10 giugno 2008

fino al 28.VI.2008 Airò Dodge Weiner Milano, Massimo De Carlo

 
Dalla poesia di Rimbaud alla fredda durezza del concetto. Tre stanze, tre mostre, tre livelli di astrazione diversi. Weiner, Airò e Dodge occupano la galleria De Carlo. Ciascuno a proprio modo...

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Contemporaneo significa attuale, sintomatico dei tempi, ma anche multiforme. All’interno dell’arte di oggi si concretizza la vera legittimazione del linguaggio come universo personale, arbitro di se stesso nel filtrare la propria interazione con il mondo. Che un artista ci si relazioni vedendolo come un lucido concatenarsi di simboli e significati, come un mistero soffuso di magia incomprensibile o come lo specchio delle proprie ossessioni, c’è sempre un tempo e un luogo per il suo lavoro.
A volte capita che, nello stesso tempo e luogo, coincidano sguardi poco affini o addirittura antitetici. È il caso della triplice personale alla galleria Massimo De Carlo, dove la visione asettica e concettuale di Lawrence Weiner, con le sue proposizioni fredde e immateriali, collide con i macchinari poetici di Mario Airò. In mezzo -non secondo il percorso espositivo, ma come posizione concettuale- il fascino di Jason Dodge per gli oggetti e le misteriose relazioni che disegna nello spazio.
Il primo impatto dello spettatore è con l’installazione di Mario Airò (Pavia, 1961), intitolata come un verso di Rimbaud: J’ai tendu des cordes de clocher à clocher; des guirlandes de fenêtre à fenêtre; des chaines d’or d’étoile à étoile, et je danse (2008). Qui la materialità è solo un pretesto per rievocare la disinvoltura e la leggerezza della natura, con foglie che danzano nell’aria, sospese. Pendono attaccate a fili collegati a assi appese al soffitto, mentre un meccanismo le fa girare, simulandone un lento turbinio.
Lawrence Weiner - With A Line Of Graphite / Con una linea di grafite - 2008 - veduta dell’installazione presso la Galleria Massimo De Carlo, Milano
La stanza successiva è quella di Lawrence Weiner (New York, 1942). È vuota, e le sue celebri frasi, alcune in inglese e altre in italiano, sono applicate sulle pareti. Parlano di grafite, testimoniandone proprietà come il dirottamento dei neutroni e la resistenza alla gomma per cancellare. La loro cripticità è fredda e la loro schematicità quasi matematica, ma negli accostamenti verbali coesiste una sottile poesia.
Sul pavimento dell’ultimo spazio, Jason Dodge (Newton, 1969) ha posto oggetti misteriosi e sensuali, freddamente riproposti in una mappa didascalica appesa a una delle pareti. I materiali sono questa volta protagonisti, che si tratti di strumenti in ottone, tubi di metallo, una coperta ripiegata, un telo di plastica. Per quanto le opere di Dodge siano le uniche in mostra ad avere una presenza fisica tale da attivare l’esperienza sensuale, le didascalie tracciano un collegamento con la freddezza del linguaggio scritto di Weiner e l’evocazione letteraria di Airò, collegando la terza mostra con le altre due e dando un senso di continuità al tutto.
Jason Dodge - veduta dell’installazione presso la Galleria Massimo De Carlo, Milano 2008
Se le prime due stanze sono due universi e due linguaggi diversi e astratti non comunicanti tra loro -la prima retorica, la seconda concettuale- l’ultima stabilisce un cappello generale, un trait d’union. A legittimazione di questa contemporaneità.

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dall’otto maggio al 28 giugno 2008
Mario Airò | Jason Dodge | Lawrence Weiner
Galleria Massimo De Carlo
Via Ventura, 5 (zona Ventura) – 20134 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 11.30-14 e 14.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0270003987; fax +39 027492135; info@massimodecarlo.it; www.massimodecarlo.it

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