16 marzo 2005

fino al 7.V.2005 Martin Klimas/Sirous Namazi – Gravity Milano, Galleria Suzy Shammah

 
Due giovani artisti, un unico tema. Elogio della fragilità, come condizione dell’esistenza. Raccontata da costruzioni effimere e statuine in mille pezzi. Fermate proprio nel momento in cui stanno per infrangersi…

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La giovane galleria milanese conferma, anche con questa mostra, l’interessante ricerca che porta avanti fin dalla sua nascita. Questa volta ecco due giovani artisti per la prima volta in Italia, alle prese con un tema comune: quello della forza di gravità o meglio, quello ad esso collegato della fragilità. Eppure l’attrazione fisica verso il centro della terra pare solo un pretesto per parlare d’altro. L’equilibrio effettivo diventa equilibrio emotivo, sensibile, percepito sul proprio corpo, sulla propria pelle. Mnamazia si tratta di un equilibrio precario, instabile, fallace.
Le sculture di Sirous Namazi sono totem contemporanei che inneggiano alla fragilità dell’uomo moderno. La ricerca dell’artista di origine iraniane rivolta agli oggetti di uso quotidiano, in quanto simboli di riconoscimento sociale, ritorna anche in queste sculture costruite assemblando uno sull’altro frammenti colorati, resti di quelli che una volta dovevano esser stati soprammobili in porcellana, oggetti casalinghi. L’artista ricompone ciò che ha distrutto in una realtà altra. La funzionalità degli oggetti non è negata, ma spostata, traslata. Se ogni oggetto è la sua funzione, Sirous Namazi sottolinea la fragilità di questo concetto, presentando sottili e delicate colonne che ricordano instabili costruzioni infantili. Alte strutture con un ridotto piano d’appoggio rivelano la precarietà del loro stato e nello stesso tempo incutono riverenza per la magia che sembra sorreggerle.
Nella stanza accanto, invece, il fotografo tedesco Martin Klimas rende eterno il tema della fragilità bloccando in un istante esatto e immobile piccole statuine in porcellana nel preciso momento in cui toccano terra frantumandosi. Il fotografo collega la macchina fotografica ad un microfono appoggiato al suolo, poi, quasi klimas per gioco -forse un retaggio della curiosità infantile- da un’altezza di quattro metri lascia cadere i suoi fragili oggetti. La macchina fotografica registra quello che accade. Le statuine sono immortalate nell’istante effimero prima della loro distruzione, della loro morte. Eppure nell’immagine fotografica rimangono sospese dinanzi alla loro imminente fine. Una fine nota, annunciata, eppure sospesa. La fotografia è l’ultima testimonianza di ciò che erano e nello stesso tempo testimonianza di ciò che saranno. Passato, presente, futuro nel medesimo scatto. Il tempo, il punctum di Roland Barthes.
Tutto è perfettamente a fuoco, i dettagli sono nitidi, ma il fondale bianco su cui sono immortalate le figure di porcellana e i loro delicati colori pastello svelano un’atmosfera evanescente, impalpabile. Si immagina il rumore della porcellana in frantumi, ma non si sente nulla. Tutto pare sotto vetro. E le figure di Klimas rimangono a librarsi nell’aria, eterne.

francesca mila nemni
mostra visitata l’11 marzo 2005


Martin Klimas/Sirous Namazi – Gravity
galleria Suzy Shammah, Via San Fermo (20121) +39 0289059835
info@suzyshammah.com


[exibart]

1 commento

  1. Alla fine una buona mostra. Belle -non originalissime- le sculture e le foto purtroppo sembrano la solita menata digitale da post produzione. Sapere come sono fatte gli da molti punti. Essere o apparire?

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