Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
19
marzo 2009
fino al 21.III.2008 Matías Sánchez Milano, Il Torchio Costantini
milano
Una parodia del mondo dell’arte, ritratto dal bizzarro pennello di un giovane artista spagnolo. Una pittura ricca di citazioni, divertente e attraente. Signore e signori, l’eccentrico teatrino di Matías Sánchez...
Estrarre il coniglio bianco dal cilindro non è l’ambizione del giovane artista spagnolo Matías Sánchez (Tübingen, 1972; vive a Siviglia); anzi, l’accanimento cervellotico che mira all’originalità stilistica (vera ossessione di certi suoi colleghi) non si percepisce nella sua pittura. Al contrario, osservando le sue opere, per chi mastica un po’ di storia dell’arte, le citazioni si sprecano.
La prima ricerca affrontata dall’artista ripercorre i temi e la forza espressiva del Muralismo messicano (e del fumetto), da cui si è evoluto nella sintesi della produzione più recente, esposta per la prima volta in Italia, dove saltano immediatamente all’occhio i richiami al primo Espressionismo e all’istintiva Art Brut. Ci troviamo di fronte a una pittura spontanea e infantile ma ragionata, specialmente nello studiatissimo equilibrio formale e cromatico che caratterizza le grandi composizioni a olio, dense ma leggere, così vicine, nella messa in scena dei personaggi, alle pale e alle tele quattro-cinquecentesche.
Quel tratto che sembra uscito da un kindergarten, grottesco e buffo, alleggerisce i temi sarcastici e provocatori più o meno esplicitamente trattati dall’artista, che gioca una critica del mondo dell’arte contemporanea e dei personaggi che vi gravitano intorno, devoti a fama, successo e denaro. E l’artworld strizza un occhio compiaciuto a Sánchez, mentre viene brutalmente deriso. Questa concessione di “libertà” avviene per merito della capacità dell’artista di sublimare la critica feroce con l’arte dell’ironia, e forse così nessuno si sente direttamente chiamato in causa.
Sánchez coinvolge gli “addetti ai lavori” in una inconsapevole performance, di cui diventa lo spettatore più divertito: a galleristi, critici, mercanti e artisti sputa in faccia una feroce verità, davanti alla quale si preferisce chiudere gli occhi e sorridere, condividendo a pieno la critica e gustandosi vino e tartine al vernissage. Potremmo dunque definire Sánchez uno stimato giullare di corte, senza peli sulla lingua e intoccabile, grazie al suo burlesco ruolo pubblicamente riconosciuto.
Nonostante l’abbondanza di citazioni, cosa aggiunge l’ispanico al panorama contemporaneo? L’artista intraprende una spietata critica con leggerezza infantile, con una pittura ricca di riferimenti storici eppure fresca e innovativa, che crea una spiazzante dissonanza, partorendo un forte e seducente lavoro satirico. Il disprezzo è diretto a un mondo con cui inevitabilmente un artista si deve confrontare, sottostando alle sue regole, per poter vivere e per potersi affermare.
Vi è un conflitto implicito che determina il fulcro della ricerca di Matías Sánchez, un rapporto di odio e amore catulliano per il sistema. Si percepisce questa contraddizione tra “il far parte e lo star fuori” da un sistema che tende a soffocare i giovani nelle sue collose trame. Una insofferenza sublimata e resa espressione potente dallo spirito beffardo dell’artista.
La prima ricerca affrontata dall’artista ripercorre i temi e la forza espressiva del Muralismo messicano (e del fumetto), da cui si è evoluto nella sintesi della produzione più recente, esposta per la prima volta in Italia, dove saltano immediatamente all’occhio i richiami al primo Espressionismo e all’istintiva Art Brut. Ci troviamo di fronte a una pittura spontanea e infantile ma ragionata, specialmente nello studiatissimo equilibrio formale e cromatico che caratterizza le grandi composizioni a olio, dense ma leggere, così vicine, nella messa in scena dei personaggi, alle pale e alle tele quattro-cinquecentesche.
Quel tratto che sembra uscito da un kindergarten, grottesco e buffo, alleggerisce i temi sarcastici e provocatori più o meno esplicitamente trattati dall’artista, che gioca una critica del mondo dell’arte contemporanea e dei personaggi che vi gravitano intorno, devoti a fama, successo e denaro. E l’artworld strizza un occhio compiaciuto a Sánchez, mentre viene brutalmente deriso. Questa concessione di “libertà” avviene per merito della capacità dell’artista di sublimare la critica feroce con l’arte dell’ironia, e forse così nessuno si sente direttamente chiamato in causa.
Sánchez coinvolge gli “addetti ai lavori” in una inconsapevole performance, di cui diventa lo spettatore più divertito: a galleristi, critici, mercanti e artisti sputa in faccia una feroce verità, davanti alla quale si preferisce chiudere gli occhi e sorridere, condividendo a pieno la critica e gustandosi vino e tartine al vernissage. Potremmo dunque definire Sánchez uno stimato giullare di corte, senza peli sulla lingua e intoccabile, grazie al suo burlesco ruolo pubblicamente riconosciuto.
Nonostante l’abbondanza di citazioni, cosa aggiunge l’ispanico al panorama contemporaneo? L’artista intraprende una spietata critica con leggerezza infantile, con una pittura ricca di riferimenti storici eppure fresca e innovativa, che crea una spiazzante dissonanza, partorendo un forte e seducente lavoro satirico. Il disprezzo è diretto a un mondo con cui inevitabilmente un artista si deve confrontare, sottostando alle sue regole, per poter vivere e per potersi affermare.
Vi è un conflitto implicito che determina il fulcro della ricerca di Matías Sánchez, un rapporto di odio e amore catulliano per il sistema. Si percepisce questa contraddizione tra “il far parte e lo star fuori” da un sistema che tende a soffocare i giovani nelle sue collose trame. Una insofferenza sublimata e resa espressione potente dallo spirito beffardo dell’artista.
nila shabnam bonetti
mostra visitata il 6 marzo 2009
dal 26 febbraio al 21 marzo 2009
Matías Sánchez – Pintando al desprecio
a cura di Omar-Pascual Castillo
Il Torchio-Costantini Arte Contemporanea
Via Crema, 8 (zona Porta Romana) – 20135 Milano
Orario: da lunedì pomeriggio a sabato ore 10-12.30 e 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0258318325; iltorchio@fastwebnet.it; www.iltorchio-costantini.com
[exibart]