30 aprile 2008

fino al 10.V.2008 José Bedia Milano, Il Torchio Costantini

 
Nostalgia per una patria abbandonata, riflessione sulla condizione dell'uomo. Speranze accese, anche se flebili, per un futuro da conquistare. È la magia di Cuba. Nelle nuove tele di uno dei suoi figli esuli...

di

Yo soy un hombre sincero / De donde crece la palma / Y antes de morirme quiero / Echar mis versos del alma”. Non è il testamento spirituale di José Bedia (La Habana, 1959; vive a Miami), ma una canzone popolare della sua terra natia. L’isola di Cuba, tanto bella quanto tormentata, segnata da ideologie e contraddizioni, con lo sguardo altrove e il cuore radicato nella propria tradizione.
Gli eroi e il presente si scontrano con entità soprannaturali che si prendono gioco della gravità del mondo, nelle tele di Bedia. Figure ancestrali, che sembrano essere appena scappate dalle grotte di Lascaux, irriverenti come amorini rinascimentale, si scontrano, minuscoli, con la forza delle radici dell’umanità, che si fa monumentale e forte come querce secolari, o impassibile e grande come le placide balene oceaniche.
Il futuro diventa qualcosa a cui anelare, lasciandosi alle spalle tutto ciò che è stato, con un evidente ribaltamento dell’angelo della storia di Walter Benjamin, che guarda al passato cercandone il potere salvifico. Gli uomini combattenti non hanno armi né corazze, ma alberi che ricoprono le proprie vesti, per trasformarli in colline verdeggianti, tesoro della terra e speranza per l’avvenire, soprattutto quando la patria è ostile e difficile, come l’isola di Cuba. E se Un antiguo poder ricorda l’inquietante Saturno che divora uno dei suoi figli di Goya, è perché il potere dell’uomo, quando offuscato dalla paura e dall’ideologia, altro non può essere se non un cieco mostro che si nutre della propria prole o la costringe a fuggire.
José Bedia - Un antiguo poder - 2008 - acrilico su tela - cm 127x147
E la tavolozza rinuncia ai colori, solo nero e grigio vivono nelle tele di Bedia, qualche sprazzo di bianco illumina i suoi quadri; solo ogni tanto i marroni della madre terra arrivano a colorare le figure, rischiarati da piccoli spot gialli di luce, perché l’humus generatore non spegne mai la voglia di riportare a sé i propri figli, anche se dispersi dalla cattiveria dell’uomo.
È questo lo Status quo di José Bedia, la sua rappresentazione della situazione mondiale in questo momento. È un pensiero “glocal”, quello del pittore, che parte dalla sua nazione per arrivare all’intero mondo civilizzato, per aiutare la gente con la sua esperienza. Un viaggio emozionale, ma strettamente terreno, scanzonato e irriverente come solo i cubani sanno essere, profondi e legati alla propria gente, forti e mai disperati.
José Bedia - Ojalá se hundan los cielos - 2005 - acrilico su tela - cm 183x249
Come scrive Omar Pascual Castillo, curatore della mostra, “Bedia possiede la consapevolezza che ‘chi esorcizza i propri mali si depura da essi’ e per questo gioca, si trastulla e si burla di questa pessima, indiscutibile e decadente presenza, questo ‘pernicioso stato delle cose’, liberandosi da esso per farlo affiorare come racconto, ossia rendendolo opera, oggetto, pittura e simulacro che narra una mitologia ingannevole”.

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guia cortassa
mostra visitata il 10 aprile 2008


dal 10 aprile al 10 maggio 2008
José Bedia – Status Quo
a cura di Omar Pascual Castillo
Il Torchio-Costantini Arte Contemporanea
Via Crema, 8 (zona Porta Romana) – 20135 Milano
Orario: da lunedì pomeriggio a sabato ore 10-12.30 e 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0258318325; iltorchio@fastwebnet.it; www.iltorchio-costantini.com

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