03 aprile 2023

L’arte del secolo lungo, vista da Bologna: il nuovo Museo Ottocento apre le porte

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Una collezione di 85 opere di maestri bolognesi, per illustrare le principali correnti e tendenze espressive del secolo lungo, e un programma di attività e mostre: ecco il nuovo Museo Ottocento Bologna

Fabio Fabbi, Pescatrici sull’Arno alla Casaccia di Bellariva, 1887 (giugno), olio su tela, 43x32 cm (rit.)

Dipinti a olio, acquerelli, disegni e bozzetti, il nuovo Museo Ottocento Bologna avrà sede in piazza San Michele 4/C, davanti a Corte Isolani, su Strada Maggiore, e verrà ufficialmente inaugurato giovedì, 20 aprile, alle 18. Patrocinato dal Comune di Bologna, il Museo va ad arricchire il percorso espositivo cittadino dedicato al XIX e al XX secolo, inserendosi in un progetto di respiro nazionale con l’obiettivo di dialogare con le principali istituzioni italiane già attive nel peculiare periodo storico come, tra le altre, il Museo dell’Ottocento di Ferrara, il Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno e la GAM – Galleria d’Arte Moderna di Milano. Disponendosi lungo l’asse che collegherà il Museo internazionale e biblioteca della Musica, il Museo Davia Bargellini, Casa Morandi e il Museo Civico del Risorgimento, il Museo Ottocento Bologna andrà ad arricchire ulteriormente l’offerta culturale dedicata alla pittura dell’Ottocento e Novecento, ripercorrendo le correnti stilistiche del “secolo lungo”, viste dagli artisti dell’area bolognese.

L’istituzione perseguirà gli obiettivi di tutela, valorizzazione e promozione dei fondi artistici, librari, archivistici e qualsiasi altra testimonianza sull’attività degli artisti felsinei, attivando, inoltre, borse di studio per i ricercatori e tirocini formativi con l’accademia di Bologna. Grazie all’acquisizione degli archivi Fabio Fabbi ed Emilio Oliviero Contini, inoltre, il Museo Ottocento Bologna si prefigura non solo come centro espositivo ma anche come polo culturale e di ricerca.

Alfredo Savini, La raccolta delle albicocche, s.d., olio su tela, 49×65 cm

Museo Ottocento Bologna: temi e opere del percorso espositivo

Il percorso espositivo, articolato in 12 sezioni con una collezione permanente di 85 opere divisa per nuclei tematici, scandaglia gli sviluppi artistici del territorio attraverso opere di autori bolognesi.

La pittura di storia e di impostazione accademica, incipit cronologico dei nuclei tematici, è ben rappresentata dal dipinto di Andrea Besteghi (1817-1869), Cimabue e Giotto, che illustra il famoso incontro tra i due grandi artisti. La “Pittura pompeiana”, diffusa al tempo, trova il suo mirabile interprete in Luigi Bazzani di cui è possibile osservare Il foro a Pompei, scena romantica con una coppia a passeggio con il Vesuvio fumante sullo sfondo e Figura pompeiana, caratterizzata da un malizioso sensualismo.

Andrea Besteghi, Cimabue e Giotto, 1860, olio su tela, 185×135 cm
Luigi Bazzani, Il Foro a Pompei, s.d., olio su tela, 51×76 cm

Anche l’interesse per le scene ispirate al Settecento, diffuse dal mercante francese Adolphe Goupil, diventa una tendenza riassunta dall’opera di due artisti come Alfonso Savini (1836- 1908) e Giovanni Paolo Bedini (1844-1924), i quali, spesso, hanno ritratto personaggi “in costume” come Bevitore, oppure, La serenata di Savini.

I due capolavori inediti di Luigi Busi, Il Paggio e la Duchessa e l’acquerello de Le gioie materne, dipinto che fece conoscere Busi fuori dai confini regionali, insieme alle opere di Raffaele Faccioli (1845-1916) e Luigi Serra (1846-1888), sono solo alcuni esempi, presenti nel museo, della pittura dal vero di cui i bolognesi furono protagonisti.

Luigi Busi, Il paggio e la duchessa, 1862, olio su tela, 99×73 cm

Al pari dei toscani Macchiaioli, il naturalismo bolognese si afferma attraverso Alessandro Scorzoni (1858-1933), Luigi Bertelli (1833-1916), di cui è esposta la tela Alba in pineta, e Coriolano Vighi (1845-1905), che non lavorò mai en plein air ma la cui natura, prettamente immaginata e pensata nell’interno dello studio, lo rese celebre anche all’estero, realizzando opere perfino per gli Zar di Russia.

Avvicinandosi cronologicamente ed espositivamente al Fin de Siècle, emergono artisti come Fabio Fabbi (1861-1945), Augusto Majani (1867-1959), Alfredo Savini (1868-1924) e altri, che ben illustrano la maturazione dei nuovi gusti e rappresentano l’agio, le possibilità e la spensieratezza di un’epoca.

Coriolano Vighi, Paesaggio, 1899, pastello su carta, 40×52 cm
Marcello Dudovich, Autoritratto con Elisa Bucchi in Piazza San Domenico, 1899-1901

Gli echi dell’orientalismo, di opere a sfondo religioso e di ritrattistica, trovano posto nel percorso di mostra, che culmina con la sezione dedicata al Simbolismo, che comprende opere fondamentali per lo sviluppo della corrente a livello nazionale, tra cui L’alunna, di Mario De Maria e Augusto Sezanne (1856-1935), che ideò, nel 1888, l’effige dell’Università in occasione dell’VIII Centenario dell’Alma Mater, e di cui sono esposti tre capolavori: Calle veneziana, Faro della Laguna e La settimana della passione.

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