18 febbraio 2011

fino al 12.III.2011 box(e) Milano, Jerome Zodo

 
Botte da orbi. Ma regolamentate. Una mostra a tema da Jerome Zodo, per le cure di Gabriele Tinti. Dalla pagine di un libro alle pareti di una galleria...

di

L’inaugurazione della mostra con cui la galleria
di Jerome Zodo – figlio del noto Alessandro, gallerista storico milanese e
newyorchese – festeggia il suo primo anno di vita non va per il sottile e mette
in scena un incontro di boxe tra pesi massimi. La galleria, trasformata in
ring, accoglie il confronto tra reale e rappresentazione in una serata ricca di
sponsor e con ospiti come il Dolce & Gabbana Thunder Italian Boxing Team.

La mostra nasce da un libro del critico Gabriele Tinti
che, per Damiani, ha dato alle stampe uno studio sul rapporto fra arte e boxe.
Fare a pugni è una esperienza basilare, un fondamento antropologico di
formazione del sé. Sembra violenza pura, ma è intelligenza ed equilibrio. La
vita potrebbe essere descritta come un incontro di boxe con le avversità. Saper
incassare e attendere il momento giusto per provare un “gancio”. Film come Rocky hanno segnato l’immaginario
collettivo, ma i più belli sono probabilmente Fight Club e One Million
Dollar Baby
. Storie che riportano all’infanzia, a quelle azzuffate tra
amici-nemici per dimostrare di essere grandi, di non aver paura.

Wainer Vaccari - Fight 13 - 2008 - olio su tela - cm 96x116
La mostra forse non racconta tutto ciò, ma sa regalare
immagini forti, emotivamente ed esteticamente. Perché il pugilato può avere una
sua pura bellezza quando viene fissato su tela e non c’è più una storia da seguire,
ma solo forme da contemplare. Il
dipinto di David Rathman (Untitled, 2006) che riprende il leggendario
incontro tra Alì e George Foreman è un piccolo capolavoro che serve a
tale scopo: la tela è un gorgo nero dentro il quale i due protagonisti cadono
pugilando, soli con se stessi e bianchi come anime perdute. Tutto l’opposto
della versione che ne dà Wainer Vaccari con
la sua pittura segnica e chiassosa: nelle grandi tele della serie Foght sembra di sentire la folla attorno
ululante.

Più ironico, Li Wei
esibisce se stesso in Boxing (2009),
una grande fotografia che lo ritrae mentre sferra il colpo decisivo
all’avversario che, immancabilmente come tutti i personaggi delle sue immagini,
sta per piombare giù da un grattacielo cinese. Meno ilari sono i ritratti che Denis Rouvre esegue dei pugili
senegalesi, colti da una fotografia statuaria che esalta il gusto classico per
le proporzioni e per la bellezza atletica di corpi scolpiti dalla lotta.

Li Wei - Boxing - 2009 - stampa digitale - cm 176x366
E se Ben Grasso presenta
in Boxing (2010) il remake di una tela di un protagonista del
realismo americano, Sebastian Diaz
Morales
dedica al tema il lavoro più raffinato: Ring (2007) è un video
in cui le riprese reali di un incontro sono trasformate in un disegno su sfondo
nero, esile e magnetico. Quasi fosse la radiografia di un mondo che va
scomparendo, dopo i suoi anni migliori, nella spettacolarizzazione nevrotica
del wrestling.

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mostra visitata il 15 gennaio 2011


dal 13 gennaio al
12 marzo 2011

Box(e)

a cura di Gabriele
Tinti

Jerome Zodo Contemporary

Via Lambro, 7 (zona Porta Venezia) –
20129 Milano

Orario: da martedì a sabato ore 10-19

Ingresso libero

Info: tel. +39 0220241935; fax +39
0220244861; info@jerome-zodo.com; www.jerome-zodo.com

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