16 maggio 2003

exibinterviste la giovane arte – Gianfranco Grosso

 
Niente compromessi: o sei con lui o contro di lui. La sua ricerca riconosce un'unica autorità, quella dell'opera. Personaggio libero, se ne infischia delle tendenze e con il sistema dell'arte ha un rapporto trasversale: osserva tutto ma sceglie in prima persona le strade. Forse è lui, calabrese, l'erede della tradizione estetica e concettuale veneziana…

di

Non ti nascondo che descrivere il tuo lavoro crea qualche difficoltà: le qualità pittoriche delle tue opere sono evidenti, come pure quelle tattili e scultoree; ciò nonostante, l’utilizzo delle tecnologie e la sperimentazione sui materiali sono pure caratteristiche rilevanti. Definisci il tuo lavoro “pittura digitale”. Vuoi chiarirci questa faccenda, spiegandoci il tuo rapporto con la tecnologia?
Questa incertezza mi gratifica, le caratteristiche pittoriche nei miei lavori sono fattori primari. L’idea nasce dalla necessità di restituire all’opera d’arte elementi che sono tipici della ricerca pittorica: forma–segno–materia–colore–contenuti. L’uso della tecnologia è uno dei mezzi con cui perseguo questo fine.Gianfranco Grosso, Maxiscreen, laser painting, 2000
Il fatto che questa mia scelta crei qualche difficoltà in un approccio di carattere descrittivo lo trovo fattore interessante: uno dei primi incidenti che inseguo è che l’opera sfugga alla descrizione, che mantenga una propria libertà espressiva, una sorta di “inafferrabilità poetica”.
Il pensiero è nomade, si aggira in luoghi impensati, riportando in superficie reperti che sono, essi stessi, generatori di nuova comunicazione.
Il binomio fra tecnologia e sperimentazione materica mi permette di captare e catalizzare delle forze/segno appartenenti ad una dimensione cosmica, universale. La sintesi di queste forze costituisce il corpo e l’anima dell’opera.

Le tue opere sembrano il risultato di una stratificazione: figure, volti, scritte, trame di tessuti.
Avvicinarsi ad esse obbliga tuttavia una doppia percezione, estetica e concettuale, in cui la memoria ed il subconscio sembrano giocare un ruolo di rilievo. Cos’è la memoria per Gianfranco Grosso?

I miei lavori sono il risultato di sedimentazioni: intrecci di corpi, volti femminili, elementi segnici e pulsioni. La storia dell’umanità è fatta di sovrapposizioni di elementi.
L’estetica è la pelle del corpo, il concetto è il corpo, questi fattori non possono essere mai scissi: la doppia percezione è fondamentale per accedere al linguaggio.
La memoria per me è un codice genetico da cui procedere, uno strumento per arrivare alle radici delle cose.
Gianfranco Grosso. In-cassa
Puoi dirci qualcosa di come lavori, magari accennandoci a cosa stai lavorando in questo periodo?
Il lavoro si costruisce in una condizione totalmente mentale, l’azione del fare pratico dell’artista si azzera. Attraverso lo scanner del fotocopiatore avviene la registrazione dell’immagine, che si concretizza poi nella stampa. Da quel punto si passa all’azione costruttiva nella sua totalità: l’ausilio di tre laboratori (al momento) dove operano sapienti tecnici artigiani, mi permette di incarnare l’immagine, sperimentando su materie come resine poliuretaniche, materiali plastici , tessuti, metalli.
In questo momento sto pensando di rispondere alla 3 a domanda a per poi passare immediatamente a svelare la 4a…

Parlando con te mi stupisce quanto tu sia attento alle qualità formali dell’opera d’arte: negli ultimi anni la forma sembra essere stata un po’ accantonata dalla critica a vantaggio dei contenuti concettuali. Tu continui invece a parlare di materia, pulizia, forma, ritmo e colore.
In questi ultimi anni mi sembra ci sia una gran confusione sulla natura del linguaggio dell’arte. Non credo che si possa parlare di vantaggi verso contenuti concettuali ma di un’appropriazione indebita a 360° di un territorio linguistico. L’arte invece di contaminarsi con se stessa, mi riferisco a tutte le sue espressioni (musica, teatro, cinema, architettura), ha spesso preferito prendere altre strade, infarcendosi di pseudoideologie politiche e sociali, troppo spesso con la complicità di musei, istituzioni e gallerie private che assecondano un atteggiamento che punta a banalizzare tutto, facendo emergere sterilità e omologazione, generando un sistema governato da “guru”che operano in tutte le direzioni non lasciando spazio vitale alla liberaGianfranco Grosso. Double Face espressione. Sono caste dittatoriali, “produttrici “ di un pensiero messo all’asta, chissà in quale mercato.
Credo tuttavia che questa situazione caotica debba essere usata come leva che permette di superare l’ostacolo. Scendere nei dettagli farebbe il gioco di quel sistema, significherebbe ricadere all’indietro, mentre io credo di essere già oltre quell’ostacolo e credo che i miei lavori e le mie scelte lo dimostrino ampiamente.
L’unica cosa che pretendo da me stesso è di continuare a parlare solo e sempre la lingua universale dell’arte!

Da ormai molti anni vivi a Venezia, la città della Biennale dalla tradizione luminosissima. Nel ‘900 Venezia è stata una grande capitale della contemporaneità. Come si vive oggi a Venezia?
Sono più di dieci gli anni trascorsi al chiaro di luna !!!
Venezia è una città in moto perpetuo, resta e sarà sempre un epicentro.
Oggi, nell’era tecnologica, è il nonluogo per eccellenza, credo che sia perfetta come condizione mentale per un artista.

a volto copertoElemento ricorrente delle tue opere sono vecchie fotografie. Dove le trovi? Le cerchi avendo già in mente il progetto da realizzare?
Le vecchie immagini sono parte del mio essere nomade e innamorato. Mi aggiro tra mercatini, vecchie soffitte, incontro persone che mi sottopongono materiale da loro custodito. A volte anche per strada incontro segni che prendo a prestito. Nello spazio visivo del lavoro, tutto ciò viene compreso. Nella mente esiste un progetto totale legato alla dimensione dell’essere; singoli aspetti si sviluppano partendo dal luogo del ritrovamento.

I 3 artisti più importanti per la vita di Gianfranco Grosso.
Compito difficilissimo ridurre la storia dell’umanità a tre soli pensatori. Cercando di non “peccare” dico i primitivi di Lescaux , Gesù cristo e Marcel Duchamp.

Etica, verità e storia sono concetti in crisi nell’età contemporanea. Come la vivi questa crisi?
Una cattiva conoscenza e coscienza della storia generano l’inganno.
Trovo suggestivo il motto “in vino veritas”, la verità nascosta nell’obnubilazione.
L’etica è un concetto che in tempi odierni e difficilissimo da affrontare ma forse è anche uno dei veri obiettivi.
Mi chiedevi come vivo?
Campo…

articoli correlati
13 giovani artisti al Candiani
85° collettiva alla Bevilacqua La Masa
la personale di Grosso alla Totem di Venezia

alfredo sigolo


l’exibintervista della prossima settimana sarà dedicata a silvia chiarini
exibinterviste_la giovane arte è un progetto editoriale a cura di paola capata

[exibart]

14 Commenti

  1. Innanzitutto voglio complimentarmi con il giovane artista che sta cercando in modo così audace e convincente di seguire e di trasmettere il suo irreversibile credo nell’arte.
    Affascinante come due discorsi apparentemente indipendenti come questa intervista e la prestigiosa mostra d’arte che sta per essere inaugurata a Venezia coincidono non solo sotto un punto di vista.
    Nel sito della 50. Biennale di arti visive si può leggere che la rassegna di gruppo dedicata agli autori internazionali “Ritardi e Rivoluzioni segue un approccio pittorico, spesso però attraverso opere che tradizionalmente non sarebbero classificate come “pitture”. In questo modo una categoria come la “pittura” (oppure il “cinema”) smette di essere un genere o una tecnica prestabiliti, per indicare invece proliferazioni verso ambiti eterogenei che ricordano il percorso di un labirinto.” Il nomadismo di Grosso della sua ricerca pittorica si ritrova quindi ad essere tanto contemporaneo quanto arcaico. Contemporaneo perché come dimostra la citazione l’indagine sulla pittura attraverso mezzi tecnologici continua ad essere un tema di esplorazione attuale, e arcaico perché il suo far riferimento ai ricordi quasi affondati nell’oblio lega l’arte di Grosso a delle radici che s’inoltrano in terreni che formano la nostra cultura e società.

    Vorrei chiudere la mia lettera con alcune domande all’artista.
    Quanto credi nella traduzione del concetto nell’opera, che importanza dai al caso, al imprevisto, al fallimento, visto che ogni traduzione porta in se sempre una percentuale di tradimento nel senso di esito negativo. Esiste la necessità nella tua arte? Che ruolo dai a te stesso come artista, condizione presupposta dell’opera d’arte, quale significato hanno la risata e la domanda per te?

    Sembra un’altra intervista…

    Grazie dell’attenzione

    d.

  2. Le parole sono molto belle, ma a guardare le immagini pare che i lavori siano di un altro artista.
    “antichi”, romantici. Aleggia un forte senso di già visto, e non di recente.

  3. Gerusalemma,
    Parlare e fare sono la stessa cosa. Cosa credi di aver già visto, forse ti ritrovi confrontata/o con i tuoi propri ricordi rispecchiati dalle opere che stai guardando?

  4. No Asia,
    secondo me nell’andare avanti bisognerebbe avere la forza di scavare il proprio solco, per quanto dura possa essere la terra.
    E’ più facile e viene più naturale incanalarsi nelle strade già tracciate dagli altri: le grandi scuole, la tradizione, il manierismo ti avvicinano alla massa che ha già predigerito il tuo immaginario, lo trova familiare.
    Ma se pensi agli artisti chiave nella storia dell’arte vedrai che a loro modo sono stati tutti dei precursori, dei punti di svolta.
    Parlare e fare non sono la stessa cosa, e il lavoro di Gianfranco lo testimonia.

  5. Gerusalemma,
    Parlare è fare dovuto al fatto che nulla esiste senza la parola. E’ la parola che determina, che definisce e quindi che costruisce dando un nome alle cose. Il fare è parlare in quanto segno/gesto e codice interpretabile grazie ad un contesto culturale che dà significato alle azioni come lo dà alle parole. Il lavoro di Grosso, per quello che ho visto, tematizza proprio questo discorso.
    Usa segni e simboli ben conosciuti della nostra società e le trasforma in qualcosa di nuovo creando un dialogo tra loro e la sua visione del mondo e dell’arte.
    Al mio parere è più facile invece soffermarsi sull’apparenza alimentata da pregiudizi fatti
    da persone che guardano troppo in fretta. Forse per quello le opere di Grosso sembrano
    demodé visto che non si lasciano condizionare dal rapido susseguirsi delle innumerevoli
    mode pseudo-innovative.
    Tutti gli artisti chiave nella storia dell’arte sono cresciuti nell’umiltà che sta nell’ascoltare e studiare i grandi che hanno lasciato il loro segno in tempi precedenti, per di più sono stati spesso derisi o insultati dal pubblico che non era ancora pronto a capire la loro grandezza.
    Comunque sia, a questo punto vorrei ricordare proprio un personaggio chiave della storia dell’umanità, S. Agostino, che diceva: “Un segno è la cosa che di per sé fa venire qualcos’altro in mente.”
    Mi sa che Grosso, provocando un dibattito come il nostro, ha già lasciato un segno, per quanto possa essere piccolo…

  6. Domenico ti sono grato per la tua interessante riflessione,ho avverto”sincerità” in quello che hai espresso.
    Trovare delle persone affini ad un “discorso” (a volte anche difficile da sostenere per i suoi molteplici sviluppi), ti restituisce quella forza interiore e stimolo per continuare a spostare quella sottile e minacciosa linea che ti appare come un orizzonte sempre presente.
    Mi chiedi quanto credo nella traduzione del concetto nell’opera?
    Il concetto nella mia soggettiva ricerca è la matrice primaria,viene applicato e mescolato nella costruzione del lavoro con altri elementi, “cercando nella sua alchimia di non averlo tradito”.
    Il caso… penso che non esiste se viene inteso come imprevisto,si presenta in un momento preciso, magari non escludo che porsi in modo ricettivo attraverso l’ausilio dei sensi,potrebbe avvenire “L’incontro”,da lì…
    Riguardo al mio ruolo di artista penso di assumere semplicemente una condizione intermedia fra l’Arte e l’Opera, in una condizione totalmente azzerata, per restituire all’opera una sua totale libertà espressiva.
    In quanto alla necessità,riconosco un B-SOGNO fondamentale,lo ritrovo nel fare/operare/spostare…
    …G.r.A.z.I.e

    gianfranco grosso

  7. ho visto i tuoi lavori su un catalogo curato da gianluca marziani,o sbaglio?
    comunque sia i tuo lavori sono interessanti.
    cià
    c.

    mess.inviato da ZENIK a gianfranco grosso il 15/07/2002
    ore 12:09:00

  8. Gianfranco, le tue risposte confermano quello che avverto guardando la tua arte.
    Spero che non perda mai di vista quel sottile orizzonte, sempre pronto a portarci lontani in tutti i sensi, e che non ti ferma mai a seguire e a realizzare il tuo B-SOGNO.
    Chi vorrà ti capirà.
    Buona fortuna.
    d.

  9. Cari Domenico/Asia e Gianfranco, scusate la franchezza, ma a farsi le seghe l’un l’altro l’arte non avanzerebbe neanche di un centimetro.
    Che modo assurdo che hai di comportarti Gianfranco, rispondi solo a chi ti elogia e ti accarezza, e non a me che cerco di insinuare dei dubbi nel tuo lavoro.
    Onestamente credo che la mia funzione, in questo caso, sia più costruttiva.
    Come pensi di crescere con il tuo lavoro se ignori le persone che ti fanno notare i tuoi punti deboli?

  10. NO / NELL’ANDARE / SCAVARE /IL/ PROPRIO / SOLCO/ PER/ DURA/ LA/TERRA/E’/VIENE /NATURALE/NELLE/STRADE/TRACCIATE/ GRANDI /TI /AVVICINANO/GIA’ /PREDIGERITO/ IMMAGINARIO/ FAMILIARE/MA/PENSI/ ARTISTI/NELLA/ STORIA/ VEDRAI/LORO/MODO /TUTTI/PRECURSORI/DI/SVOLTA/ FARE/LA/ COSA/DI/GIANFRANCO…

  11. secondo il mi punto di vista Gianfranco ha centrato pienamente il concetto di liberta dell’ espressione artistica.

    saluti E.L.K

  12. Sonno seduta a la costa dil Pacifico ma ci sonno tante cose que il tempo e la distanza non cambianno. Per tutti, scusate il mio italiano, ecco qua il mio messaggio:
    Ogni opera e un specchio dove il osservatore progetta le sue esperienze sulle occhi di gli donne passive que ridonno. Ogni sguardo diventa una tela (canvas) dove si puo formare una memoria e storia o sia individuale o collettiva. Ci sonno tanti domande e une di gli piu interessanti per me e da come essaminare gli opere que sonno fatto da un artista maschile e que spesso hanno “la donna” come il sogetto.
    Chi sonno queste donne que spariscono tra i colori e veli di opacita? ma sempre que mi chiedo questa domanda mi ricordo lo chi ho pensato quando ho visto il laboro di Grosso per la prima volta. Queste donne erano immagine quasi sparite e Grosso come un cacciatore di tesori, gli ha trovatti e gli ha fatto rinasciere. Buon’arte e quella que non ti da tutte le risposte. Le donne di Grosso ridonno, puoi sonno loro chi mantengano i nostri e i suoi segreti per noi a provare a decifrare nei loro occhi.

  13. Quanto romanticismo! C’è ancora gente che crede che l’artista debba soffrire per crescere!
    Al mio parere, più che il dubbio sono le domande che contano, le domande suscitate dalle opere (concordo con Giovanna).
    Per quanto riguarda l’artista invece, non può aver alcun dubbio su quello che fa. Lo esclude l’ontologia del fare che non è altro che prendere una decisione. Nel momento in cui l’artista sceglie di mettere in atto, di tradurre la propria intenzione non esistono piú le categorie del giusto o sbagliato, esiste solo la necessità, l’ossessione come direbbe Szeemann.
    Il punto non sta nella questione se qualcosa è già stato visto o meno – tutti abbiamo già visto mille volte una ruota da bicicletta – ma si pone nel COME viene visto/riproposto. Se non fosse così, nessun poeta potrebbe usare due volte la stessa parola.
    Ed è proprio Grosso ad averlo capito (mi sento di riconfermarlo, anche se non lo conosco nemmeno il nostro artista in discussione, mi basta guardare le sue opere e ascoltare quello che dice). Lui lavora sul rovescio delle cose che trova quotidianamente intorno a se mi pare di capire.
    Un “precursore di svolta”?!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui