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Tutto su SUPERFLAT, il festival che raccoglie il meglio della scena musicale indipendente di Parma
Musica
Parlare ancora di festival musicali, sì. Ora più che mai. Non per rincorrere una moda o indulgere nel romanticismo effimero delle estati scandite da line-up, ma perché – in un presente diffidente verso il raduno non addomesticato – questi festival diventano spazi di senso, di resistenza e di possibilità. Nonostante il racconto dominante li releghi a fenomeni di costume, tra svago e folklore, i festival dal beat indipendente sono luoghi dove si rinegozia l’idea di comunità, di arte e di socialità. L’antropologo Marc Augé ci ha insegnato che non abbiamo smesso di aver bisogno di rituali: li abbiamo solo dislocati. Dove un tempo c’erano piazze e templi, oggi ci sono cave, poderi, hangar, radure: rifugi laici del nostro tempo, in cui suono, corpo e incontro non fanno da sfondo, ma sono il centro. Scrivere di festival oggi, allora, significa raccontare una subcultura che, al consumo rapido e “usa e getta” della socialità, preferisce il tempo lungo e condiviso della danza e dell’ascolto; significa intercettare quelle esperienze ancora lontane dai riflettori, ma capaci di accendere scintille di senso.

In questo contesto si inserisce la terza edizione di SUPERFLAT, il 13 e 14 settembre 2025: un festival nato e cresciuto al PWCC – Post War Cinema Club, centro culturale alle porte di Parma. Non un evento isolato, ma il culmine di una pratica quotidiana che, proprio lì e per tutto l’anno, dà voce a una comunità di professionisti, artisti e visionari. Da cinque anni costruiscono relazioni, sperimentano linguaggi, e sviluppano quella che chiamano una vera «officina creativa». Nel cuore della Pianura Padana, SUPERFLAT trasforma geografia in poetica, scegliendo l’orizzontalità come gesto politico e di senso: un paesaggio relazionale dove la distanza tra sé e l’altro si dissolve. In un’epoca che verticalizza tutto – ambizioni, prestazioni, gerarchie – SUPERFLAT risponde con una logica diversa, unendo musica elettronica, performance, talk, natura e convivialità, con l’ambizione concreta di proporre un’alternativa possibile. La musica come opera collettiva, esecuzione relazionale, gesto condiviso. Qui si incrocia anche il pensiero di Nicolas Bourriaud quando nell’Esthétique relationnelle scrive: «L’arte relazionale produce modelli di convivialità alternativi, esperienze di vicinanza».
Ne abbiamo parlato con il collettivo, e subito è chiaro: qui la comunità non è vuole essere elevata a oggetto da museo, ma valorizzata come un organismo vivo che si rinnova costantemente. SF25 torna con due giornate in cui suono e natura si intrecciano e pulsano in un rituale collettivo.

Un festival che ha già trovato il suo timbro, ma deve ancora farsi sentire a tutto volume. Per chi non lo conosce, raccontiamolo attraverso il suono: quali generi musicali avete scelto di esplorare quest’anno? E che tipo di viaggio avete immaginato per chi si unirà a voi?
«La risposta potrà sembrare evasiva ma riteniamo che sia la risposta corretta, più che rappresentare un genere, Superflat ambisce a creare un’esperienza (n.b. non un’experience), un’esperienza che affonda le sue radici nel dancefloor e nel clubbing con le varie sfumature e sensibilità espresse dai membri del collettivo, queste radici però sono solo il punto di partenza non necessariamente quello di arrivo, anzi, grazie a Superflat questo background e questa visione si aprono, si contaminano e si mettono in discussione senza adottare nessuna estetica preconfezionata o abbracciare uno specifico genere magari in hype nell’anno di riferimento. E allora qual’è il centro di gravità? la risposta di nuovo è “il Collettivo” e la sua incarnazione fisica, ovvero PWCC, che è culla e venue allo stesso tempo, in quanto culla è vissuta e si evolve costantemente e Superflat diventa quasi un’istantanea scattata in quel momento dell’anno, un momento dell’anno in cui il collettivo tenta di dare il meglio di sé».
Dietro le quinte, cosa succede prima che tutto prenda forma? SF è la punta di un iceberg: il PWCC è un laboratorio vivo, attivo tutto l’anno, tra serate, progetti, collaborazioni, scouting e ascolti compulsivi. Quando e come nasce la line-up del festival?
«Questa pulsione è presente nella line up e la vera sfida sta nel creare una progressione fluida e coerente, non di estetiche musicali ma di fruizione e di ascolto. Quindi apertura e contaminazioni sì, ma la cifra di Superflat è coesione e progressione fluida, non per contrasto, se fosse un pasto direi che ha un approccio tradizionale senza contrasti forzati ma con grande apertura all’integrazione di ingredienti e ricette provenienti da culture diverse. Non sono mancate le critiche anche interne rispetto alla Line up di quest’anno, ci sono mondi musicali che seppur limitrofi difficilmente si incontrano, ci sono suoni più sperimentali e sincopati della scena francese, sonorità più oscure e techno e mostri sacri della scena, che hanno fatto la storia sia in Italia che all’estero. Siamo tutti estremamente curiosi di scoprire quale alchimia ci donerà SF25».

Sono 16 gli artisti, italiani e internazionali, tra pionieri del clubbing e nuove promesse. Una mappa sonora che spazia dalla Svezia di COTTON MOUTH alla scena parigina di TOMA KAMI e DÉTENTE, passando per le traiettorie oblique tra Germania e Inghilterra di PANGAEA e TOLOUSE LOW TRAX, fino a pesi massimi italiani come FRANCESCO FARFA e gli alleati di sempre – GIANMARIA COCCOLUTO e TLKR. Tra radici, esplorazioni e affinità elettive: cosa fa vibrare all’unisono artisti così diversi e distanti?
«Abbiamo raccontato come la curatela della line up sia anche il frutto di sensibilità diverse, sia per gusto che per età. Apparentemente è più facile avere coerenza unendo artisti con affinità comprovate e magari già sperimentate in altri contesti, ma rischia di essere una logica da algoritmo Spotify che tende all’appiattimento e non produce originalità, nascondendo anche un targeting mirato rispetto al pubblico. Non desideriamo nessuna delle due cose, siamo consapevoli che il nostro approccio può generare confusione, ma l’importante è che tutto sia bello e coerente il giorno dell’evento, in presenza. La schedule è pensata per essere una progressione che va sperimentata nella sue totalità, più come un concept album che non una sfilza di “singoloni” da classifica».
Che ruolo gioca la sperimentazione sonora in SF? Come vi muovete su questo terreno audace e cosa potrà aspettarsi chi parteciperà a questa edizione? Ci sono forme d’arte, linguaggi o pratiche contemporanee che vorreste integrare nel festival?
«La particolarità che si sta evidenziando in SF è che può potenzialmente accogliere una grande pluralità di linguaggi, sonorità e forme d’arte, purché trovino coesione e siano armoniose rispetto all’edizione di riferimento. Siamo sicuramente desiderosi di includere nel collettivo persone che possano portare nuovi approcci e nuove sensibilità, lo stiamo già facendo per quanto riguarda gli allestimenti ad esempio, ma sarebbe molto bello in futuro riuscire a rendere l’esperienza sempre più varia, complessa e profonda, senza snaturarci».

A proposito di storie di lancio: ci sono stati artisti che, partendo da PWCC o SF, hanno trovato un trampolino decisivo per la loro carriera? Quali sono i momenti o i nomi che vi rendono particolarmente orgogliosi?
«Essendo sia PWCC che SF progetti relativamente giovani, non vogliamo fregiarci di meriti che non abbiamo ma siamo molto orgogliosi di vedere che nel nostro brodo primordiale stanno nascendo progetti artistici frutto della contaminazione diretta delle persone che vivono il nostro spazio. Tammur era presente a SF24, è uno dei membri appartiene al collettivo e siamo orgogliosi di averne ospitato il debutto».
Terza edizione: fieramente indipendenti o con la voglia di un riconoscimento più ampio dal territorio? In Italia non mancano esempi di festival indipendenti capaci di dialogare con le istituzioni senza snaturarsi. Quale direzione vorreste intraprendere?
«Può sembrare strano ma questo tema non rappresenta una nostra priorità, ne da senso e valore all’operazione, nel territorio ci siamo fisicamente e molti di noi ci sono pure cresciuti in questa città, direi che stiamo già facendo il massimo da questo punto di vista, questo vale anche per le istituzioni, diventare uno strumento di soft propaganda non ci interessa, dipendere dalle istituzioni è un limite, per come è concepito oggi, il supporto delle persone vicine o lontane che siano vale molto più di ogni altra cosa. Detto questo una RETE è fondamentale per non sprofondare tutto nelle logiche di mercato, pensiamo anche ad espressioni artistiche ancora più complesse e costose da essere fruite che meritano di essere valorizzate e preservate, ma che devono mantenere intatta la loro capacità critica senza influenze o deus ex-machina. PWCC e l’associazione che lo regge Immaginaria APS aderiscono ad ARCI, una rete molto diffusa e ramificata che gode, in quanto tale, di pareri e fortune alterne, ma senza entrare nel merito di questa questione il mondo dell’associazionismo nasce per presidiare luoghi e spazi di espressione e di incontro sociale, noi auspichiamo una consapevolezza che porti tutti gli attori di questa scena a cercare un fronte comune per autosostenersi e rivendicare l’importanza della propria esistenza».

Forse è presto per parlarne, ma l’anticipazione è il pane quotidiano di ogni redazione: ci avete accennato a un nuovo spazio in centro città. Cosa potete svelarci? Quali linguaggi artistici e attività volete promuovere? Modelli o realtà a cui vi ispirate?
«Su questo fronte è ancora tutto molto embrionale, lo spazio in questione è un ex-negozio di scarpe, in una posizione della città che ha sia una valenza strategica che simbolica, in una via che sembra oggi incarnare il fulcro del dibattito socio-politico locale e nazionale, tra immigrazione, degrado, convivenza difficile, gentrificazione e declino economico. In questo senso rappresenta in pieno un luogo da presidiare. Non vogliamo porci limiti rispetto ai linguaggi artistici che questo spazio potrà ospitare compatibilmente alle sue caratteristiche: un piccolo spazio espositivo curato e vissuto».














