02 ottobre 2019

House of Displacement, il festival di CampoBase, Torino

di

A Torino dal 3 al 6 ottobre il festival organizzato da CampoBase, nato dal corso per curatori della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. CampoBase ci racconta il programma

Vanessa Alessi CampoBAse
Vanessa Alessi, La Promessa della Trasparenza [Giardino di Abid_Agrigento] Struttura portatile tenda da campeggio, rete da circuizione, cerniera_205 x 205 x 120 cm, courtesy l'artista e CampoBase

A Torino dal 3 al 6 ottobre prenderà vita il festival di CampoBase “House of Displacement”, progetto conclusivo del corso per curatori Campo18 promosso dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo con il sostegno della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.

Il festival «affronta il tema del displacement, inteso come esperienza contemporanea condivisa, adottando un approccio immersivo e partecipativo» ed è ideato e organizzato da CampoBase, a Torino (tra i progetti selezionati per la sezione i10 Spazi Indipendenti ad ArtVerona 2019), «uno spazio temporaneo e in trasformazione fondato nel 2019 dal collettivo curatoriale composto dai partecipanti di Campo18, corso per curatori della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo».

CampoBase ci racconta la nascita del festival e il programma.

Come è nato il festival?

«House of Displacement” è nato dopo mesi intensi di riflessione e progettazione condivisa tra i membri del collettivo curatoriale CampoBase, con sede a Torino. Fondamentale è stato anche il dialogo con gli artisti invitati, infatti ognuno di loro ha apportato una propria interpretazione del tema all’interno del progetto. La realizzazione del festival è stata possibile grazie al corso per curatori Campo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo che lo promuove con il sostegno della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT».

Qual è il suo obiettivo?

«L’obiettivo è quello di abitare una situazione che ci accomuna, quella del displacement, cercando attraverso processi collettivi e condivisi le coordinate per orientarsi in un contesto in continuo cambiamento».

In che accezione intendete il termine “displacement” del titolo?

«La traduzione in italiano sarebbe “dislocamento”. Secondo la definizione del dizionario Treccani indica un’operazione, quella di dislocare, oppure una condizione, l’essere dislocato, inteso soprattutto come spostamento o trasferimento da un luogo a un altro. Noi lo intendiamo quindi nell’accezione di movimento: ogni aspetto della vita contemporanea è sempre più definito dalla mobilità umana.

Il termine displacement negli ultimi anni è stato utilizzato per descrivere una condizione complessa e stratificata, legata alle disfunzioni delle società capitaliste avanzate, sia con riferimento ai flussi turistici e migratori e ai connessi fenomeni di gentrificazione, sia nei suoi connotati psicologici e sociali di disidentificazione ed estraniazione.

La non-fissità a un luogo, a un lavoro, al genere, agli affetti ci portano a vivere una condizione instabile; ma non intendiamo l’instabilità come qualcosa di semplicemente negativo, bensì come un punto di partenza per nuove direzioni e scoperte».

Come avete scelto gli ospiti invitati?

«Volendo collocare il festival in un contesto più ampio, che comprendesse un’interazione sia spaziale che temporale, abbiamo pensato agli interventi non come a una successione di azioni singole, ma come a una serie di micro-esperienze collettive. La programmazione di “House of Displacement” ospiterà interventi di diversa natura: installativi, teorici e performativi.

Gli interventi artistici saranno ad opera di Lucia Cristiani, Alessio Mazzaro con Fiona Winning e del collettivo curatoriale internazionale GAPS. Ad accomunare i tre interventi è l’invito a vivere la condizione del displacement in una dimensione temporale diluita. How far should I go to explode? sarà anche uno degli atti inaugurali del festival, e vedrà la propria conclusione con un secondo atto (su prenotazione) sabato sera.

Su quali temi lavoreranno gli artisti e il collettivo GAPS?

Cristiani riflette sul significato di viaggio e sulla necessità di movimento, invitando lo spettatore a intraprendere nuovi percorsi attraverso itinerari inediti, verso una meta dove il viaggio finisce per poter da lì ricominciare. In concomitanza di questa azione, CampoBase, a Torino, aprirà le proprie porte al pubblico trasformandosi in “spazio calmo” con il Do Nothing Club di Alessio Mazzaro e Fiona Winning. Un luogo in cui “fare niente”, una risposta all’iperattività dell’oggi, che rimarrà aperto per tutta la durata del festival. Il collettivo GAPS invece invita a sua volta tre artisti – Marcel Darienzo, Super Sohrab, Tarxun – che con video e opere sonore partono da un’analisi di codici linguistici per riflettere sulla reiterazione del discorso come strumento di spostamento di significati.

Durante il festival ci saranno anche degli interventi teorici, su quali tematiche verteranno?

Gli interventi teorici di Tommaso Guariento, Andrea Staid con Matteo Meschiari e di KABUL Magazine, spazieranno dalla filosofia all’antropologia culturale, dalla geografia alla semiotica e sono intesi come momenti di produzione di conoscenza che inviteranno i partecipanti a confrontarsi su diversi aspetti della vita contemporanea. I talk si svolgeranno presso il tram di Progetto Diogene, una realtà radicata nel tessuto torinese da ormai molti anni».

Che performance ospiterete a “House of Displacement”?

«Andranno in scena tre interventi di natura performativa degli artisti Vanessa Alessi, Corinne Mazzoli e Jacopo Foglietti. Il primo intervento (The Party Wall) sarà quello di Corinne Mazzoli, che in collaborazione con Ilaria Salvagno, affrontano il tema della urban fencification, con un approccio ludico e straniante, in giro per le strade di Borgo Rossini, Vanchiglia e Porta Palazzo. Domenica mattina Vanessa Alessi ci porterà in uno spazio domestico per Proiezioni in diagonale di film sulla migrazione italiana. L’intervento porta avanti il progetto Modelli Abitativi per una Vita Difficile, il quale esplora la scomodità del vivere e ci spinge a uscire dalla nostra comfort zone per ricercare nuovi modi di stare al mondo. Il festival si chiuderà domenica sera all’Imbarchino con un momento conclusivo di festa. Protagonista la performance sonora 00:00:02:50 show di Jacopo Foglietti, che basata sul concetto di musica generativa, sonderà la relazione tra suono e percezione temporale».

Qui il programma completo.

House of Displacement
A cura di CampoBase
Dal 3 al 6 ottobre 2019
CampoBase
Via Reggio14, Torino
www.campobase.cargo.site, campobase18@gmail.com

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui