04 marzo 2005

fino al 2.IV.2005 Sebastiaan Bremer Milano, Galleria Galica

 
Migliaia di puntini neri, per ricreare un mondo sepolto. Tra ricordi, associazioni, immagini dell’inconscio. Giocando con luci e ombre. Con quello che c’è e tutto quello che potrebbe esserci. E strizzando l’occhio alle illusioni di Escher...

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Lavori inusuali, inconsueti. Rivelano una dimensione onirica, inconscia. Sebastiaan Bremer (1970) trasfigura la fotografia investendola di nuovi significati: un lieve tessuto emozionale ricopre le immagini caricandole di un’espressività sentita e sofferta. L’oggettività della riproduzione fotografica è solo un pretesto, una base da cui partire per sviluppare una propria poetica personale, un ricordo da cui rielaborare il proprio vissuto. Così Le fotografie, spesso tratte da album di famiglia di amici e parenti, sono la via di fuga per giungere a qualcosa d’altro. E tornano ad essere, come in epoca surrealista, objets trouvées, dettagli trovati, anzi “ritrovati” nel mondo, perché rispondenti in qualche modo a certe esigenze o stati interiori. Le immagini di Bremer insomma, tornano ad essere il punto di partenza per una serie d’associazioni inconsce, legate al ricordo, all’esperienza personale o più semplicemente all’automatismo psichico surrealista.
Centina, migliaia, milioni di piccoli puntini d’inchiostro, posti l’uno accanto all’altro, vanno a comporre un universo impossibile, parallelo e nello stesso tempo coesistente all’immagine. A volte questi piccoli puntini sembrano semplicemente completare una visione d’insieme: in una zona buia della fotografia ricreano quella realtà che si suppone esser stata ricoperta dall’ombra, creando rami nascosti tra le foglie o conchiglie marine nascoste dall’acqua. Altre volte invece l’immagine fotografica dà luogo ad associazioni molto più complesse. Bremer parte da un dettaglio e vi costruisce attorno un universo difficile, vorticoso che sembra aver poco a che fare con l’immediatezza dell’inconscio.
Sono a ben vedere più costruzioni mentali che costruzioni dell’inconscio, anche se l’elemento onirico e fantastico rimane sempre scoperto e palese. Idealmente ricordano il complesso mondo di Escher, banalmente invece i noti giochi ottici degli anni Novanta, dove da un piano puntinato e fortemente colorato apparivano – guardando attentamente – forme tridimensionali.
sebastiaan bremer
Quello di Bremer è uno studio sull’immagine. Immagine legata al ricordo, del ricordo e immagine dell’inconscio. Anche l’immagine fotografica è chiamata in causa, ma è presto messa da parte – idealmente e fisicamente – superata da quell’altra immagine, quella evanescente che rappresenta la dimensione interiore.
Proprio a causa di questa dimensione intimista i lavori di Sebastiaan Bremer si adattano meglio al piccolo formato. Opere di pochi centimetri obbligano l’osservatore ad avvicinarsi considerevolmente in modo tale che la fruizione sia innanzitutto privata. Nei lavori di grandi dimensioni, il più delle volte, purtroppo, è persa questa componente, sostituita da un delicato ed effimero estetismo. Immagine interiore ed esteriore coesistono in una dimensione magica e senza tempo e il sogno potrebbe durare per sempre, se non fosse per la presenza quasi maniacale di quei puntini d’inchiostro. Che a volte invadono l’immagine completamente, cancellandola del tutto.

francesca mila nemni
mostra visitata il 24 febbraio 2005


Sebastiaan Bremer
Galica Artecontemporanea
Viale Bligny 41 – mail@galica.it  www.galica.it  – 0258430760 da martedì a sabato dalle 15:00 alle 19:00 o su appuntamento


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