10 dicembre 2023

M9 – Museo del ‘900 di Mestre: il futuro del museo raccontato attraverso i suoi primi cinque anni di storia

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Il Direttore Scientifico di M9, Luca Molinari, in occasione del quinto anniversario di M9 ci racconta il percorso di crescita di un museo in continua evoluzione

Luca Molinari, direttore scientifico M9 di Mestre

Il Museo del ‘900 – M9 a Venezia Mestre è sicuramente un unicum nel panorama museale italiano e non solo. Ecco che i festeggiamenti del quinto anniversario dalla sua inaugurazione sono l’occasione perfetta per presentare al pubblico le novità, frutto di una visione museale in continua trasformazione, che fonde tradizione e innovazione. A cinque anni dalla fondazione arriva il momento anche per M9 di guardarsi indietro e di ripercorrere gli step più importanti di questo percorso che ha portato alla creazione dell’identità di un museo così particolare.

Abbiamo chiesto al Direttore Scientifico di M9, Luca Molinari, di guidarci attraverso le tappe fondamentali di questa grande sfida museale, raccontandoci i cambiamenti, gli obiettivi e le strategie adottate per consolidare M9 come un polo culturale dinamico e interattivo, durante i suoi 3 anni di direzione scientifica. Svelandoci il dietro le quinte di un museo che, ancorato alla storia del ‘900, si proietta verso il futuro, dialogando attivamente con il presente e con le generazioni emergenti.

“Infoxication” (Credits: Domestic Data Streamers, 2023)

M9 – Museo del ’900 continua a rinnovarsi per seguire l’evolvere del tempo e della società. Quale cambio di progettualità c’è stato nella visione museale e nella strategia culturale negli ultimi 5 anni di un luogo così particolare?

«M9 nasce come museo unico e anomalo nello scenario italiano ed europeo. L’unico museo dedicato alla storia materiale e politica degli italiani nel 900′, il più grande museo multimediale d’Italia, oltre a essere fisicamente il risultato di una importante rigenerazione urbana nel cuore di Mestre luogo sintomatico del secolo passato e, oggi, area metropolitana in cerca di nuova identità, una committenza privata come la Fondazione di Venezia con un forte mandato pubblico. Il museo incarna tutte le ambizioni e speranze di un territorio che si sta ricostruendo, simbolicamente e socialmente, oltre a essere una sfida museale eccezionale, appartenendo a quella generazione di spazi culturali senza collezione permanente fisica che hanno elaborato forme di narrazione alternative ai musei tradizionali in un’ottica dinamica, fortemente comunitaria e soggetti a una continua metamorfosi di senso, contenuti e relazioni. La dimensione liquida di M9 è un carattere con cui bisogna imparare a convivere e che è necessario nutrire in maniera aperta, critica e problematica. »

“Infoxication” (Credits: Domestic Data Streamers, 2023)

Perché il traguardo dei primi 5 anni è così importante?

«Questo museo è un vero organismo che cresce nella relazione con il suo pubblico e comunità instabili e che chiede una cura molto particolare. Per questo il traguardo dei primi cinque anni, di cui tre sotto la mia direzione scientifica, è particolarmente importante, perchè da un lato registra la crescita e l’evoluzione di un organismo così unico e dall’altra indica i cambiamenti e le strategie che abbiamo messo in essere per evitare che M9 si fermasse a essere cartolina di sé stesso. In mezzo abbiamo anche la più grande pandemia degli ultimi cento anni, una crisi economica e sociale di sistema che attraversa i territori, una profonda crisi ambientale e il rumore di conflitti che sembravano essere scomparsi. Il museo in questo deve registrare il cambiamento, introiettarlo criticamente e trasformarlo in esperienze che aiutino il pubblico a costruire strumenti critici autonomi e necessari.»

Presentazione del nuovo spazio espositivo “M9 Orizzonti”, con l’esperienza immersiva “Infoxication” e la mostra “La Frontiera Adriatica”

Come si costruisce oggi l’identità di un museo? Cosa si è fatto per costruire l’identità nello specifico di M9?

«Quando sono stato chiamato a M9 ho avuto subito chiaro quale fossero le richieste che giungevano dal Consiglio Generale della Fondazione di Venezia e dal suo presidente Michele Bugliesi: lavorare per costruire un autorevolezza dell’istituzione a livello regionale e nazionale, radicare il museo nel territorio e con le sue comunità, costruire un programma culturale che legasse lo straordinario lavoro del comitato scientifico diretto da Cesare De Michelis per la costruzione della mostra permanente dedicata alla storia materiale, sociale e politica del Paese nel 900′ a un presente complesso e a un futuro molto incerto. Da subito ho lanciato l’immagine che M9 non era solo un museo, ma era soprattutto una casa aperta alle comunità e insieme un laboratorio evoluto della contemporaneità per le sue comunità economiche, culturali ed educative.

In questi tre anni ho lavorato con tutto il team di M9 con questi obiettivi, consapevoli delle difficoltà ambientali e del fatto che un museo costruisce il suo pubblico in non meno di 15 anni! Ci ha molto colpito che la nuova definizione dell’ICOM di museo contemporaneo si sovrappone perfettamente alla nostra azione e strategie, ci ha fatto sentire di essere sulla giusta strada. »

M9 – Museo del ‘900, Venezia Mestre_ph Alessandra Chemollo

Cos’è un museo oggi?

«Un museo oggi è organismo e non un luogo dove semplicemente andare. Chiede partecipazione attiva, collaborazione e insieme offre occasioni di dialogo oltre che ascolto per le tante comunità di un territorio così ricco e complesso. Un’istituzione oggi deve spiazzare, essere pop e scientifica, aprire i suoi spazi a esperienze diverse che facciamo maturare un contesto sociale diventando centro aperto e uno dei luoghi, fisici e simbolici, di una necessaria rigenerazione. Abbiamo così rafforzato l’offerta didattica per le scuole, creato un’offerta specifica per bambini dai 4 ai 10 anni all’interno della mostra permanente, costruito bandi per le associazioni di territorio, moltiplicato le partnership con gli ordini professionali, le università, l’accademia e il conservatorio di Venezia i cui allievi hanno invaso i nostri spazi, anche più informali, con piccoli concerti durante il nostro recente compleanno. »

Rivoluzione Vedova M9, allestimento, foto Vittorio Pavan

In occasione dei cinque anni dalla sua inaugurazione il museo presenta nuovi progetti sia nell’offerta museale che nell’area didattica. Da quale necessità nascono i nuovi progetti?

«Pochi giorni fa, a compimento dei primi cinque anni, abbiamo presentato due novità molto importanti e organiche al processo avviato in questi ultimi anni: la nuova area M9EDU e la sala M9 Orizzonti. La prima è la naturale evoluzione di M9Children, uno spazio autonomo dedicato ai bambini e alle scuole che in questi anni ha avuto un ruolo molto importante con l’attività ordinaria con gli istituti della regione, ma anche per le prime sperimentazioni di robotica, le Summer e Winter School. Abbiamo capito che serviva uno spazio nuovo e da rinnovare, capace di rafforzare l’offerta STEAM in cui siamo una vera eccellenza regionale da affiancare a spazi di laboratorio più tradizionali e uno spazio espositivo specifico per i ragazzi che abbiamo appena aperto con una mostra originale e coraggiosa dedicata al Fronte Orientale, i rifugiati e le foibe.

M9 Orizzonti, invece, è il primo passo di una lenta ma necessaria metamorfosi della Mostra Permanente con un nuovo spazio immersivo di 300 metri quadri ricavato nel primo piano del museo grazie alla decisione di comprimere e rivedere alcune sezioni tematiche presenti a distanza di oltre cinque anni dall’inaugurazione e da un periodo più lungo di concezione ed elaborazione. In questo spazio, che presenta dei caratteri d’innovazione tecnologica coerenti con la storia di M9, abbiamo lanciato i primi due video che si alternano tra di loro dedicati a Infoxication, ovvero l’intossicazione da informazioni, e un video introduttivo al 900′ come premessa utile alla comprensione del secolo appena passato e alla visita del museo stesso.»

“Infoxication” (Credits: Domestic Data Streamers, 2023)

Che relazione c’è tra le mostre temporanee e la mission del museo?

«Il sistema delle mostre contemporanee è stato pensato per radicare M9 nel presente-futuro appoggiandosi alle spalle del secolo appena passato. Oltre a questo, le mostre temporanee presentano una condizione di materialità che integra la dimensione fortemente immateriale e immersiva della mostra permanente. Questi sono i due caratteri fondamentali, oltre al fatto che, con la mia direzione, abbiamo deciso di produrre internamente le mostre grazie alla collaborazione attiva tra il nostro team interno degli storici e i curatori invitati in maniera specifica per la mostra. Questo elemento ha fatto crescere enormemente la consapevolezza di M9 di essere una istituzione che produce attivamente cultura ed eventi, rafforzando la sua autorevolezza pubblica e consentendo al museo di produrre ed esportare i contenuti ad altre istituzioni.»

M9 – Museo del ‘900, Venezia Mestre_ph Alessandra Chemollo

Quali sono state le mostre più importanti?

«Il primo vero test è stato la mostra Gusto. Gli italiani a tavola 1960-2050, una mostra ambiziosa e difficile che si è appoggiata alla competenza di massimo Montanari e Laura Lazzaroni, oltre che a un importante comitato scientifico, che, dopo la sua chiusura, ha viaggiato a Parma e Imola, oltre a essere stata recentemente acquisita dal Ministero degli Esteri perchè possa viaggiare negli Istituti Italiani di Cultura nel mondo. Poi è seguita Alberi. 30 frammenti di Storia d’Italia la prima mostra di piccolo formato ospitata nella manica lunga del secondo piano del museo che abbiamo recuperato a spazio espositivo, curata da Annalisa Metta, Giovanni Morelli e Daniele Zovi con trenta, bellissime, tavole originali di Guido Scarabottolo che ha passato un lungo periodo presso l’Orto Botanico di Padova. Mentre Rivoluzione Vedova, mostra curata da Gabriella Belli, è stata interamente co-prodotta insieme alla Fondazione Vedova, a conferma dell’interesse per il nostro museo da parte d’importanti istituzioni nazionali e della possibilità di produrre mostre d’arte contemporanea che abbiano un forte legame con la storia d’Italia del 900′. Anche in questo M9 si è dimostrato un laboratorio di ricerca e innovazione unico nel panorama nazionale, producendo le sue mostre, coinvolgendo curatori specifici e riconosciuti, e allestendo le mostre con progettisti e grafici di livello nazionale come è stato per Gusto con Gambardella Architetti e Camuffolab e per Rivoluzione Vedova con Alvisi-Kirimoto e TwinStudio. Le mostre sono sempre state pensate come approfondimento di temi specifici che avessero un forte legame con il secolo passato e, insieme, fossero una domanda aperta sul nostro presente e futuro, così da offrire al pubblico sguardi inediti e strumenti critici innovativi e necessari per il tempo che viviamo. »

M9 – Museo del ‘900, Venezia Mestre_ph Alessandra Chemollo

In che modo il museo costruisce un rapporto con le comunità, quali strategie mette in campo?

«Voglio usare due esempi specifici per dare l’idea del radicamento di M9 nel suo territorio e comunità. Durante la pandemia, a pochi mesi dal mio insediamento, abbiamo installato una mostra molto particolare nel terzo piano del museo. Foresta M9. Paesaggio di idee, comunità futuro, che ho curato insieme a Claudio Bertorelli, portò 650 alberi autoctoni per circa tre mesi per raccontare al nostro pubblico chiuso nelle sue case per il lock-down, che il museo era organismo vivo e respirava con tutti noi in attesa della primavera e della riapertura. La mostra regalava un’oasi nel luogo più improbabile e insieme spiegava che il Veneto aveva sempre avuto grandi foreste di pianura legate alle singole comunità locali, poi distrutte dalla modernizzazione nel 900′.  Oggi quegli alberi sono stati regalati e piantati in 9 foreste di pianura di altrettanti comuni del territorio, Mestre compresa. Pochi mesi fa abbiamo reso pubblico un piccolo gesto dal grande valore simbolico, ovvero la messa a dimora di un Ginko Biloba regalato a M9 da un’associazione per la pace e piantato nel giardino dell’Isola di San Giorgio e della Fondazione Cini, proprio all’ingresso delle Cappelle Vaticane. Sono fermamente convinto che oggi fare cultura voglia dire piantare alberi, gettare semi per il futuro, sapendo con certezza che ci vorrà tempo, pazienza e cura. Solo in questo modo un giovane museo potrà crescere e offrire ombra e riparo a chi, nel futuro, si fermerà e lo abiterà. L’albero allora sarà forte, avrà la sua personalità riconoscibile, sarà abitato da viventi di natura e specie e farà veramente la differenza nel luogo in cui è stato seminato. »

“Infoxication” (Credits: Domestic Data Streamers, 2023)
Rivoluzione Vedova M9, allestimento, foto Vittorio Pavan

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