26 ottobre 2015

I ricchi si arricchiscono Grazie all’arte

 

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Possedere una collezione da un po’ di tempo ha una nuova funzione: permette di avere accesso a dei prestiti a tasso decisamente conveniente rispetto alle cifre stabilite per tutti gli altri comuni mortali. 
L’ultimo esempio vede protagonista Steve Wynn, magnate dei casinò, che ha impegnato 59 opere della sua collezione come garanzia per Bank of America, a fronte di un prestito multimilionario, con un tasso d’interesse minore all’un per cento. 
In un business spesso monopolizzato dalle case d’asta e da banche come Citigroup Inc., JPMorgan Chase & Co., stanno entrando anche società di private equity, banche commerciali e privati, attratti dalle potenzialità che questo nuovo modo di guadagnare dall’arte sta offrendo. Il capitale è difficilmente stimabile, ma i soldi in contanti erogati possono essere spesi immediatamente, reinvestiti in immobili, barche o anche, come nel caso di Steve Wynn per rimpinguare le casse delle proprie società.
In questo caso tra le opere date alla banca, per un tempo limitato che potrebbe andare dai 3 ai 5 anni, c’è Number 12, di Jackson Pollock, che nella sua ultima asta pubblica da Sotheby’s lo scorso maggio ha venduto a 18 milioni di dollari. L’elenco comprende anche una scultura di una testa maschile di Alberto Giacometti che ha venduto per 50 milioni nel 2013, e Andy Warhol Double Elvis (Ferus Type) che ha venduto a 37 milioni nel 2012. 
Da Sotheby’s la divisione di servizi finanziari è diventata l’unità più redditizia e più in crescita concedendo prestiti e anticipazioni che spesso aiutano le partite per la casa d’aste di New York, secondo un rapporto di Moody pubblicato il mese scorso. Ma anche se i tassi di interesse sono più alti rispetto alle banche, Sotheby’s non teme la concorrenza, grazie alla rete di esperti e di avvocati con cui collabora e alla sua flessibilità finanziaria. 
Secondo le previsioni della compagnia di ricerche sul mercato Skate, il ricavato di questo tipo di operazioni supererà i 10 miliardi quest’anno, circa il doppio rispetto al 2011. A conferma dell’evidenza: i super ricchi hanno sempre bisogno di fare altri soldi. (Roberta Pucci)

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