19 dicembre 2019

Guida all’acquisto di opere d’arte: comprare non è mai (stato così) facile

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Secondo appuntamento con la guida all'acquisto e al collezionismo curata da Gilberto Cavagna di Gualdana dello studio legale Negri-Clementi

vendita arte

Se prima di acquistare un’opera è opportuno condurre una approfondita due diligence, così da acquietare con una certa consapevolezza (cfr. La due diligence. Guida per un acquisto “diligente”) anche il contratto di acquisto merita la dovuta attenzione.

La legge accorda alcune tutele, ma la predisposizione di un attento contratto di compravendita può escludere, o quanto meno limitare, i rischi (e gli esborsi).

Nel nostro ordinamento non esiste una normativa specifica; per la vendita di opere d’arte occorre fare riferimento alle norme generali del codice civile e coordinare tali disposizioni con quelle, più specifiche, che vengono in considerazione a seconda del bene acquistato e/o dei soggetti coinvolti nella vendita, come quelle a tutela dei beni culturali (d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e succ. mod.) e/o delle opere dell’ingegno di carattere creativo (l. 22 aprile 1941, n. 633 e succ. mod.) e/o quelle a tutela del consumatore (d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e succ. mod.).

La proprietà di una cosa determinata – come quasi sempre accade, quando si tratta di opere d’arte – si acquista “per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato” (art. 1376 c.c.), con il contestuale passaggio all’acquirente dei rischi per furto o perimento, anche se l’opera rimane poi presso il venditore (salvo diverso accordo o alcuni tipi di vendita particolare). Di base non occorre una forma prescritta, ma la forma scritta è consigliata, anche per provare garanzie ed impegni in caso di contestazione.

Può capitare infatti che l’opera acquistata risulti non autentica, perché l’autore dell’opera non è quello dichiarato. È stato il caso – che ha riscosso di recente una certa eco – di un acquisto di un arazzo attribuito ad Alighiero Boetti che, sottopostolo dopo l’acquisto all’esame dell’Archivio dell’artista, è stato dichiarato falso.

In tali casi l’acquirente può esperire due diverse azioni, a seconda che l’autenticità dell’opera sia stata o meno garantita dal venditore: (i) di risoluzione, per consegna di cosa diversa da quella pattuita (c.d. aliud pro alio), nei termini di prescrizione decennale, con possibilità di richiedere il risarcimento del danno; (ii) di annullamento, per errore (essenziale) sull’identità dell’oggetto del contratto, anche se l’esperibilità di una tale azione è controversa, considerato che la paternità dell’opera per sua natura difficilmente è certa. L’annullamento può essere richiesto anche nel caso in cui il consenso di una parte sia affetto da vizi (non solo errore, ma anche violenza o dolo).

Nel caso in cui, invece, la criticità dipenda dal fatto che l’opera è stata acquistata da un soggetto che non è il proprietario (c.d. acquisto “a non domino”), la tutela dell’acquirente dipenderà dal principio di buona fede (art. 1153); se in buona fede al momento dell’acquisto, per l’appunto, ne acquista la proprietà mediante il possesso.

È rimasto famoso il caso di un gallerista ed esperto d’arte che nel 1980 ha acquistato all’asta di Sotheby’s il dipinto “Natura morta con pesci” di De Chirico che era stato precedentemente rubato dall’abitazione della proprietaria. Anni dopo il gallerista è stato infatti citato in giudizio avanti al Tribunale di Milano dalla proprietaria derubata, che chiedeva la restituzione dell’opera e al termine di vari gradi di giudizio è stato condannato, in quanto i giudici hanno ritenuto che sussistessero numerosi indizi che escludevano la buona fede del gallerista al momento dell’acquisto, obbligandolo così alla restituzione dell’opera (v. Corte di Cassazione 14 settembre 1999, n. 9782).

Come per tutti i rapporti giuridici, nell’adempiere le rispettive obbligazioni le parti devono agire con diligenza; tuttavia, se una delle parti agisce nell’esercizio di un’attività professionale, come nel caso di una galleria d’arte o di una casa d’aste, la diligenza deve valutarsi in modo più rigoroso (art. 1176). Non solo; quando interviene nel rapporto un soggetto professionista e l’altra parte sia un consumatore, il contratto soggiace anche alla disciplina prevista dal codice del consumo (art. 128-135), inclusa la responsabilità del venditore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene (manifestatisi entro 2 anni dalla consegna, purché denunciati entro 2 mesi dalla manifestazione).

L’intervento di intermediari professionisti nel mondo dell’arte potrebbe inoltre comportare, per le opere dell’ingegno soggette alla legge sul diritto d’autore (art. 144 e ss. legge autore), l’applicazione del diritto di seguito (c.d. droit de suite). Se l’acquisto ha poi ad oggetto cose mobili o immobili tutelate come beni culturali, in tal caso i beni saranno soggetti a tutta una serie di limiti tra cui, in particolare, l’obbligo di denunciare il trasferimento della proprietà alla Soprintendenza; si tratta di una prelazione riconosciuta allo Stato che gli permette di inserirsi nel negozio già concluso come nuovo acquirente e, pagando il medesimo prezzo convenuto, diventare proprietario del bene (cfr. art. 60 e ss. codice beni culturali).

Il Codice dei beni culturali impone inoltre, a tutti coloro che abitualmente vendono opere d’arte, “l’obbligo di consegnare all’acquirente la documentazione che ne attesti l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime” (cfr. art. 64) o, in mancanza, una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione e provenienza. Il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel codice dei beni culturali comporta rilevanti sanzioni penali e, in taluni casi, fino alla nullità del contratto di acquisto.

Il presente contributo costituisce un estratto dell’articolo “Il contratto di acquisto di opere d’arte: la disciplina” pubblicato su ART&LAW n. 2 del 2019

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