a Firenze al seguito del cardinal del Monte, in occasione delle nozze fra Enrico IV e Maria de’ Medici, o la conversazione col principe uxoricida Carlo Gesualdo, che declina in un noioso sfoggio di tecnica musicale.
Insomma, invece che alla biografia, seppur romanzata, di un grande artista, circa 500 pagine vengono dedicate alla solita vita violenta dello spadaccino libidinoso, dalla sua iniziazione (etero e omo) sessuale alla morte annunciata, in un gran finale col protagonista che “si fa suicidare” sulla spiaggia di Port’Ercole. Da chi? Non ve lo diciamo. Correte a comprarlo, se siete curiosi, però aggiungeteci pure Memorie di Adriano. Perché, una volta preso l’ascensore per lo scantinato, in qualche modo bisognerà pur tornare sopra.

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anita pepe


Dominique Fernandez – La corsa all’abisso
Napoli, Colonnese, 2005
Pagg. 480, € 22, ISBN 88-87501-65-3
Info: Via San Pietro a Majella, 7 – 80138 Napoli; tel. +39 081293900; info@colonnese.it; www.colonnese.it


la rubrica libri è a cura di marco enrico giacomelli

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