21 maggio 2021

Biennale Architettura: i più originali padiglioni nazionali, tra Giardini e Arsenale

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Cile, ma anche Regno Unito e Belgio. In una Biennale d'Architettura particolarmente "installativa", ecco chi - secondo la nostra redazione - ha fatto centro con il tema lanciato da Hashim Sarkis

Padiglione Cile, 17. Mostra Internazionale di Architettura, 2021, ph MB

Installativa, immersiva, positiva: sono i primi tre aggettivi che vengono in mente attraversando i padiglioni nazionali ai Giardini e all’Arsenale in occasione della 17ma Biennale di Architettura, “How will we live together”, curata da Hashim Sarkis. 

Installativa perché – quasi in maniera generale – i partecipanti scelgono forme ben lontane dalla progettualità architettonica per raccontare il presente, ovvero non vedrete plastici, documentazioni specifiche, dissertazioni tecniche come accaduto in precedenti edizioni: qui si gioca con video e fotografia, con materiali poveri e vivi (dalle pietre alle piante, dal legno riciclato al tessuto) per raccontare in maniera scenografica e accattivante, senza essere didascalici (o almeno non troppo) il presente complesso in cui siamo immersi, appunto. 

Siamo invitati a prendere parte alla consapevolezza ambientale, in primis, al rapporto tra comunità e alla revisione dell’urbanità e del nostro modo di rapportarci come animali sociali, e non mancano – per fortuna – le critiche ai modelli imposti dalla civiltà tecnologica contemporanea. 

Anche per questo si genera una certa “positività” nella visione: più che una ricognizione moralistica dei “temi urgenti”, più che un’ammonizione rispetto al comportamento dell’uomo nei confronti del suo pianeta, si aprono scenari di possibilità per ripensare intelligentemente le fratture complesse del presente. 

Padiglione Gran Bretagna, 17. Mostra Internazionale di Architettura, 2021, ph MB

Gran Bretagna
“The Garden of Privatised Delights”, Giardini

Sotto il titolo di “The garden of privatised delights”, con esplicito riferimento al trittico di Bosch, Il Giardino delle Delizie, il padiglione del Regno Unito che ha riunito una serie di progettisti, personalità e studi professionali, è forse il più accattivante dei Giardini. Attraverso grandi installazioni che rievocano spazi pubblici di varia natura, dal pub alla strada al parco giochi, l’intenzione è quella di sondare come – anche nella crisi contemporanea dovuta alla pandemia – dagli ambienti sociali molto spesse siano escluse vere e proprie categorie, come quelle degli adolescenti, per esempio. Lo spazio pubblico “non accessibile” è una delle evidenze più problematiche della vita urbana, reso ancora più evidente dalle nuove regole sanitarie globali, e la dimostrazione è proprio la marginalizzazione e l’affermarsi di disuguaglianze sempre più acute all’interno della società: il padiglione così, attraverso una serie di ambienti immersivi, diventa la cartina tornasole per proporre nuove idee di utilizzo e democratizzazione delle aree “ricreative” all’interno delle città.

Germania
“2038. The New Serenity”, Giardini

In una parola: radicale. Il padiglione della Germania si presenta completamente svuotato, con piccoli bolli specchianti disposti a terra, a distanza di tre metri uno dall’altro. Alle pareti QR code attraverso i quali scoprire cosa saremo nel 2038. La buona notizia è quella che, a quanto pare per quella data, non dovremo più indossare mascherine. 

Padiglione Belgio, 17. Mostra Internazionale di Architettura, 2021, ph MB

Belgio
“Composite Presence”, Giardini

Già vincitore della menzione speciale all’ultima Biennale d’Arte, il padiglione del Belgio stupisce per la sua divertente conformazione: un percorso tra cinquanta progetti architettonici di 45 studi del Paese, sviluppato come un attraversamento urbano di una città: gli studi sono stati anche invitati a mandare una “cartolina” pensando al loro stesso progetto inserito all’interno di una città. “Composite Presence”, questo il titolo del padiglione, riflette sulle politiche urbanistiche delle Fiandre e, allo stesso tempo, tutti i progetti hanno in comune l’idea di apportare un nuovo contributo all’abitare “raffigurando una sana ecologia architettonica dove collimano stili e funzioni”. 

Padiglione Austria, 17. Mostra Internazionale di Architettura, 2021, ph MB

Austria
“Platform Austria”, Giardini

“Platform Austria” è un padiglione che mixa l’installazione e l’informazione, una sorta di think-tank perfettamente in linea con il tema della Biennale di Sarkis. Non è un padiglione puramente “visivo” come lo sono molti altri, ma necessita di un avvicinamento per scoprire quello che già sappiamo ma che accettiamo come inevitabile: la manipolazione tecnologica nei confronti delle nostre vite. Analizzando elementi urbani, “monumenti contemporanei” del tempo libero e attività “smart”, “Platform Austria” ci ricorda molto intelligentemente che dietro i “Data” e i “Dati” si muovono capitali (spesso anche umani) e che non è di certo per un interesse filantropico che si muovo i grandi colossi della connessione, e dell’informazione.

Romania
“Fading Boarders”
Giardini e Nuova Galleria dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica (Palazzo Correr, Campo Santa Fosca, Cannaregio 2214)

Il Padiglione della Romania, che non sempre ha brillato alle sue partecipazioni nazionali, stavolta convince con una storia che non ha particolarmente a che fare con l’architettura nel senso stretto del termine, ma più con una difformità, ovvero con lo spopolamento e la diaspora del popolo rumeno in altri Paesi d’Europa e, allo stesso tempo, con l’arrivo di migranti nel Paese che – nel periodo compreso tra il 2005 e il 2017 – è andato a comporre il 2 per cento della popolazione residente. Creato dal duo Teleleu e dal gruppo Ideilagram, il padiglione rumeno indaga sui confini sfilacciati del presente, siano essi politici o personali. Un’altra architettura per ripensare la vita, gli affetti, le speranze, le esigenze, le necessità dell’uomo.

Cile “Testimonial Spaces”, Arsenale

Il Padiglione del Cile è un’installazione di pittura, una bella quadreria, niente di più niente di meno. Ma è talmente poetica, leggera e allo stesso cruda che merita una menzione anche solo per il coraggio di averla portata in una Biennale dedicata alle discipline del progetto. 500 testimonianze di altrettanti abitanti del quartiere José Maria Caro di Santiago sono diventate 500 piccoli quadri dove si consumano scene di vita quotidiana raccolte dall’omonimo barrio. Ci sono uomini al bar, partite di calcio, serate al cinema, litigi, incidenti, aggressioni. “Immagini che portano alla luce il passato e il presente di chi vive nella comunità”, sobborgo nato alla fine degli anni ’50 per accogliere i nuovi cittadini arrivati dalle campagne. Un ritratto di come si vive insieme. Attualmente, e nonostante tutto.

Meritevoli di attenzione anche il progetto dedicato alla comunità di Bor, schiava e amante della propria miniera (Padiglione Serbia), al riciclo delle acque della laguna per offrire una tisana ai visitatori, e non solo (Danimarca), alla metamorfosi di Salonicco partendo dall’arteria più simbolica della città (Grecia), alla casa giapponese che, originariamente, avrebbe dovuto trovare una nuova forma a Venezia ma di cui possiamo vedere solo le componenti accatastate (Giappone) e alle tante incertezze che solleva la ricerca proposta dalla penisola Iberica rivedendo l’epoca pandemica (Padiglione Spagna).

Padiglione Serbia, 17. Mostra Internazionale di Architettura, 2021, ph MB
Padiglione Grecia, 17. Mostra Internazionale di Architettura, 2021, ph MB
Padiglione Giappone, 17. Mostra Internazionale di Architettura, 2021, ph MB
Padiglione Spagna, 17. Mostra Internazionale di Architettura, 2021, ph MB

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