20 novembre 2013

Relazioni Reciproche/ Mocellin Pellegrini

 
Relazioni Reciproche/ Mocellin Pellegrini
Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini sono una coppia da tanti anni, non solo nell'arte ma anche nella vita. E la famiglia è, a tutti gli effetti, una componente forte della loro poetica. Ecco la quarta intervista dedicata alle “Relazioni Reciproche” in mostra a Bergamo.

di

Relazioni Reciproche: L’unione fa la forza e il confronto è costante, o ciascuno si prende i propri tempi e le singole personalità si incontrano al momento mettere nero su bianco un lavoro, ciascuno con le proprie idee? Quali sono le dinamiche della vostra creazione?
«Vivendo insieme da quasi 30 anni le nostre personalità si incontrano abbastanza spesso! Discutiamo sempre tanto e non solo su questioni relative al lavoro, ci confrontiamo sul da farsi a proposito di quasi tutti gli aspetti della nostra vita, comprese le mansioni quotidiane, gli aspetti educativi ed affettivi legati alla famiglia, i progetti per il futuro. Il lavoro per noi aderisce molto alla vita e ne influenza l’andamento. Le dinamiche cambiano in base al contesto, e le idee circolano: ogni tanto uno dei due ha una visione e ogni tanto l’altra, poi si discute e i progetti prendono forma. Essenzialmente ci affidiamo molto l’una all’altro e non abbiamo un problema di paternità delle idee, per fortuna!»
Cosa significa essere coppia nell’arte? Avete riscontrato delle difficoltà nella vostra carriera presentandovi in duo?
«Perché mai? Ci sono tanti che lavorano in collaborazione, anzi, ci si dividono i compiti. L’unico problema è che se si vende un lavoro ci mangiamo in due, anzi in tre»
Che lavoro avete scelto di presentare alla Porta di Sant’Agostino, e perché?
«Abbiamo presentato due pezzi che fanno parte di progetti diversi, la fotografia Quella sensazione di eterna felicità che si trova alla fine delle favole senza fine del 2005, che  affronta il tema della relazione di coppia, e il video Generalmente le buone famiglie sono peggiori delle altre del 2010, che da una visione più ampia della relazione, perché affronta il tema della genitorialità, come allargamento della relazione a due e consiste, come molti dei nostri lavori, in una narrazione che nasce da due sguardi separati. Il video, che faceva parte della mostra Messico Famigliare, nasce dall’idea di scrivere una lettera a nostra figlia, che nella prima fase di progettazione del lavoro aveva circa un anno ed era da poco arrivata in Italia dal Vietnam. Il racconto si sviluppa sulla traccia di un testo scritto e attraverso un montaggio di immagini di repertorio che ritraggono la vita delle nostre famiglie a partire dai primi del 900. Con il pretesto di raccontare la storia delle nostre famiglie a nostra figlia, il lavoro offre al pubblico una riflessione,  personale e al tempo stesso duplice, sulla storia del nostro paese. 
Lo scatto invece fa parte dell’installazione permanente Le cose non sono quello che sembrano, di cui l’elemento principale è un’installazione permanente elaborata specificamente per il giardino della Fondazione La Marrana di Monte Marcello. Il progetto affronta il tema della relazione attraverso la metafora dell’incesto e il libro che stiamo leggendo nella fotografia è Ada o ardore di Nabokov, che racconta una storia d’amore incestuosa tra fratello e sorella». 

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