19 febbraio 2022

Tre pubblicazioni tra arte e musica, dagli Old Master a Bussotti e Cage

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Il genio di Sylvano Bussotti, i paesaggi di John Cage e il dialogo tra antichi e contemporanei: tre libri sul rapporto tra musica e arte di recente pubblicazione, da leggere tutti d'un fiato

Sylvano Bussotti © Lisetta Carmi

“La Casa Editrice Maschietto di Firenze è lieta di presentare “Bussotti e l’opera geniale” di Renzo Cresti, ricca e minuziosa monografia dedicata al grande genio musicale e artistico. Il volume vuole celebrare il 90mo anniversario del Maestro, nato a Firenze il primo ottobre 1931″. Quanto si legge in esergo, sia pur con un pizzico d’enfasi, corrisponde a verità. Purtroppo Sylvano Bussotti scompare il 19 settembre 2021, poco prima di compiere i fatidici novant’anni, così l’ampia monografia, allora uscita da poche settimane, da livre d’éloge si trasforma in prima pubblicazione postuma dedicata a una figura la cui complessità non risiede solo nella natura poliedrica del musicista/pittore/scrittore/regista/scenografo/costumista, ma è insita nella sua stessa creatività, nutrita in un rapporto gesto/danza/immagine del tutto estraneo a formalismi o accademismi, e che, scrive Cresti, Bussotti chiama Eros.

Maschietto nel 2010 aveva già dedicato al maestro un bel volume (“Corpi da musica”) in occasione della mostra “Firenze per Bussotti” presso il Museo Marino Marini. Questo secondo porta la firma di uno studioso attento alle vicende della musica d’oggi, e si dipana in cinque capitoli, corredati da interviste – anzitutto al suo danzatore d’elezione, Rocco Quaglia – e da ascolti in cd con la voce di Monica Benvenuti e l’elettronica di Francesco Giomi. Cresti esamina a fondo la varietà di motivi che abita l’opera “geniale” del nostro, a cominciare dal concetto di “opera aperta” che s’attaglia perfettamente alla poetica di Bussotti, per comprendere il lavoro del quale non basta leggere la pagina musicale o ascoltarne l’esecuzione, ma, scrive Cresti, «Occorre essere sempre disponibili ad aggiornare il senso, dal momento che l’opera non è mai finita», riprendendo in ciò l’idea di “frammento ininterrotto” espressa molti anni prima da Mario Bortolotto, primo esegeta bussottiano. E con ciò la poetica del collage, del pastiche, spesso filtrati attraverso il “parametro” della memoria.

Personalità polimorfa ma non eclettica, estranea all’esercizio di stile. Cresti osserva che per Bussotti «Le arti si abbracciano a vicenda perché consapevoli che a ognuna manca la sostanza dell’altra e proprio in questa mancanza esse riconoscono ciò che le accomuna». E altrove: «Bussotti riesce a produrre un rapimento che, partendo dall’incanto delle pittografie, si trasmette all’ebbrezza del gesto e arriva all’esaltazione del suono».

Artista di grandi contraddizioni, il massimo del narcisismo si sposa con l’accettazione dell’eterogeneo, e in ciò si spiega anche la professione di fede comunista, oppure l’outing espresso in tempi allora difficili. C’è poi il riassunto biografico, il Dna familiare (erano artisti il fratello Renzo e lo zio Tono Zancanaro), e quello di una Firenze tardiva rispetto alle avanguardie europee, quindi i soggiorni a Parigi, Darmstadt, Buffalo, New York a cavallo fra i Cinquanta/Sessanta: influenze e confronti con protagonisti di quegli anni (John Cage su tutti) grazie ai quali mette a punto la sua poetica del carnale, ermafrodita, ma anche rituale, archetipica e mitologica, riassunta in una sorta di parola d’ordine: extra. Un rapporto con la storia non neoclassico, ma al tempo stesso ben lontana dalle “mathématiques sévères” dell’avanguardia.

C’è poi il racconto delle opere, approfondito nei titoli più importanti, e il ruolo storico dell’organizzatore, riassunto in BOB-Bussottioperaballett, di cui il volume riporta i quattro punti programmatici squadernati in altrettanti fogli. Il volume, accompagnato da un rilevante carico di note, è lettura imprescindibile per un approccio ad una delle più controverse figure d’artista del secondo Novecento italiano ed europeo.

Il viaggio di John Cage

Si accennava a Cage come uno dei riferimenti di Bussotti. Il volume di Cresti ha in copertina un’immagine di Bussotti realizzata da Roberto Masotti. Curioso: il primo è nel titolo, il secondo firma “John Cage, in a landscape”, edito da Seipersei. Veste grafica elegante, con la trasparenza della pergamina a supporto di immagini che piace ritrovare qui raccolte, a rivivere un lungo lavoro sul campo operato da Masotti sul grande guru della composizione – e con Roberto la presenza di Silvia Lelli, compagna in arte e nella vita, sul palco del leggendario concerto Empty Words al Lirico di Milano nel ’77 o, l’anno dopo, sul Treno di John Cage che percorse i binari romagnoli caricando, solo per fare un nome, Demetrio Stratos.

Italia amata nelle presenze cageane: oltre ai citati, il Piemonte Musicircus, l’auscultatore di piante sul Monte Stella di Ivrea per un progetto mai realizzato. E Venezia o ancora Milano, una tavolata dopo-spettacolo con Merce Cunningham, presente Gino Di Maggio. Di nuovo piante in bottiglia nella casa newyorkese, giocando a scacchi con la pianista Grete Sultan, e sempre accanito scacchista con Teeny Duchamp su un taxi a Bonn o con Aldo Clementi sul citato treno. Scatti che immortalano il carisma di Cage “in un paesaggio”. Immagini accompagnate dalle parole (testo bilingue) della musicista Joan La Barbara, del fratello di Masotti, Franco, e dello studioso Veniero Rizzardi, ciascuno a raccontare un momento pubblico e privato insieme. Perché Cage, per chiunque lo abbia avvicinato, è anzitutto questo: un infinito fotogramma della propria vita.

Il canto della luce

C’è spazio per segnalare anche “Il canto della luce”. Ne è autore Paolo Repetto, pianista ed esperto d’arte moderna e contemporanea che coniuga con competenza il linguaggio verbale di musica e arte, cosa che fa da tempo per l’editore il Melangolo. Repetto riflette qui sulla possibilità, alternativa a ciò che lui chiama “tragicomico esibizionismo isterico”, di un procedere seguendo il motto latino Festina lente, con l’intenzione di delibare il piacere e l’intrico intellettuale che si scoprono di fronte a opere e autori anche distanti: Antonello da Messina e Paolini, Luca della Robbia e Calzolari, Vermeer e Anselmo…Piacevole lettura che aiuta a meditare sull’autentica ricezione dell’opera d’arte d’ogni tempo e luogo.

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