12 febbraio 2020

Zhanna Kadyrova e la storia di Villa Pacchiani

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La direttrice di Villa Pacchiani, Ilaria Mariotti, ci ha raccontato questo centro di produzione culturale in provincia di Pisa, da Arte-Impresa-Terriorio ai premi dedicati alla grafica

Zhanna Kadyrova
“Animalier”, 
Veduta della mostra "Zhanna Kadyrova Animalier per Arte - impresa – territorio", Villa Pacchiani Centro Espositivo, Santa Croce sull’Arno, 2019, Ph. Ela Bialkowska OKNO STUDIO, courtesy l'artista, Villa Pacchiani e Galleria Continua

Situata a Santa Croce sull’Arno, cittadina di poco meno di 15mila abitanti e quasi equidistante da Firenze e Pisa, Villa Pacchiani è nota soprattutto come un luogo di produzione artistica grazie al progetto Arte – Impresa – Territorio, a cui hanno partecipato importanti artisti internazionali.

L’artista invitata quest’anno è Zhanna Kadyrova, artista ucraina nata nel 1981, che ricorderete dalla scorsa Biennale di Venezia, dove ha esposto le opere Market all’Arsenale e Second hand ai Giardini, nel Padiglione Centrale, nelle mostre curate da Ralph Rugoff.
A Villa Pacchiani Zhanna Kadyrova ha realizzato la mostra Animalier (fino al 16 febbraio), frutto di un progetto che parte dall’industria del pellame che caratterizza il territorio, per avviare una riflessione sul rapporto tra risorse, natura e illusorietà.

Abbiamo incontrato Ilaria Mariotti, direttrice del Centro Attività Espressive Villa Pacchiani, che ci ha raccontato questo vivace centro di produzione culturale.

Che tipo di realtà è Villa Pacchiani? Che rapporto ha con il territorio?

«Villa Pacchiani è un luogo che il Comune di Santa Croce sull’Arno ha dedicato all’arte contemporanea fin dagli inizi degli anni Novanta. La sua storia è piuttosto lunga, ormai, e complessa, diversificata negli interventi anche in relazione alle direzioni che ha avuto. Il territorio si contraddistingue per la sua identità industriale (tutta la filiera produttiva legata alla lavorazione della pelle) e per la sua operosità.

Villa Pacchiani è nata sulla spinta di un gruppo di artisti che vivevano sul territorio e che erano osservatori attenti delle dinamiche in atto in Italia e che negli anni Ottanta ne fecero la sede di iniziative che registravano una serie di relazioni tra associazioni, attività, luoghi e persone.

Come si inserisce nella sua programmazione il progetto Arte-Impresa-Territorio di cui fa parte Animalier?

«Arte – Impresa – Territorio ha luogo una volta all’anno e gode del finanziamento della Regione Toscana su bando Toscanaincontemporanea: siamo arrivati alla sesta edizione e gli artisti che vi hanno finora partecipato sono: Moataz Nasr (2012-2013), Loris Cecchini e Giovanni Ozzola (quest’ultimo su Pisa) (2015 – 2016), José Yaque (2016- 2017), Ornaghi & Prestinari (2017), Nari Ward (2018), Zhanna Kadyrova (2019)».

Quali sono gli obiettivi del progetto?

«Lo scopo è quello di partire dall’identità industriale del territorio e dall’invito fatto ad artisti internazionali di sviluppare un progetto che, partendo dalla relazione con un’azienda, sia un modo per rendere visivo un processo complesso che ha a che fare con l’artigianato (e con l’arte), con la tecnologia e il know-how legati alla produzione sia dell’artista che dell’azienda, con dinamiche territoriali che riguardano la storia, la politica, il sociale, l’ambiente. La relazione con l’azienda rende possibili scambi di saperi, tecniche e materiali. Ma l’azienda è sempre un punto di partenza e quello che speriamo sempre è che ciò che nasce non sia didascalico ma visionario partendo da esperienze estremamente concrete.

Fin dall’inizio condividiamo gli obiettivi del progetto con Galleria Continua e Associazione Arte Continua che hanno sempre avuto attenzione per il territorio, per i distretti artigianali e produttivi sviluppato attraverso Arte all’arte innanzi tutto e poi con azioni diverse nel corso degli anni.

Come scegliete gli artisti invitati?

Gli artisti sono scelti in relazione a quelle che sono le caratteristiche delle aziende partner: prima di tutto visione, poi missione, tecnologie, materiali. Cercando di capire quali possono essere le affinità tra artisti e aziende.

Il progetto prevede, tra le altre cose, workshop con i giovani in formazione presso l’Accademia di belle Arti di Firenze, visite didattiche e laboratori, realizzati in collaborazione con il Centro Pecci di Prato, dedicati ai bambini e ragazzi delle scuole, dall’infanzia alla primaria».

Oltre al progetto Arte – Impresa – Territorio, come si articola la programmazione di Villa Pacchiani? Quali altri progetti costituiscono l’identità di Villa Pacchiani?

«Oggi Villa Pacchiani è un centro di esposizione ma prima ancora di produzione: le mostre che vi si realizzano sono pensate per gli spazi e per l’occasione. Esse intendono sostenere il lavoro degli artisti producendo lavori e costruendo un percorso di mostra inedito e specifico.

In genere realizziamo tre/quattro mostre all’anno, tutte con una pubblicazione che le documenta, e un ciclo estivo di appuntamenti musicali pensati per piccole formazioni invitate a suonare sotto agli alberi del giardino che circonda la Villa».

Tra le linee guida per le mostre vi è quella di invitare artisti del territorio (in senso ampio) di indiscusso valore e continuità di ricerca che spesso è più nota altrove. Tra quelle degli ultimi anni cito L’attenzione è tessuto novissimo Elena Carozzi, Beatrice Meoni, Phillippa Peckham Maja Thommen, Silvia Vendramel (2016), Elena El Asmar e Concetta Modica Segni per far fiorire vasi (2017), Eugenia Vanni La pittura intorno. Tela su stoffa (2019).
Nel 2018 una mostra dedicata al Circolo del Pestival ha inteso rivisitare la storia del luogo attraverso l’importante esperienza artistica lunga oltre trent’anni.
Incontri con gli artisti, workshop, laboratori per le scuole, visite didattiche sono organizzate in relazione alle iniziative in corso».

Villa Pacchiani ha istituito anche due premi legati alla grafica…

«L’attenzione dell’Amministrazione si è progressivamente focalizzata sulla grafica e sul disegno anche per via delle numerose donazioni che si sono susseguite fin dai primi anni Novanta fino a costituire un’importante raccolta di disegni e stampe. Tale vocazione si è consolidata a partire dai primi anni del Duemila con l’istituzione di un Premio biennale per la grafica d’arte e di un secondo Premio, anch’esso biennale, dedicato all’ex libris e alla piccola grafica.

Un altro filone di interesse è nell’invito fatto ad artisti a confrontarsi con la collezione di grafica. Da questo sono nate mostre come Vittorio Cavallini, Io penso, io sono, (2015), Chiara Camoni, La Ninessa e altre creature (2015), Sergio Breviario, Fotoromanzo (2016), la mostra sulla donazione delle opere di Gustavo Giulietti (2018)».

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