08 ottobre 2019

Vittorio Messina a Scaramouche loves Aline, Milano

di

A Scaramouche loves Aline, nel cuore di Milano, il "Teatro Naturale" di Vittorio Messina trasforma gli spazi della galleria con l'"archeologia a venire". Fino all'11 gennaio

Messina Milano
Vittorio Messina, Teatro naturale, prove d'archeologia a venire, Installation View, Scaramouche loves Aline, courtesy l'artista e Scaramouche loves Aline

A Milano, a Scaramouche loves Aline inaugura oggi, 8 ottobre, la personale di Vittorio Messina (1946, Zafferana Etnea, Catania), “TEATRO NATURALE, prove d’archeologia a venire”, la seconda mostra in galleria dopo l’apertura nell’aprile 2019.

«La nozione di “archeologia” su cui Vittorio Messina costruisce la sua mostra è un concetto complesso, che richiama una diversa idea di tempo, di spazio, di storia, ma anche una nuova idea di futuro. Il suo “Teatro Naturale” diviene così un modo per indagare il discontinuo accadere di eventi, fatti e documenti che rendono possibile la storia, – cumulo beniaminiano di “rovine” – e i motivi per cui quei fatti e quei documenti continuano ad esistere», si legge nel comunicato stampa.

Attraverso il percorso espositivo che Messina crea a Milano gli spazi della galleria vengono trasformati da «una grande installazione site specific creata ad hoc per la mostra, che continua a sviluppare il lavoro dell’artista sull’uso di materiali sonori e ci riporta alla prospettiva del rapporto con la tecnologia e della riflessione sulla nostra epoca. Un lavoro, quello di Messina, il quale, come la grande letteratura cui si ispira, si fonda sul rifiuto dialettico di ogni modello precostituito», ha proseguito la galleria.

Daniele Ugolini e Federica Soldati, direttori di Scaramouche loves Aline, ci hanno raccontato la mostra.

Come è nata la personale di Vittorio Messina in galleria a Milano?

 «Consideriamo Vittorio Messina uno degli artisti più rappresentativi della ricerca e sperimentazione italiana a partire degli anni Ottanta e Novanta. Una ricerca estremamente attuale che ci ha spinti e quasi obbligati a presentarlo, di nuovo, a Milano dopo una lunga assenza dal panorama artistico di questa città».

Dalla descrizione sembra essere una mostra molto particolare. Che cos’è il “Teatro Naturale” su cui lavora Vittorio Messina e che esperienza ne farà il visitatore a Milano?

«Quando parliamo di teatro, parliamo di solito di una forma di rappresentazione nel quadro della spettacolarità: la danza, la commedia…e perfino il circo equestre. C’è una differenza tra questa forma di teatralità e il “teatro dell’arte”. Il “teatro naturale” rappresenta quello strumento ineludibile che è il mondo, l’esperienza; non riguarda solo l’accadimento ma ciò che è, che esiste, l’ontologia delle cose. Su questo punto l’artista ha trovato un’antica forma di empatia con il teatro naturale che Franz Kafka descrive nel suo primo romanzo. Non è la prima volta che egli fa appello a questa dimensione della teatralità nell’arte. Questo è un tema che continua ad essere presente nella sua opera, che non rimanda solo ad una forma di esperienza empirica, ma si proietta nel tempo per dare sostanza ad una paradossale idea di archeologia a venire. Una nozione questa molto importante per lui, che tocca in profondità quella di rovina, così come si configura nell’“Angelus Novus” di Walter Benjamin. Anche il futuro della nostra “storia” – egli dice – è un cumulo di rovine – le quali rovine hanno la loro forma, che non è la forma del caos, ma quella che la rovina stessa cerca per potere esistere».

Potete riassumerci, in estrema sintesi, la ricerca dell’artista?

«Vittorio Messina ci rende visibile e tangibile, attraverso il suo lavoro, la percezione di incertezza e precarietà ubiqua del mondo».

Quali saranno i prossimi appuntamenti in galleria?

«Il nostro programma continuerà ai primi di febbraio con una sorprendente presentazione di un artista scomparso nel 2011 che, per enigmi del sistema dell’arte, è sempre rimasto in disparte nel suo incredibile sviluppo artistico che, dagli anni Cinquanta è proseguito fino ai suoi ultimi giorni. Gianfranco Chiavacci (Pistoia 1936) è stato un pioniere invisibile, fino a oggi, dell’arte cinetica e programmata e del concetto di binarietà su cui ha sviluppato tutta la sua ricerca.

Durante la settimana di Miart, inaugureremo una esposizione degli anni forse più emblematici e significativi di James Brown: gli anni di New York. Opere dal 1982 al 1986, di grande formato, che rimandano al graffitismo di una preistoria contemporanea e presentate in quegli anni da Leo Castelli, Tony Shafrazi e Lucio Amelio.

Con settembre 2020, daremo vita a un progetto molto ambizioso che presenterà le fusioni grottesche che Sam Messer dedica da anni alla testa di Jon Serl e una serie di dipinti delle sue celebri Typewriters. Per l’occasione, pubblicheremo in esclusiva l’edizione italiana del libro “The Story of my Typewriter” di Paul Auster con illustrate le opere presenti nella nostra mostra e con l’introduzione di uno dei più influenti critici d’arte contemporanei americani».

Vittorio Messina
“Teatro Naturale, prove d’archeologia a venire”
(
Testo di Valentino Catricalà)
Dal 9 ottobre 2019 all’11 gennaio 2020
SCARAMOUCHE Loves ALINE
Corso di Porta Ticinese 87, Milano
Opening: 8 ottobre 2019, dalle 18.00 alle 20.00 (performance alle 19.00
)
Orari: martedì dalle 15.00 alle 19.00, dal mercoledì al sabato dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00
www.scaramoucheinlove.com, info@scaramoucheinlove.com

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