10 aprile 2009

fino al 30.IV.2009 Janez Janša Brescia, Fabio Paris

 
Per ogni soldato tedesco al fronte, una comoda sexy doll portatile. Dall’inequivocabile, teutonica bellezza. Una mostra prova a ricostruire la presunta vicenda del Borghild Project. A cui i nazisti avrebbero dato l’abbrivio durante la guerra...

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Pochi anni fa, diversi autorevoli giornali di varie nazionalità si sono occupati di una storia presumibilmente vera e oltremodo curiosa. Intorno al 1941, i nazisti avrebbero deciso di realizzare una bambola gonfiabile da produrre in serie, per soddisfare i bisogni dei soldati al fronte. Così facendo, il regime hitleriano avrebbe escluso i temuti rischi di malattia e promiscuità di razza, conseguenti alla frequentazione dei bordelli. Dopo che i bombardamenti degli alleati distrussero il Deutches Hygiene-Museum di Dresda, dove sarebbero state conservate le testimonianze di questo piano, chiamato Borghild Project, la vicenda è caduta nell’oblio, dividendo l’opinione pubblica: verità o frottola giornalistica?
È questo il punto di partenza dell’operazione di Janez Janša (Bergamo, 1970), che anzitutto realizza con questo lavoro un’articolata e creativa ricostruzione storica. Sfila sulle pareti della galleria una documentazione accurata, con pannelli corredati da testi in lingua inglese, con note rigorose, affiancati a fotografie originali dei protagonisti del progetto. Passano in rassegna immagini di scienziati, ufficiali, personalità legate al regime. E c’è persino uno scultore, coinvolto in quanto esperto in materia estetica.
In effetti, è facile immaginare che Frau Helga (questo il nome “ufficiale” della bambola) avrebbe dovuto possedere caratteristiche di desiderabilità pari alle aspettative delle truppe. A tale scopo, oltre agli studi sulla consistenza della sua pelle sintetica o sulla sua voce, ecco gli scatti fotografici delle modelle selezionate come ideali per i calchi: forti atlete tedesche dell’epoca e fanciulle svestite dal sanissimo aspetto; persino una celebre attrice del tempo, che però avrebbe rifiutato la richiesta di prestare il suo volto alla bambola.
Janez Janša - SS-XXX. Die Frau Helga.
The Borghild Project Reconstruction - veduta dell’installazione presso la Fabio Paris Art Gallery, Brescia 2009
Un video-documentario sorprende ancor più con il suo inquietante finale. Qui la simulazione di un orgasmo femminile si stempera nel canto delle prime due strofe dell’inno nazionale tedesco, che assumono particolare significato perché, dopo la fine della guerra, il governo tedesco decise di tralasciarle a causa della loro strumentalizzazione da parte del regime nazista.
L’operazione ricostruttiva diventa così per Janša uno strumento che permette di riflettere sul difficile rapporto che la Germania odierna è costretta a intrattenere con il suo recente passato. Sistemata in una bacheca, si trova anche la dotazione originale destinata a ogni soldato tedesco. Una consistente quantità di materiale, che l’artista è riuscito ad accumulare grazie a svariate ricerche, con l’idea di attualizzare il Borghild Project.
Janez Jansa - SS-XXX. Die Frau Helga. The Borghild Project Reconstruction - veduta dell’installazione presso la Fabio Paris Art Gallery, Brescia 2009
A questi oggetti piuttosto prevedibili si affianca un ambiguo contenitore cilindrico dall’aspetto consunto: facilmente riconoscibile, la Frau Helga portatile si trova al suo interno. Comodamente a disposizione della truppa.

fabrizio montini
mostra visitata il 28 marzo 2009


dal 28 marzo al 30 aprile 2009
Janez Janša – SS-XXX. Die Frau Helga. The Borghild Project Reconstruction
Fabio Paris Art Gallery
Via Alessandro Monti, 13 – 25121 Brescia
Orario: da lunedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Catalogo FPEditions a cura di Antonio Caronia
Info: tel. +39 0303756139; fax +39 0302907539; fabio@fabioparisartgallery.com; www.fabioparisartgallery.com

[exibart]

1 commento

  1. per favore…ma è ridicola questa mostra? ma facciamo arte contemporanea o storia? certe cose lasciamole fare a chi di dovere e con competenza.
    basta con queste gallerie alla fabio paris, gallerie inutili.
    grazie se pubblicate questo mio pensiero
    cordiali saluti

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