13 novembre 2009

fino al 28.XI.2009 Petr Belyi Milano, Galleria Pack

 
Dalla Russia con rumore. O forse, paradossalmente, con silenzio. Petr Belyi da sociologo a poeta della babelica modernità. Fra stelle esplose e bandiere fuse, sino a una monumentale nota illeggibile...

di

La più famosa suite
musicale di John Cage ha insegnato l’impossibilità del silenzio o, per meglio dire, il suo
inalienabile rumore. Con la sua ultima esposizione, dal titolo Silence, Petr Belyi (San Pietroburgo, 1971) pare proprio
avvicinarsi a tale assunto, prendendo le distanze da riflessioni su quei particolari
aspetti culturali caratteristici della società post-sovietica che hanno
contraddistinto i suoi precedenti progetti. Citando Franco Battiato, potremmo
dire che il “silenzio del rumore” è qui l’oggetto del discorso.
Per sinestesia, la
difficoltà di concepire il silenzio si pone sin dall’entrata in galleria dove,
nel vuoto della sala, accolgono il visitatore solo grandi schegge di legno
conficcate sulle pareti. Tali tracce rappresentano gli echi formali della
costruzione che li ha generati, situata pochi metri più in là.
La struttura si
rivela, infatti, poco distante da esse, mostrandosi come una stella congelata
nell’istante della sua solitaria esplosione. La deflagrazione è avvenuta ma il corpo
conserva parzialmente le sue forme, come cristallizzato nell’istante
antecedente alla sua definitiva sparizione.
È come se Silence (2009) fosse un tentativo di
fermare il tempo. L’installazione rappresenta uno scatto d’ira sospeso prima
del suo dissolversi, che rivela la furia ma non il processo che l’ha innescato.
Petr Belyi - Silence - 2009 - legno, metallo - cm 350x350x350 - courtesy Galleria Pack, Milano
Osservando invece
l’installazione Victory (2009), quel che si nota immediatamente è la mancanza assoluta di
qualsiasi trasporto, di qualsivoglia tono di trionfo e, differentemente da Silence, di nessuna, sebbene silenziosa,
furiosa esplosione. Nessun urlo di giubilo scaturisce da quelle aste di
bandiera annerite dal fumo, stesso colore dei presunti vessilli, liquefatti e
resi anonimi. Aste che un tempo avrebbero dovuto sorreggerli, ma che adesso si
limitano ad accompagnarli al suolo, capovolgendoli grevemente.
Una sorta di cronica
difficoltà comunicativa, metafora dei tempi moderni, risulta tanto presente in
queste due opere quanto nella monumentale installazione Illegible note (2009), dove una parete scura e
impenetrabile accoglie sulla propria superficie quel che potremmo definire un
pentagramma muto o illeggibile che dir si voglia.
Petr Belyi - Illegible note - 2009 - gomma, lampade al neon, impianto elettrico - dimensioni ambientali - courtesy Galleria Pack, Milano
Non è dato sapere,
tuttavia, se l’incomunicabilità dei segni sia condizione imprescindibile della
loro creazione o si tratti di un confusionario stadio raggiunto nel corso della
ricerca d’un utopistico ordine che naufraga nel caos. Sono, infatti, proprio i
cavi elettrici che non riescono a comporsi in segni ma che, al contrario, si
torcono attorno ai neon da loro stessi alimentati. Un tentativo di chiarezza e
rigore che viene meno proprio a causa della natura artificiale della sua
costruzione.
Nel suo ultimo progetto, Belyi affronta poeticamente le
contraddizioni dell’odierna condizione umana, autistica ma fragorosa,
ipertestuale ma indecifrabile. Così esuberante nella sua prepotente impotenza.

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2009


dal 29 settembre al 28 novembre
2009
Petr Belyi – Silence
Galleria Pack
Foro Buonaparte, 60 (zona Castello) – 20121 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 13-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0286996395; fax +39 0287390433; galleriapack@libero.it;
www.galleriapack.com

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