06 novembre 2021

Valentino Re-Signify: sperimentazione e risignificazione

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Si chiude in questi giorni Valentino RE-SIGNIFY pt. II, un'esposizione voluta da Pierpaolo Piccioli che si pone in maniera incredibilmente innovativa nell'interpretazione contemporanea del brand

Le due opere in mostra a Pechino del duo AMKK formato dalla flower artist Azuma Makoto e dal fotografo botanico Shunsuke Shiinoki. Courtesy degli artisti e Valentino.

Si chiude in questi giorni Valentino RE-SIGNIFY, la brand experience pensata da Pierpaolo Piccioli per gli spazi del T-10 DI SKP South di Pechino.
In questo secondo capitolo Valentino ha portato al centro della conversazione alcuni dei segni distintivi del brand: la Couture, l’Atelier, sulla famosa Stud e il la VLogo Signature. Non solo, è entrata in gioco anche l’interpretazione contemporanea e inclusiva di Valentino Beauty.

AAAJIAO, all’anagrafe Xu Wenkai, è un’artista digitale che lavora con un approccio vicino al video game. Courtesy dell’artista e Valentino

Valentino RE-SIGNIFY pt. II: sperimentazione e risignificazione

La mostra, curata da Mariuccia Casadio e Jacopo Bedussi, diventa un’esperienza multimediale in grado di celebrare il mito di Valentino. Gli abiti in mostra, affiancati da opere di visual artist quali Cao Fei, Xu Zhen, Gioele Amaro, Robert Muller, Liu Shiyuan, Cheng Ran, Shen Xin, Xu Wenkai, AMKK, Jonas Mekas, Yeesookyung, Nick Knight, Jacopo Benassi, Pajama, Robert Del Nasa, Wu Rui e Alessandro Teoldi.

Le due opere di Gioele Amaro, #arancio e #rosso in mostra a Pechino per RE-SIGNIFY. Courtesy Valentino

La novità di questo approccio, iniziato con il primo capitolo della campagna di risignificazione a Shanghai, mette in luce il collegamento fra tutti gli elementi in mostra – non univoco o analitico ma percettibile e leggibile.
Gli abiti in mostra – arrivati dagli archivi della Maison – si mettono quindi in discussione in questa struttura espositiva sperimentale e innovativa.
Fotografia, cinema e arte si uniscono ai pezzi d’archivio di Piccioli portando allo spettatore un’esperienza diversa, coinvolgente tanto quanto all’avanguardia.

Abbiamo quindi chiesto a uno dei curatori, Jacopo Bedussi, come ha deciso di approcciare la curatela di questo evento.

Come hai lavorato al progetto di Valentino RE-SIGNIFY?

«Partiamo sempre da Valentino. Scegliamo degli elementi fondamentali nel lavoro e nella storia di Pierpaolo come direttore creativo, elementi che a volte nelle sue mani sono già stati risignificati (penso al V Logo ad esempio, nato negli anni ’70 come segno grafico e poi nel tempo trasformatosi in elemento tridimensionale) e li facciamo a pezzi. Per questo secondo capitolo abbiamo lavorato sul V Logo, sulla Stud, sulle collezioni Atelier e sulla personale idea di Couture che ha Piccioli. Dopodichè ogni elemento viene fatto a pezzi e smontato nelle sue caratteristiche minime: una borchia è una piramide, un’architettura basilare, è una superficie dorata e riflettente, è geometrica etc. etc. Raccolti questi segni minimi iniziamo la ricerca nel mondo dell’arte cercando artisti e opere che lavorano o insistono su quei segni, producendo output ovviamente personali e diversissimi rispetto agli elementi di Valentino da cui siamo partiti. Ma è proprio nelle relazioni tra queste ricerche ed esplorazioni diverse che moda e arte possono amplificarsi a vicenda e in un certo senso far emergere percorsi e connessioni che non vengono spiegati al visitatore, perché non sono consequenziali e narrativi ma puramente evocativi, ed è proprio il visitatore che grazie alla propria sensibilità e al proprio background può mettere insieme i pezzi, produrre una propria lettura. Noi in un certo senso offriamo solo delle possibilità, delle ipotesi».

Courtesy Valentino.

Valentino RE-SIGNIFY affianca arte e moda in un contesto nuovo che pone delle domande importanti sul futuro di collaborazioni così innovative.
Al tema dell’intersezionalità fra opere e abiti si aggiunge anche quello della città. La città tiene insieme ordine e caos e nutre la comunità portandola verso un futuro di decostruzione e riassemblamento dell’esistente.
Oltre lo SKP South è possibile vedere Pechino, una città complessa e vastissima, che si interseca in questa commistione di mondi partecipando attivamente alla rivoluzione.

Il mondo della moda e quello dell’arte tagliano un traguardo importante con Valentino RE-SIGNIFY Part II, cosa vedi per il futuro di questo tipo di collaborazioni?

«Il rapporto tra moda e arte è antico. Quello che cambia è il modo in cui questi due sistemi possono comunicare e collaborare. Il presupposto condiviso che sta alla base del progetto RE-SIGNIFY, che Pierpaolo Piccioli cita spesso anche in altre occasioni come lo show HC Valentino Des Ateliers, e in cui io e Mariuccia Casadio crediamo fermamente, è la ferma convinzione che l’arte e la moda siano due cose diverse e non sovrapponibili. Sono entrambe espressioni autoriali che però vivono in sistemi di riferimento differenti. Questo naturalmente non significa che non possano dialogare, e anche alimentarsi a vicenda nella proposta di approcci e visioni possibili su temi che invece possono essere comuni, ma indagati sempre all’interno dei limiti dell’uno o dell’altro sistema. È forse vero che per molto tempo la moda ha avuto una sorta di complesso di inferiorità nei confronti dell’arte, e questo è da evitare. Ma se, come nel nostro caso, la moda ha consapevolezza della propria dignità autoriale e della propria forza creativa, allora si può confrontare liberamente con l’arte, producendo uno scambio virtuoso. Mi auguro che nel futuro le collaborazioni si basino sempre di più su questo tipo di approccio».

Una delle immagini di Robert Muller – originariamente scattate con una Polaroid – insieme a uno dei vestiti dell’archivio di Valentino. Courtesy dell’artista e Valentino.

La riflessione di Bedussi sul futuro di queste collaborazione fa ben sperare su questo tipo di eventi che riusciranno a moltiplicare le possibilità non solo di innovare ma anche di conoscere e approfondire il legame fin troppo importante fra il mondo dell’arte e quello della moda.

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