09 giugno 2021

International Photo Project. Intervista all’organizzatore e ai curatori

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Per 3 giorni, dall'11 al 13 giugno, a Milano la terza edizione di International Photo Project, con i lavori di 30 fotografici provenienti da Italia, Cuba e Giappone. Ne abbiamo parlato con l’organizzatore e i curatori

International Photo Project, III^Edizione, The Black Box, Milano

Inaugura giovedì 11 giugno e prosegue fino a sabato 13, a Milano, da The Black Box, la terza edizione di International Photo Project. Tre le sezioni partecipanti: italiana curata da Mino Di Vita, cubana curata da Alain Cabrera, membro del Consejo Nacional de las Artes Plasticas (CNAP), e giapponese curata da Toshiyuki Shinohara, fondatore del Tokyo Photography Culture Center.
Dieci gli artisti rappresentanti in ogni sezione: gli italiani Riccardo Bandiera, Raffaele Canepa, Angela Di Finizio, Alessandro Gallo, Gaia Magoni, Franco Martelli Rossi, Michele Molinari, Alessia Santambrogio, Ivan Terranova e Carlo Traini; i cubani Claudia Corrales, Joyme Cuan, Natasha Forcade, Jordan Issel, Ailen Maleta, Sadiel Mederos, Yuri Obregòn Batard, Yanet Oviedo, Juan Carlos Rodriguez, Kmy Ros; e i giapponesi Michiko Chiyoda, Yachiyo Enomoto, Erico, Takuya Kobayashi, Kino Koike, Ichiro Kojima, Asae Kuroki, Noah Suzuki, Hideki Takemoto, Yurika Toyama.
(Nei tre giorni d’apertura la mostra sarà visitabile dalle 10 alle 18, negli spazi di The Black Box, in via Savona 118, a Milano, qui potete trovare tutte le informazioni).

«Ogni giorno le immagini scattate da milioni, forse, miliardi di fotocamere, imperversano vertiginosamente nel web creando una tragica inondazione visiva (…). In questo contesto serve educare il pubblico ad un modo diverso di interpretare la fotografia (…). Superare il concetto della fotografia come escamotage per apparire che si brucia in un secondo per ritornare al più vecchio di fotografia come strumento espressivo di una ricerca personale sviluppata e maturata nel tempo». Con questo spirito Mino Di Vita introduce all’edizione di cui è anche ideatore, svelandone due novità: «Si è reso necessario realizzare anche la parte online all’interno della quale inserire i contenuti relativi a ogni artista. Abbiamo, quindi, pubblicato testi, foto, video e in questo modo, dato la possibilità a ogni utente da qualsiasi parte del mondo di conoscere gli autori presenti nell’edizione 2021. L’altra novità è la location: NeoTech, azienda leader nel campo delle installazioni multimediali per musei e spazi artistici, ha accettato di ospitare la mostra all’interno dello spazio di proprietà The Black Box dedicato alla sperimentazione dei nuovi strumenti audio e video. Photo Project Pro e NeoTech insieme collaborano alla realizzazione di una mostra fotografica che va oltre la semplice esposizione di immagini, offrendo al pubblico un’esperienza immersiva».

Untitled, 2020 © Gaia Magoni

Le parole di Mino Di Vita, Alain Cabrera e Toshiyuki Shinohara

Come è strutturata la sezione che curi? Che cosa ci racconta di questo tempo in questo momento extra-ordinario?

Mino Di Vita: «La sezione italiana è il risultato della volontà di proporre idee progettuali capaci di coinvolgere emotivamente il pubblico nel modo più ampio possibile. Per farlo sono state necessarie una serie di accurate valutazioni che prendessero in considerazione poetiche largamente diffuse, una sorta di identità nazionale, se così si può definire la tendenza degli autori a dedicarsi a temi più riconoscibili nell’immaginario comune ai quali ci si rivolge non solo per passione, ma per una riconosciuta capacità di dialogo universale. Questa è la direzione corretta da intraprendere che darà modo al progetto espositivo di svilupparsi e di coinvolgere sempre più pubblico proveniente da diverse nazioni, sfruttando i benefici che la rete può offrire». 

Alain Cabrera: «A differenza della precedente edizione di IPP (2017), in cui la sezione cubana era strutturata seguendo l’idea di una precedente conoscenza del lavoro degli artisti presentati, con i quali avevo già lavorato in un modo o nell’altro, in questa nuova edizione la curatela si è concentrata su un esercizio di indagine iniziale nella maggior parte dei casi. Ho fatto una chiamata aperta per un mese per ricevere i dossier di tutti coloro che erano disposti a partecipare. Ce ne sono stati molti, il che mi ha permesso di selezionare i dieci con cui ero interessato a lavorare in questa occasione. Alcuni di loro li conoscevo già, avevo anche visto il loro lavoro pubblicato in riviste, social network, o esposto in altre mostre, molti altri invece no. Alla fine, dai dossier ricevuti, mi è sempre rimasto del materiale per progetti futuri e ricerche nel campo della fotografia contemporanea che include la produzione di questi artisti. È molto importante l’iniziativa degli organizzatori e soprattutto di Mino Di Vita per la decisione di celebrare questa terza edizione di IPP. Credo che gli artisti e il pubblico amante della fotografia, da qualunque parte provengano, ne avessero bisogno in mezzo a questa pandemia che continua a colpire il mondo. All’inizio, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, molti sono caduti in un processo di introspezione di fronte all’incertezza e all’ignoranza sul virus, ma poi l’arte ha saputo superare e gli artisti hanno saputo approfittarne e continuare con i loro progetti, tenendo mostre e partecipando a eventi come questo, che senza dubbio arricchiscono l’anima».

Toshiyuki Shinohara: «Sento che la valutazione dell’espressione fotografica giapponese in Europa si sovrappone principalmente alla valutazione del movimento politico unico del Giappone e della cultura d’avanguardia intorno agli anni ’70. In realtà, l’espressione fotografica giapponese contemporanea è molto ampia, e abbiamo selezionato 10 fotografi che tutti a Milano non conoscono. È un momento difficile in tutto il mondo. Penso che l’espressione artistica raramente abbia un ruolo diretto nel sopravvivere ai tempi difficili come oggi. Tuttavia, credo che le loro creazioni e presentazioni abbiano provocato una piccola onda nella società e, incontrando sensibilità diverse, abbiano dato l’opportunità di pensare a come affrontare lo stigma del corona virus».

Untitle, 2018 © Jordan Issell
Chi sono gli artisti che hai scelto? Che legame si è creato tra di loro? 

Mino Di Vita: «La mia selezione comprende autori dei quali conosco molto bene il passato e la motivazione umana che li ha condotto a realizzare il loro progetto. Una visione sicuramente non obbiettiva, ma soggettiva che vuole offrire al pubblico nazionale, per primo, e a quello internazionale, di conseguenza, una serie di ricerche personali artistiche che non sono inscrivibili all’interno della categoria concettuale più ermetica. La caratteristica che accomuna gli autori e quella di offrire ricerche in grado di parlare al pubblico senza la mediazione di un esperto chiamato a tradurre il pensiero dell’artista in un linguaggio più vicino, più adeguato, ai non addetti ai lavori».

Alain Cabrera: «La maggior parte degli artisti di solito parla di fotografia, anche se non dobbiamo essere assoluti in questo, dato che integrano nel loro lavoro anche installazioni, performance, arte digitale e una grande varietà di linee multidisciplinari: una condizione dell’artista contemporaneo. Ogni autore partecipa qui con opere realizzate per una varietà di scopi, per lo più come parte di una serie molto più grande dove i motivi, e soprattutto i discorsi, sono molto diversi. In nessun caso le proposte sono chiaramente subordinate a specifici interessi curatoriali. Tuttavia, all’interno della vasta gamma che comprende la fotografia documentaria, concettuale, di strada, l’astrazione, l’architettura o il surrealismo e i metodi sperimentali, possiamo percepire una linea di identità che si intreccia in tutte le produzioni. Identità è qui da intendersi come un concetto esteso che comprende l’individuo-collettivo legato alla propria vita quotidiana, al genere, alla razza, alle fantasie e ai demoni, alla critica sociale, alla memoria che dal personale si connette con le definizioni di nazione o patria, con i credo e le brame represse. L’identità è vista come quell’insieme che ci definisce e il cui spirito è catturato dalla soggettività di ciascuno degli artisti nel pieno uso delle loro facoltà creative».

Toshiyuki Shinohara: «Ho selezionato tutti e 10 i fotografi giapponesi. Loro ed io siamo stati in dialogo attraverso il lavoro per almeno 3-4 anni, e il più lungo per oltre 10 anni. Non solo un grande lavoro, ma il tipo di operazione che continuo a produrre è importante per me per valutare l’opera e l’artista. Penso che il mio lavoro sia quello di sorvegliare e accompagnare sempre gli artisti in qualsiasi genere».

Untitled, 2020 © Kino Koike
Cosa resterà di questa edizione e che prospettive avete per il futuro?

Mino di Vita: «L’edizione 2021, inevitabilmente, sarà quella associata alla pandemia, non solo nei termini negativi, ma soprattutto in quelli positivi. Dappertutto nel mondo si respira aria di “rinascita”, di speranza per un futuro migliore in tutti i sensi. Probabilmente questa sarà la cosa più importante che resterà di questa edizione, oltre alle fotografie dove tutti i soggetti indosseranno rigorosamente le mascherine. Le prospettive per il futuro sono ambiziose, forse troppo. Dati alla mano, oggi sul sito internationalphotoproject.com transitano una media di 400 utenti unici al giorno, provenienti da tutte le parti del mondo: segno che la Rete funziona. Per la prossima edizione coinvolgeremo le altre nazioni che causa Covid hanno preferito declinare l’invito, oltre a quelle che in questi giorni hanno chiesto informazioni sulla modalità di partecipazione. Arrivare a un numero di 8 nazioni partecipanti sarà l’obbiettivo da raggiungere, meglio se in compagnia di uno sponsor che vorrà credere nel progetto».

 

 

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