29 marzo 2021

‘Terre’ dalla Collezione Olgiati, Lugano. Intervista ai collezionisti

di

22 opere dalla Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, mai esposte da quando entrate nella raccolta, indagano le sperimentazioni materiche di 14 artisti storici. Fino al 6 giugno

Alberto Burri, Bianco Nero Cretto, 1972, Acrovinilico su cellotex, 76,5 x 101,5 cm, Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

Il 27 marzo la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, nella sua sede accanto a quella principale del MASI Lugano, ha aperto la stagione espositiva con la mostra “Terre” dalla Collezione Olgiati, che fino al 6 giugno presenta ventidue opere di pittura e scultura dagli anni Venti al presente mai esposte da quando entrate in collezione e unite da una forte sperimentazione materica al loro interno.

Nel percorso espositivo il confronto con la materia e la varietà di approcci sono rappresentati da quattordici artisti: Alberto Burri, Jean Dubuffet, Max Ernst, Rebecca Horn, Anselm Kiefer, Leoncillo, Markus Lüpertz, Arturo Martini, Eliseo Mattiacci, Zoran Mušič, Enrico Prampolini,  Gabriel Sierra, Antoni Tàpies, Emilio Vedova. 

Abbiamo parlato della mostra direttamente con i collezionisti.

Terre dalla Collezione Olgiati, installation view, 2021, Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano, Ph Roberto Pellegrini

Intervista a Giancarlo e Danna Olgiati

Come è nata la mostra “Terre” dalla Collezione Olgiati? 

«La mostra nasce da un nucleo di opere cha abbiamo in Collezione e che prendono forma attraverso la materia e il colore. Ogni primavera la Collezione Olgiati apre la propria stagione espositiva con il desiderio di mostrare opere inedite, mai esposte prima o di recente acquisizione. L’idea é sempre legata a un desiderio non solo di mostrare delle opere nuove ma anche di creare un “fil rouge” che accomuna tutte le opere. In questo caso abbiamo individuato un nucleo di opere che dialogano tra la terra e il cosmo».

Terre dalla Collezione Olgiati, installation view, 2021, Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano, Ph Roberto Pellegrini
Che peso ha la componente della ricerca sulla materia nelle vostre scelte di collezionisti? Si tratta di un filone che seguite in modo attivo oppure è un aspetto trasversale attraverso cui è possibile rileggere le opere in collezione?

«È un discorso puramente trasversale di una scelta effettuata all’interno della Collezione. Possiamo dire che la nostra Collezione é “Italia-centrica” partendo dalle avanguardie storiche del primo Novecento sino ai giorni nostri. Ciononostante l’Italia non é l’unico Paese a essere protagonista, abbiamo tutto un aspetto internazionale all’interno della nostra raccolta che ci gratifica molto attraverso i vari link con le avanguardie storiche sino a quelle contemporanee».

Terre dalla Collezione Olgiati, installation view, 2021, Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano, Ph Roberto Pellegrini
Potete brevemente soffermarvi su un paio di lavori in mostra che ritenete particolarmente significativi nel percorso espositivo e raccontarci la storia della loro acquisizione?

«All’interno della mostra “Terre”, ci sono vari autori a noi molto cari ma se dovessi proprio sceglierne alcuni forse sceglierei le opere di Enrico Prampolini, Automatismo polimaterico F del 1941 e Automatismo polimaterico C del 1940 di cui ricordo molto bene la provenienza poiché fu acquistata nella famosa asta di Sotheby’s nel maggio del 1990 dedicata a una delle più importanti collezioni americane di arte futurista, ‘The Lydia Winston Malbin Collection’. Mentre tutti i Mušič provengono dalla storica Galerie de France di Parigi, acquistati all’inizio degli anni Ottanta e non per ultimo meno importante l’opera di Alberto Burri, Cretto bianco e nero del 1972, acquistato dall’amico, purtroppo oggi scomparso, Antonio Sapone, storico gallerista di Burri».

Terre dalla Collezione Olgiati, installation view, 2021, Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano, Ph Roberto Pellegrini
Nel 2012 ha avuto inizio la vostra collaborazione con la Città di Lugano, prima concedendo le opere della vostra collezione in usufrutto, poi con l’apertura di uno spazio dedicato alla collezione a fianco della sede del MASI e, nel 2018, con la donazione di 76 opere al MASI Lugano. A quasi vent’anni dall’inizio di questa collaborazione potete tracciare un primo bilancio?

«Abbiamo sempre lottato e sostenuto il rapporto tra pubblico e privato e sino a oggi siamo molto contenti di come si sia svolta la collaborazione».

Quali saranno le prossime mostre che vedremo nello spazio della Collezione?

«A settembre apriremo un’importante mostra dedicata a Pietro Consagra curata da Alberto Salvadori».

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