10 maggio 2004

Maurizio Cattelan Milano, Piazza XXIV Maggio

 
I bambini ci guardano. Non è il film di De Sica, ma è l’ultimo lavoro di Cattelan pensato per la Fondazione Trussardi. Il più famoso artista italiano ancora una volta propone una forte immagine: tre bambini impiccati sull’albero più simbolico di Milano. O meglio tre bambini “sospesi”. E con loro, il giudizio di chi li guarda…

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Come per il grande vetro di Duchamp anche l’ultimo lavoro di Cattelan ha avuto il suo vero completamento nel giovedì 6 maggio grazie all’intervento inatteso del 40enne signor “Franco” che in quella sera si è arrampicato armato di seghetto per liberare dai cappi i tre ragazzini appesi lì dall’artista. Ne ha liberati soltanto due e si è procurato un trauma cranico cascando dalla quercia.
Ci sono gli estremi per tracciare una cronologia di queste forti reazioni da parte del pubblico di Cattelan; a Cracovia alcuni deputati polacchi si impegnarono a liberare il Pontefice colpito dal meteorite. A New York ignoti sequestrarono l’homeless abbandonato per la strada. In Germania un comitato di strada protestò contro il suo tamburino troppo rumoroso durante la notte. Ed a Palermo alcuni cittadini si sentirono presi in giro dalla scritta HOLLYWOOD in scala uno a uno rispetto all’originale californiana apposta in una discarica sopra la città.Maurizio Cattelan - Senza Titolo - 2003
Viene quasi da pensare a tante messe in scena studiate ad arte della coppia Cattelan-Gioni che ormai da tempo collaborano a “performance” come novelli Andy Kaufman e Bob Zmuda.
Cattelan riesce sempre a trovare “l’idea” ed ottenere ciò vuole. Come nell’ultima Biennale, forse la più infelice e caotica tra le ultime edizioni. Ed ecco l’idea del bambino-Cattelan in sella ad un triciclo alla Shinig che con il suo sguardo beffardo gironzolava divertito tra i giardini. Restandosene così prudentemente a “distanza” da ogni progetto curatoriale.
Una grande qualità nel lavoro di Cattelan è di riuscire sempre a consegnare delle immagini “semplici”. La stessa semplicità che permette all’artista di conferire una vitalità ed una assoluta autonomia ad ogni suo progetto. Sì perché i lavori di Cattelan in un certo senso si possono “dire” e possono vivere ed essere autonomi senza la necessità di esserci, di visitarli. Possono essere raccontati o veicolati nel flusso mediatico, senza che questo rappresenti uno svilimento del lavoro vero e proprio, giocato sempre su una precisa estetica fatta di punti fissi.
Un’estetica che si fonda principalmente su due nozioni o due spazi: quella della gravità terrestre e della sospensione, del sopra e del sotto.
Maurizio Cattelan - la Nona OraBucare o sbucare fuori dal terreno. Sospendere, attaccare al muro il gallerista De Carlo, appendere il cavallo al soffitto. O in una perfetta unione di questi elementi: il meteorite che costringe al suolo con tutto il peso della gravità terrestre il Papa polacco, solitamente inteso come simbolo di elevazione spirituale.
Sono immagini che possono attrarre, respingere ma che comunque si prestano ad una lettura universale, immediata, perché non hanno bisogno né di presentazioni né di spiegazioni: animali, divise, Adolf Hitler, il Papa, e in questo caso tre bambini impiccati con gli occhi sbarrati.
Ed è proprio questo il tratto più significativo dell’ultimo lavoro di Cattelan, lo sguardo dei bambini appesi, non tanto sofferente ma intenso, giudicante, che davvero sospendono ogni nostro giudizio. Un piccolo ma rivoluzionario spostamento. Invertendo il quotidiano, i bambini ci guardano dall’alto verso il basso, dove stiamo volenti o nolenti tutti noi.
Maurizio Cattelan
L’artista italiano consegna forse l’opera d’arte contemporanea più vicina a farsi monumento e segno di un tempo dilatato non essendo vincolato da una data, da una celebrazione, ma che parla piuttosto di una condizione dell’infanzia e non.
Peraltro pochi mesi fa Giocarlo Politi firmò un appello in cui chiedeva proprio a Cattelan di pensare un monumento “contemporaneo” per la città di Milano. Ed in un certo senso il desiderio, almeno per poco, si è esaudito. E tutti, come sempre, ne hanno parlato divisi tra orrore e ammirazione.
Questa volta però si ha l’impressione che nel sofisticato meccanismo mediatico qualcosa non abbia funzionato. Nemmeno il lungimirante Maurizio poteva prevedere che contemporaneamente alla presentazione del suo lavoro, negli stessi giorni, i quotidiani e le tv di tutto il mondo mostrato il vero orrore ed “il vero errore di sistema” con le immagini della soldatessa 21enne statunitense che trascina un prigioniero iracheno come un cane al guinzaglio.
Così come per il povero “sig.Franco” la performance certamente è riuscita, ma a metà.
riccardo conti
visitata il 6 maggio 2004

[exibart]

7 Commenti

  1. Arte e non arte: Questo è il problema! Certo che Cattelan ha voluto proprio riservare al mondo contemporaneo un trattamento d’urto, provocando, disarticolando, disorientando la “normalità”, e il concetto stesso di normalità. Tutto sommato si tratta di un’operazione classica dell’agire artistico. La medesima “azione disorientante” la ritroviamo, per esempio, anche nel concetto e nella genesi delle avanguardie artistiche, storicamente intese.Quindi l’arte di Maurizio non è poi così catastrofica e innovativa, anzi, non vi è alcuna innovazione: l’artista ha solo voluto giocare con un modo di concepire la realtà, quella che oggi viviamo attraverso le immagini ben crude di quanto accade in Iraq.Tra la sospensione dei bambini dell’artista italiano e la sospensione della realtà stessa vi è un feeling, un nesso imprescindibile che certamente coinvolge la nostra coscienza e il nostro concetto di civiltà e che ci fa inorridire rispetto agli orrori che il mondo giorno per giorno ci riserva. Il sottile gioco di finzione e realtà finisce, così, per spezzarsi inequivocabilmente e irrevocabilmente poiché diventano sempre più labili i confini del senso e del non senso e non siamo in grado di capire più il mondo in quale direzione vada. Rimane così in sospeso lo stesso giudizio critico sulla produzione scultorea di Cattelan: è arte, o non è arte, ma che cos’è l’arte? Mi piacerebbe approfondire personalmente con Cattelan questo dilemma. Gerardo Pecci, Storico e critico d’arte.

  2. Salve, vi racconto una mia esperienza , molto simile a quella di Cattelan,
    anche in questo caso la mia provocazione artistica, ha suscitato nella gente una sorta di violenza sulla mia archi/scultura fino a ridurla a pezzi. Due anni fà ho realizzato in una piazza di Marianopoli (caltanissetta), un opera dedica ai bambini vittime del terremoto avvenuto a San Giuliano di Puglia. Ho approfittato delle festività natalizie per costruire un “presepe” particolare, dalle notevoli dimensioni. Quando si parla di presepe si pensa alla grotta dove nasce Gesù Bambino, io invece ho creato due volumi giganti posti in maniera particolare http://www.comunemarianopoli.it/presepe.htm . Ebbene si, la gente non si è rispecchiata minimamente in quell’opera d’arte contemporanea, perchè voleva il presepe tradizionale come si era fatto precedentemente. Appunto per questo l’ha distrutta alla fine delle festività in maniera barbara, precisamente con una motoserra. Vi assicuro che e tremendo vedere distruggere la propia opera, con l’accanimento di persone che non accettano una provocazione artistica, che dovrebbe far scaturire un dibbattito e soprattutto far riflettere, a questo punto mi chiedo perchè la gente non è pronta a ricevere le nostre installazioni all’aperto?

  3. La gente non è disposta ad accogliere alcune opere d’arte nei luoghi pubblici perché le vive come una violenza imposta e non scelta. Alla televisione c’è il bollino rosso che segnala i programmi con un contenuto non adatto ad alcune categorie di persone. Leggendo la recensione su una rivista posso scegliere se andare oppure no ad una mostra. Posso vedere al cinema un film vietato ai minori di diciotto anni se ho l’età e se voglio visionarlo. Tre bambini impiccati ad un albero sono inevitabilmente costretto a vederli anche se ho solo cinque anni o se sono anziano e magari mi viene un infarto o se mio figlio si è impiccato l’anno scorso e io non ho ancora capito il perché. Cattelan mi piace, ma questa volta no: ha negato la libertà di scelta e, soprattutto, ha violentato chi non ha strumenti emotivi per difendersi.

  4. complimenti psycho, hai colto perfettamente nel segno, credo che non ci sia altro da aggiungere se non tutta l’ammirazione per un ragionamento che non fa una grinza. Ancora complimenti, ciao.

  5. quello che non fa una grinza è l’immagine qui sopra. Perfetta riproduzione dei tempi odierni dove si riesce anche ad accettare che sia possibile che un infante sia immesso in asilo nido a tempo pieno su decisione unilaterale di un genitore o che venga affidato esclusivamente ad uno solo dei suoi due genitori. Per il resto taluni commenti qui sotto prevedibilmente esprimono solo conformismo, aridità ed ipocrisia.

  6. Sai cosa ti dico? Dopo aver letto le tue parole ho visto la luce! Sono pentito di cio’ che ho scritto, hai ragione! Quanta freschezza nelle tue parole! Che ragionamento ricco di pathos!…
    Pero’ mi sorge un dubbio…non e’ che tutta questa presunta apertura mentale, questa ipotetica ampiezza di vedute nell’apprezzare l'”opera” di cattelan nasconda invece un’ipocrisia ancor più deteriore di quella dei detrattori? un moralismo da filmetto tv all’americana?
    Tanto Cattelan i suoi sostenitori li ha e potenti! Tipo quel furbone di Politi con la sua ridicola e nauseabonda “tardiva newsletter” sul caso, pubblicata anche sul sito della sua rivista. ciao
    nameless

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