12 maggio 2021

Beatrice Burati Anderson apre un nuovo spazio a Roma. Le parole della gallerista

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Beatrice Burati Anderson Art Space & Gallery, con sede principale a Venezia, apre a Roma L'Atelier, una project room negli spazi dell'archivio di Pilade Bertieri. La gallerista ci ha raccontato il nuovo progetto, che sarà inaugurato con una collettiva a partire da domani, 13 maggio

© Beatrice Burati Anderson

A Roma, con un’inaugurazione estesa per tre giorni, da domani, 13 maggio, fino al 15, la galleria veneziana Beatrice Burati Anderson Art Space & Gallery aprirà al pubblico L’Atelier, una project room in un edificio di inizio Novecento che è stato studio e dimora dell’artista Pilade Bertieri (1874, Torino – 1965, Roma), e oggi sede del suo archivio, che riapre a quasi 60 anni dalla sua morte e di cui la galleria si prenderà ora cura, offrendo al pubblico la possibilità di visitarlo, rendendolo un luogo vivo attraverso il contemporaneo.

A inaugurare gli spazi sarà la collettiva “The Food of Love”, a cura di Bruno Corà, con opere di Pilade Bertieri con cui entreranno in dialogo lavori di Andrew Huston, Tristano di Robilant e Giovanni Rizzoli, che già collaborano con la galleria.

Pilade Bertieri

Pilade Bertieri, ha ricordato la galleria, fu un pittore di grande fama, allievo dell’Accademia Albertina di Torino, visse e lavora a New York, Londra, Firenze e Roma. Fu amico di Giacomo Balla, Giuseppe Pelizza da Volpedo e Felice Casorati, partecipò a varie Biennali di Venezia e fu membro della Société Nationale des Beaux-Arts de Paris e selezionatore per i Salons. Fu molto amato il suo lavoro come ritrattista nell’alta società americana e europea, mentre nell’ultima parte della sua vita si dedicò a tematiche più personali.

© Beatrice Burati Anderson

Le parole di Beatrice Burati Anderson

Come è nata la decisione di aprire una sede a Roma? Quali aspetti della scena romana trova particolarmente interessanti?

«Sono una veneziana trasferita a Roma nel 1990. Devo dire che il mio rapporto con la città si è approfondito esponenzialmente nel corso del tempo. Confesso di esserne perdutamente innamorata e di vedere persino con indulgenza quelli che altri chiamano difetti. Occuparmi dell’Archivio Bertieri è una responsabilità e un privilegio. L’idea di aprirlo al pubblico, ospitando artisti contemporanei, è arrivata come una naturale necessità di condivisione e compartecipazione di uno spazio dal Genius loci potente e vivo. Del resto Bertieri ha girato il mondo per quasi un secolo, ma è Roma la città dove ha scelto di costruire la sua casa e finire i propri giorni. Roma è una città incredibile e ammaliante, con una vitalità inarrestabile, musei meravigliosi, e un buon numero di interessanti gallerie di ricerca, per non parlare delle Accademie e della presenza di alcune Fondazioni dall’attività davvero eccellente».

Quali saranno le peculiarità delle attività che verranno svolte in questa sede e in che relazione saranno con le attività che svolgerete nella sede di Venezia?

«La Galleria di Venezia e L’Atelier di Roma, sono ambedue spazi fortemente connotati e in cui si respira una storia precedente. Nessuno di noi è separato dal passato e dal futuro. Ciò che trovo entusiasmante è la percezione del flusso di pensiero che, mentre viene custodito, si trasforma con il nostro contributo e viene donato al mondo di domani. I contenuti essenziali sono eterni, è la forma che cambia di continuo. Il paradosso è amare la forma ma vedere oltre essa. Vi è una saggezza che si tramanda nei secoli,vale la pena di ricercarla ogni istante della propria vita. Vedo la Galleria e L’Atelier entrambe come fucine e luoghi di ricerca e comunicazione».

La galleria Beatrice Burati Anderson è nata nel 2017, può ricordarci la filosofia con cui opera e quali sono i suoi principali ambiti di ricerca?

«Da bambina bibliofila qual ero, venni folgorata dalla lettura de “Il Tao della fisica” di Fritjof Capra. Oggi assisto con entusiasmo allo svilupparsi delle nuove frontiere della relazione fra le arti, la filosofia, la poesia e gli assunti della fisica quantistica. Sono affascinata dal lavoro degli artisti sensibili a queste tematiche, e credo che arte e scienza procedano insieme nell’indagare le profondità e le altezze dell’Umano. Ognuno degli artisti con cui collaboro è dotato di una sensibilità e di una pratica poetica fuori dal comune».

Può anticiparci quali saranno i prossimi progetti espositivi in entrambe le sedi?

«A Roma L’Atelier apre il 13, 14 e 15 maggio con “The Food of Love”, una mostra curata da Bruno Corà dedicata al tema della musica, in cui i lavori di Giovanni Rizzoli , Tristano di Robilant e Andrew Huston vengono accolti nello spazio ed entrano in dialogo con i lavori di Pilade Bertieri.
A Venezia nel frattempo lo spazio raddoppia, e a settembre prenderemo parte ad Homo Faber con una mostra intitolata “Do you know what I mean?” che indagherà la relazione tra gli artisti e i maestri artigiani che realizzano le loro opere.
Durante la Venice Glass Week inoltre apriremo la mostra “My fragility, my strenght”, da una frase di Pina Bausch, un incontro tutto al femminile tra pittura, vetro e performance sull’acqua.
Nel frattempo continua il sodalizio di Venice Galleries View e la nostra attività di collaborazione.
Credo che il modo migliore per superare le sfide sia cercare a livello personale di fare di più e dare il meglio. E poi condividere!». (SC)

© Beatrice Burati Anderson

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