27 febbraio 2020

Yael Bartana alla Galleria Raffaella Cortese, Milano

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Sarà un video in cui l'artista racconta la mostra, diffuso da oggi dalle 19, a inaugurare la personale di Yael Bartana alla Galleria Raffaella Cortese, che rinuncia al vernissage, ma non ad aprire la mostra, visitabile da domani, 28 febbraio

Yael Bartana, Bury Our Weapons, Not Our Bodies!
still photograph of performance, 2018, Philadelphia
Museum of Art, Courtesy of the artist and Galleria Raffaella Cortese, Milan

A Milano, alla Galleria Raffaella Cortese, inaugura oggi la terza mostra in galleria di Yael Bartana (1970, Israele), dal 28 febbraio, domani, aperta regolarmente al pubblico.

Su exibart.tv (e qui sotto) il video in cui la voce di Yael Bartana ci accompagna nel percorso espositivo, diffuso dalla galleria alle 19.00 di oggi, come formula “alternatva” dell’opening che non ha potuto avere luogo per l’emergenza coronavirus.

Il team della Galleria Raffaella Cortese ci ha raccontato la mostra in anteprima.
“Patriarchy is History” è la terza personale di Yael Bartana alla Galleria Raffaella Cortese e presenta opere inedite o esposte per la prima volta in Italia, che porterete anche a miart. Come si inseriscono le opere in mostra nella ricerca di Yael Bartana?

«Yael Bartana è un’artista che utilizza da sempre il medium del video. Le sue opere sono spesso protagoniste anche di festival cinematografici, oltre che di esposizioni in istituzioni museali di livello internazionale. The Undertaker (2019), video esposto per la prima volta in Italia in questa occasione, è un esito fondamentale della sua ricerca che ben esprime l’ambiguità tra fiction e realtà avvicinandosi all’utopia, caratteristica della sua opera. Il lavoro di Bartana è inoltre riconosciuto per essere politicamente impegnato. Anche in questo progetto espositivo dai lavori video, fotografici e scultorei presentati emerge un forte appello a porre fine alla cultura distruttiva delle armi in una realtà, quella attuale e in modo particolare quella statunitense, che ne celebra, invece, il diritto di possesso e utilizzo».

Quali aspetti della ricerca di Yael Bartana avete scelto di far emergere maggiormente in questa mostra?

«Con Yael Bartana abbiamo scelto di esporre opere legate a due suoi recenti progetti. Il primo, Bury Our Weapons Not Our Bodies!, è una performance pubblica svoltasi – e filmata – a Filadelfia nel 2018, in cui si assiste a una marcia di individui armati guidata da un misterioso leader fra le strade della città. La cerimonia è diretta verso il cimitero di Laurel Hill dove si conclude con una simbolica sepoltura delle armi. Il video The Undertaker e la serie fotografica Bury Our Weapons, Not Our Bodies! (2018) sono le opere derivate da questa performance, così come la serie delle sculture R.I.P (2019), dei “fossili” di armi – le stesse portate in corteo – che suggeriscono un futuro ipotetico e immaginario la cui realizzazione dipende dall’azione dei governi e degli individui in tutto il mondo.

Il secondo progetto da cui deriva un’opera della mostra è What if Women Ruled the World, un ampio lavoro interdisciplinare che l’artista ha iniziato nel 2017. Bartana non afferma che il mondo sarebbe un posto migliore (o peggiore) se le donne lo governassero ma, come in The Undertaker, ipotizza un nuovo e possibile scenario sempre legato a una necessaria riscrittura del nostro futuro prossimo. L’opera neon Patriarchy is History (2019) è una naturale conseguenza di questo progetto e dà il titolo alla mostra in Galleria».

Come sarà articolato il percorso espositivo?

«Al video The Undertaker è dedicata una grande proiezione nello spazio principale della galleria, in via Stradella 7. In via Stradella 1 è in mostra l’inedita serie fotografica Bury Our Weapons, Not Our Bodies! e tre sculture dalla serie R.I.P. Il neon Patriarchy is History è protagonista del terzo spazio, al numero 4 di via Stradella».

La personale di Yael Bartana è uno dei progetti espositivi con cui celebrate i venticinque anni di attività della galleria. Quali saranno i prossimi appuntamenti per il pubblico con la vostra galleria, fuori e dentro la sede?  

«Nel mese di maggio, in galleria, organizziamo l’esposizione di Franco Vimercati (Milano 1940 – 2001) artista con cui Raffaella Cortese inaugurò la sua attività nel 1995. In aprile parteciperemo a miart. Per quanto riguarda le mostre istituzionali dei nostri artisti, il 2020 è un anno intenso. Martha Rosler è al Museo Es Baluard con una personale fino a maggio, da aprile Francesco Arena esporrà al Walker Art Center di Minneapolis, Monica Bonvicini sarà alla Galleria Nazionale per la mostra Io Dico Io da marzo e in maggio Simone Forti sarà al Pecci di Prato con una personale, Jessica Stockholder curerà una mostra alle OGR, il PAC ospiterà una personale di Luisa Lambri, artista di cui avremo poi la prima mostra in galleria in autunno. Per citarne solo alcune…

Per quanto riguarda le fiere, oltre a miart, quest’anno saremo a Frieze New York in maggio con un progetto concepito appositamente per l’occasione da Luisa Lambri e Silvia Bächli».

Per questa mostra niente opening pubblico, ma un video sulla pagina Facebook della galleria, in cui l’artista presenterà la mostra che da venerdì sarà regolarmente aperta. In precedenza avete mai adottato questa modalità di presentazione di una mostra, in concomitanza con l’opening? Come vi sentite in questa “Milano anomala”? 

«È la prima volta che sperimentiamo questa modalità di presentazione di un opening, nata dall’impossibilità di proseguire con un evento pubblico sostitutivo all’apertura della mostra. Crediamo che il mondo dell’arte debba reagire in modo propositivo e creativo alle situazioni difficili, e adottando i linguaggi che gli sono propri».

Yael Bartana, “Patriarchy is History”, Galleria Raffaella Cortese, via A. Stradella 7,1,4, Milano
Dal 28 febbraio al 9 maggio 2020
Orari: dal martedì al sabato, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.30 (e su appuntamento)
www.raffaellacortese.com

 

 

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