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È in corso Contemporary Art | Milan, l’incanto di Sotheby’s Italia dedicato all’arte del XX secolo, online fino al 26 novembre. Già con l’evento di giugno, in un clima generale di incertezza, la casa d’aste aveva fatto davvero bene, sbaragliando ogni perplessità sulle vendite “virtuali” con un totale di 10,4 milioni. Che cosa aspettarci 5 mesi dopo, in quest’annata più che mai imprevedibile? Abbiamo dato uno sguardo agli 86 lotti in catalogo per farci un’idea.
Gli highlights della Contemporary Art | Milan: da Morandi a Capogrossi a Calder
Iniziamo da Natura Morta (1946) di Giorgio Morandi (stima: 600.000-800.000 euro), l’artista che proprio a Milano, nel novembre 2018, ha tagliato il traguardo europeo con un’aggiudicazione da 2.169.000 €. Si tratta, anche stavolta, di una composizione straordinaria, dove la palette di colori delicati cristallizza oggetti d’uso quotidiano, fissandoli per sempre in una semplicità sublime; e lo sapeva bene il gallerista e mecenate Carlo Cardazzo, che, tra gli altri, inserì l’opera nella sua prestigiosa collezione. «Lo spazio di queste nature morte non è meno costruito mentalmente che in Paolo Uccello», scriveva Cesare Brandi, «ma la rigorosa concezione logica, che vi presiede, non rimane un’intelaiatura astratta; porge una metrica fissa e, al tempo stesso, il punto di leva della fantasia».

Dopo il record mondiale del Pomeriggio di Arianna, Giorgio de Chirico torna a sfilare da Sotheby’s con due versioni di Mobili nella Valle (rispettivamente, del 1928 e degli anni Sessanta), Interno metafisico con officina (1951) e una caratteristica veduta di Venezia del 1955 (stima 100.000-150.000 euro). Con Interno metafisico, in particolare, l’artista insiste ancora una volta su quei temi cari fin dagli anni ’10, come quel «rapporto irrisolto tra interno ed esterno che», spiegano gli esperti, «concorre a falsare l’orientamento nell’immagine e a provocare un’esperienza di straniamento, che segna una trasformazione nella percezione visiva».


Arriviamo così a un altro capolavoro all’incanto, Superficie 196 (stima: 240.000 – 350.000 euro) in cui Giuseppe Capogrossi torna a orchestrare il dialogo misterioso fra il segno e l’immagine, con quei riconoscibilissimi simboli “a forchetta” che catalizzano tutta l’attenzione. «Capogrossi inasprisce il tema della diagonale del segno e dell’intervento degli elementi», scriverà Luca Massimo Barbero in occasione della retrospettiva veneziana del 2012, in cui Superficie 196, tra l’altro, veniva esposta, «in un avvicinamento estremo allo spazio, che perde un punto di vista privilegiato (in quanto quadro) e diviene luogo possibile di ogni macrovisione, una ‘uscita’ raggiunta da ogni possibile ortogonalità».
E non è tutto perché sul catalogo dell’asta figurano anche i lavori dell’Arte Povera di Alighiero Boetti, Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto, la Pop Art italiana di Mario Schifano, Valerio Adami e Cesare Tacchi, i masterpieces post-war di Afro e di Emilio Vedova, le ceramiche di Fausto Melotti. Importantissimo, infine, il confronto con artisti internazionali come Josef Albers, Kenneth Noland, Max Bill e Alexander Calder; quest’ultimo, in particolare, presenzia all’incanto con Senza Titolo del 1956 (stima: 150.000-200.000), uno degli incredibili Mobiles che Jean-Paul Sartre definiva «strane composizioni di steli, foglie di palma, dischi, piume e petali. Sono risonatori, trappole, pendono alla fine di una corda come dei ragni alla fine delle loro ragnatele, o si collocano su una base, spenti, ripiegati su se stessi e finti addormentati. Passa un brivido errante, vi rimane impigliato, si anima, lo indirizzano e gli donano una forma fluttuante – un Mobile è nato».



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