08 novembre 2019

Al Centro Pecci Luca Vitone, Mario Rizzi e “The Missing Planet”

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Al Centro Pecci di Prato tre nuovi progetti espositivi: Luca Vitone con "Romanistan", Mario Rizzi con "بيت Bayt", entrambi vincitori del bando Italian Council, e "The Missing Planet" a cura di Marco Scotini e Stefano Pezzato, con l'allestimento di Can Altay. La direttrice, Cristiana Perrella, ci ha raccontato le mostre

Mario Rizzi
Mario Rizzi, ​Idomeni Untitled #3​, 2016 Foto / photo, Courtesy l’artista /​ the artist

Al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato da oggi, 8 novembre, sono aperti al pubblico tre nuovi progetti espositivi: “Luca Vitone. Romanistan”, a cura di Cristiana Perrella e Elena Magini, Mario Rizzi. بيت Bayt, a cura di Cristiana Perrella, che presentano entrambi progetti vincitori del bando Italian Council, e “The Missing Planet. Visioni e revisioni dei ‘tempi sovietici’ dalle collezioni del Centro Pecci ed altre raccolte”, a cura di Marco Scotini e Stefano Pezzato.

Cristiana Perrella, Direttrice del Centro Pecci, ci ha raccontato le mostre.

Come si collocano queste mostre nella programmazione del Centro Pecci?

«Si collocano all’interno di un interesse per i temi forti della contemporaneità. L’idea della mia direzione è quella di proporre, attraverso l’arte, una lettura complessa – che si opponga alle semplificazioni molto frequenti – delle grandi forze che stanno trasformando il nostro presente. Da questo nasce una serie di mostre che hanno sempre un taglio, in genere, socio-politico, come nel caso di queste tre mostre, che dialogano molto tra di loro, offrendo un percorso che ha diversi punti di tangenza e manifestano un interesse comune chiaro per le forze sismiche del nostro tempo».

“The Missing Planet” è il primo di una serie di progetti dedicati alla collezione. Quali sono le sue caratteristiche?

«”The Missing Planet. Visioni e revisioni dei ‘tempi sovietici’ dalle collezioni del Centro Pecci ed altre raccolte” parlano delle trasformazioni della Russia a partire dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, dal 1990 ad oggi. La mostra nasce come prima tappa di un progetto di valorizzazione delle nostre collezioni di 1100 opere circa con dei nuclei tematici anche molto precisi. Non vogliamo riallestimenti della collezione, ma progetti espostivi tematici che partono dalla collezione stessa. In questo caso cinquanta opere del Centro Pecci entrano in dialogo con prestiti internazionali da raccolte soprattutto pubbliche e altre private.
Ogni volta il tema scelto è affidato a uno sguardo esterno, a un curatore o a una curatrice, in questo caso a Marco Scotini, uno dei curatori italiani che ha più lavorato sull’arte dell’Est Europa e con uno sguardo “onnivoro”, che spazia tra linguaggi diversi. Marco Scotini è posto in collaborazione con Stefano Pezzato, il nostro conservatore, quindi esperto delle nostre collezioni.

Fondamentale in questo progetto sono le modalità di allestimento e il display, opera di Can Altay (1975, Ankara), artista turco che ha recentemente lavorato al riallestimento della collezione del Vanabbemuseum di Eindhoven, e che ha nella sua pratica artistica questa sorta di appropriazione di una mostra, in cui le opere altrui diventano parte di un suo progetto generale attraverso dei dispositivi di allestimento progettati ad hoc».

Come sono nate le altre due mostre?

«“Romanistan” di Luca Vitone (1964, Genova) e “بيت Bayt” di Mario Rizzi (1962, Barletta) sono entrambi progetti vincitori della quarta edizione dell’Italian Council (2018), a cui abbiamo partecipato. Siamo molto soddisfatti, perché credo che l’Italian Council stia cambiando la percezione dell’arte italiana promuovendo la produzione di opere spesso molto impegnate.

Partiamo dalla mostra di Mario Rizzi…

«”بيت Bayt” è la prima retrospettiva sul lavoro del filmmaker Mario Rizzi in un museo pubblico in Italia. Rizzi ha portato a compimento l’omonima trilogia di film “بيت Bayt” iniziata nel 2012 con Al Intithar (L’Attesa, 2013), proseguita con Kauther(2014) e conclusa con The Little Lantern che presentiamo qui e sarà acquisita in modo permanente nella collezione del Centro Pecci.
بيت Bayt” (che in arabo significa “casa”) tratta del concetto di casa nel mondo arabo, in particolare nei Paesi che sono stati toccati dalla cosiddetta Primavera Araba, attraverso tre ritratti di donne da Siria, Tunisia e Libano.

The Little Lantern racconta la storia di Anni Kanafani, una donna danese che oggi ha 83 anni, vedova di Ghassan Kanafani, importante scrittore, poeta e attivista palestinese, ucciso in un attentato insieme al nipote nel 1973. Da quel punto Anni Kanafani è rimasta in Libano, anche per tutto il periodo della guerra civile, aprendo degli asili nei campi profughi palestinesi. Si calcola che ad oggi circa 10mila bambini siano stati educati negli asili della Ghassan Kanafani Cultural Foundation. Nel film è raccontata questa storia attraverso un duplice registro narrativo: del racconto, della memoria personale e quello della messinscena, da parte dei bambini e delle bambine di uno degli asili della Fondazione, di una favola scritta da Ghassan Kanafani per la nipote poi morta con lui nell’attentato. Si passa dalla documentazione alla fiction, ma il racconto è molto fluido e si parla di questa storia, sogno di integrazione e di pace».

E il progetto espositivo di Luca Vitone?

«“Romanistan” è dedicato alla cultura Rom, alle sue tradizioni, agli stereotipi e ad aspetti meno conosciuti di questo popolo.
È un viaggio a ritroso seguendo le tracce della migrazione Rom da Bologna all’India. Bologna è la città italiana dove si trova il primo documento, risalente al nel XV secolo, che attesta la presenza Rom sul territorio italiano e l’India è l’area da cui sono partiti, attraversando Pakistan, Iran, Turchia, Grecia e i Paesi Balcanici. Vitone ha percorso a ritroso questo tragitto andando a cercare le tracce della cultura e della lingua Rom in queste nazioni».

Il questi giorni questo film sarà presentato anche a Lo Schermo dell’Arte Film Festival. In che relazione stanno la mostra al Pecci e questo evento?

«A Lo Schermo dell’Arte c’è la presentazione in anteprima del film alla presenza dell’artista. Nella nostra mostra abbiamo un video tratto dal viaggio, una serie fotografica, delle mappe e, soprattutto, tre sculture che sono una pratica assolutamente nuove per Vitone, tutte realizzate durante il viaggio. Nel cinema del museo, inoltre, sarà proiettato il film.
Lo Schermo dell’Arte è il primo dei molti luoghi che ospiteranno il lavoro di Vitone, creando una sorta di tour internazionale come nello spirito dell’Italian Council che richiede che i lavori prodotti abbiano già fissato una sorta di circuito all’estero. Lo Schermo dell’Arte non è all’estero, ma è un ottimo punto di partenza».

Qual è la Sua idea di museo, a cui accennava prima?

«Per me il museo è espressione di un luogo e di un tempo specifico, quindi io credo fortemente in un museo radicato nel territorio in cui nasce, un museo assolutamente individuato. Credo che soltanto attraverso questa individuazione si possa essere un’istituzione internazionale, in grado di suscitare interesse e produrre nuove idee. Naturalmente tutto questo posto in dialogo con i grandi temi della cultura e dell’arte internazionali, per un museo che contenga tanti sguardi, che veda in dialogo punti di vista molto diversi e tanti linguaggi. Questa è stata una caratteristica del Centro Pecci fin dalla sua apertura, nel 1988, e lo ha portato a essere il primo centro per arti contemporanee nato in Italia.
Credo molto anche nel ruolo produttivo dei musei, come centri di ricerca e di pensiero, da qui derivano molti progetti del Centro Pecci, moltissimi dei quali coinvolgono artisti italiani».

A che cosa state lavorando in questo momento?

«Avremo la rimessa in scena di una performance di Fabio Mauri (1926-2009, Roma) che venne fatta qui nel 1993, Che cosa è il fascismo, una mostra in cui Martino Gamper (1971, Merano, Bolzano) e Francesco Vezzoli (1971, Brescia) dialogano con le ceramiche di Gio Ponti (1891-1979, Milano) conservate al museo di Doccia, a pochi chilometri dal Centro Pecci. Avremo una mostra dedicata a Simone Forti (1935, Firenze), californiana nata a Prato da una famiglia che dopo aver dato alla città una città operaia all’avanguardia dovette fuggire a causa delle leggi razziali.
Sto cercando, inoltre, di riaprire la biblioteca del museo con oltre 70mila volumi e le sale didattiche: il nostro progetto di didattica è stato ideato e potato avanti da Bruno Munari (1907-1998, Milano), che ha scritto le linee guida della didattica, ha creato dei percorsi laboratoriali appositamente per il museo e ha disegnato persino gli arredi delle aule didattiche».

The Missing Planet. Visioni e revisioni dei ‘tempi sovietici’ dalle collezioni del Centro Pecci ed altre raccolte
A cura di Marco Scotini e Stefano Pezzato
Progetto di allestimento di Can Altay

Dall’8 novembre 2019 al 3 maggio 2020

Mario Rizzi. بيت Bayt
A cura di Cristiana Perrella
Dall’8 novembre 2019 al 15 marzo 2020

Luca Vitone. Romanistan
A cura di Cristiana Perrella e Elena Magini
Dall’8 novembre 2019 al 15 marzo 2020

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica 277, Prato
Orari: martedì, mercoledì, giovedì e domenica dalle 10.00 alle 20.00, venerdì e sabato dalle 10.00 alle 23.00 (lunedì chiuso).
Qui gli orari di apertura durante le festività.

www.centropecci.it, info@centropecci.it

 

 

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