16 giugno 2009

talent hunter Maddalena Fragnito De Giorgio

 
Uno sguardo straordinariamente pungente e lucido sulla politica, sulla cultura e sul sociale. Il punto di partenza è il disegno, ma l'artista al foglio bianco e all'inchiostro nero alterna piccole lastre di ardesia, che “segna” con il gessetto, le “pagine a scorrimento” di un blog e, di recente, installazioni e interventi site specific...

di

Comincerei col curiosare fra i tuoi interessi. Che libri hai letto di recente?
In questo periodo ho letto vari libri di Etgar Keret, geniale e ironico scrittore di Tel Aviv, e riletto alcuni testi di Friedrich Dürrenmatt, come La morte della Pizia. Ora sto leggendo La cerimonia degli addii di Simone de Beauvoir e il carteggio fra Fellini e Simenon.

Che musica ascolti?
Per anni ho “scambiato” tanta musica diversa, accumulando dall’elettronica allo swing. Dopo un periodo d’intossicazione, ho scoperto le web radio che mi hanno permesso di liberare i vecchi hard disk e gli scaffali. Amo la musica d’avanguardia del primo Novecento. In questo preciso momento sto ascoltando Senking.

Quali sono le città in cui vorresti vivere e perché?
Nutro un enorme fascino verso le città dell’Est. Credo sia interessante in questo periodo per un giovane occidentale andare a scoprire le città non “capitali” d’Europa, come Sarajevo, Praga, Budapest, Belgrado e molte altre.

I luoghi che ti hanno particolarmente affascinato?
I luoghi che mi hanno sempre affascinato sono i quartieri bui di ogni grande città. I luoghi che mi affascinano, nel senso che credo sia interessante seguirne lo sviluppo nel prossimo futuro, sono il Medio Oriente e il già citato Est Europa.

Quali sono gli artisti del passato verso cui nutri un particolare interesse?

Mi riferisco sempre a progetti specifici quando parlo di artisti, perché in fin dei conti sono le idee che più mi rimangono impresse. In questo senso quindi Il cane di Goya, Obstruction di Man Ray, Tonsure di Duchamp, Sedia per visite brevi di Bruno Munari, 44 valutazioni di Enzo Mari, Early sunday morning di Hopper, Passaporto di Steinberg, Gemelli di Alighiero e Boetti…
Maddalena Fragnito De Giorgio - di madre in figlia - 2008 - inchiostro su carta - dimensioni variabili
E i giovani artisti a cui ti senti vicina, artisticamente parlando?

Opere di artisti contemporanei che amo molto sono Let’s be honest, the weather helped di Raad, Flirt di Fischli & Weiss, Recession di Dan Perjovschi, CPT di Adrian Paci, Roland Garros di Gianni Motti, All di Cattelan, Paradox of a praxis 1 di Alÿs, Untitled (five shelves) di Whiteread, World Processor di Günther, Le Monde et l’Humanité di Alberola, The chemistry of birth of Jesus di Mäetamm, Suspended Space di Elmgreen & Dragset, Get hold of this di Sarah Lucas, Refuge Wear di Lucy Orta, Incompiuto Siciliano di Alterazioni Video, Memoria Esterna di ZimmerFrei…

Quali sono le mostre che hai visitato di recente che ti hanno particolarmente colpito?
Nell’ultimo periodo Rothko al Palazzo delle Esposizioni di Roma, a Milano Fischli & Weiss a Palazzo Litta, Munari alla Rotonda della Besana, Giacomelli allo Spazio Forma, Guy Bourdin alla Sozzani, Cardazzo al Peggy Guggenheim di Venezia, La parola nell’arte al Mart, a Berlino Kapoor al Deutsche Guggenheim e Rodchenko al Martin-Gropius-Bau.

Hai trascorso un periodo in Spagna, sei tornata in Italia nel 2006 e per un po’ hai lavorato per Fabrica. Che formazione hai?

La mia formazione è pressoché autodidatta, se per questo s’intende seguire con convinzione, al di là di una scuola, una progettualità personale. Ho studiato Scenografia all’Accademia di Brera, in Spagna ho visto e fatto tanto video d’animazione e tornando in Italia, presso Fabrica, ho lavorato nel Dipartimento di Fotografia e per “Colors Magazine”. Il filo conduttore di tutto ciò è sempre stato l’interesse per il concetto e la sua espressione o, meglio, l’idea che dalla contaminazione dei media, qualsiasi strumento dal quale ricevi e con il quale ri-trasmetti, nascono nuovi linguaggi e possibilità comunicative.

Maddalena Fragnito De Giorgio - jobs - 2008 - inchiostro su carta - dimensioni variabiliQuanto la preparazione accademica influenza il processo artistico?
Credo che non siano le strutture bensì le persone che incontri, anche all’interno di un percorso accademico, a influenzare i processi cognitivi e di elaborazione di ciascuno di noi. Per quanto mi riguarda, sono influenzata quotidianamente da quello che vedo sul treno, per strada, su Internet, ovunque percepisco una realtà nuova dalla quale posso trarre “verità parziali momento per momento”, cito Pasolini.

In che cosa consiste il tuo lavoro?
Con una personale sindrome di Diogene colleziono sensazioni percepite, visioni, pensieri e oggetti, annoto concetti, notizie e frasi ascoltate per caso o spiate. Tutto questo entra in una scatola che chiamo inconscio digestivo e lentamente, pezzo per pezzo, ragionamenti compiuti vengono rigettati fuori sotto forma di disegni, oggetti modificati e incrociati o semplicemente un filo conduttore, che poi con il tempo capisco di seguire se accosto due o tre progetti fatti. Le impressioni che assorbo diventano materiale di ricerca che viene tradotto in segno su carta, accompagnato da un testo o da un titolo. Cerco di rappresentare queste mie idee soggette a cambiamenti nel tempo, con disegni modificabili, non indelebili e su supporti transitori. Può succedere, tempo dopo la realizzazione, di cambiare il titolo, il testo o aggiungere un dettaglio decisivo. Da qui nasce il lavoro fatto sulle lavagne che mi sembra restituisca questa idea di fragilità della visione, del continuo processo di elaborazione della testa sulle cose. Il meccanismo è molto semplice; di quello che c’è già, capovolgo un piccolo elemento interno, in modo da destabilizzarne l’equilibrio, cercando un altro baricentro possibile. Il disegno è un punto di partenza, uno stadio nel quale l’idea da esprimere si può fermare o meno. Dal punto di vista procedurale e progettuale l’immediatezza che cerco si esprime bene attraverso lo “scarabocchio”, poi però ci sono delle cose che chiedono di uscire dal foglio e prendono un’altra direzione. Generalmente lascio fare.

Conosci il lavoro della franco-iraniana Marjane Satrapi? Pensi che l’illustrazione in senso più ampio sia un buon canale per sensibilizzare le coscienze?
Un giorno, nella periferia di Bologna, ho incontrato un ragazzo iraniano arrivato in Italia sotto un camion. Mi raccontava di come Marjane Satrapi fosse riuscita, anche se di poco, a semplificare la sua vita visto che si poteva riferire a qualcosa di molto popolare e conosciuto per raccontare e raccontarsi. Ecco il mio pensiero sta proprio qui, nelle piccole cose; credo che qualsiasi denuncia, testimonianza ed espressione in generale, sia fondamentale per tutti noi e, spesso, mi trovo a pensare come questo privilegiato mondo dell’arte, oggi possa pretendere di volare fra quattro mura.

Insieme a Ramon Pezzarini hai un blog che da qualche tempo è ospitato sul sito di Nòva 100. Come è nato e di cosa si tratta?
L’idea di fare un blog d’informazione disegnata nasce nel gennaio del 2008 a Parigi. Il buonPorcogiorno, così si chiama il progetto, tenta di approfondire alcune notizie laterali, che dal nostro punto di vista risultano estremamente indicative del panorama socioculturale in cui ci troviamo. Due esempi semplici fra tutti: le bandierine free tibet made in China e il riscontrato aumento della vendita di armi a privati, nell’America di Obama… Notizie più nascoste che dipendono da notizie di prima pagina e che rappresentano la contraddizione. Su questo ci piace giocare con il disegno mentre la notizia, riportata fedelmente dalla fonte, è accompagnata da alcuni link che permettono di approfondire l’argomento trattato, oltre che leggerlo riportato da altre fonti (anche questo è esilarante). Dopo il primo periodo trascorso su una piattaforma di blog qualsiasi, siamo stati invitati a passare su Nòva 100 (fragnitopezzarini.nova100.ilsole24ore.com), un progetto del Sole 24Ore.

Maddalena Fragnito De Giorgio - think of flying - 2008 - cemento, palloncino ad elio, detriti - cm 100x100x250Che responsabilità ha oggi un artista?
L’artista ha il compito di mettere in luce la contraddizione perenne fra potere, cultura e senso comune e di mostrare quello che non si vede. Ha il difficile compito dell’Ironia, in senso socratico, nel raccontare il mondo che vede perlomeno dal suo punto di vista e l’ancor più difficile compito dell’autoironia, per non raccontarselo davanti allo specchio. L’artista per primo, ma chiunque, ha il dovere di sapere, di scoprire, di cercare sotto la pelle di ciò che vede e di non dimenticare che tutto ciò è un lavoro.

Hai terminato da poco una residenza alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Cosa porti con te di quell’esperienza?
Un po’ come tutte le esperienze fatte restano i momenti indimenticabili e quelli dimenticabili. Da una parte la quantità e la qualità di stimoli nuovi e di cose studiate e scoperte all’interno di uno spazio molto bello dato dalla Fondazione Bevilacqua La Masa, dall’altra, la percezione molto “italica” ma non solo, di una perenne guerra fra poveri generata dalla mancanza di un fine, di un’idea o di un respiro un po’ più universale fra noi giovani. Questo mi annienta.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Continuare la mia piccola ricerca di senso, cercando sempre di scavalcare le barriere imposte di demarcazione sociale, culturale, oltre che espressive e di pensiero. buonPorcogiorno!

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*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 57. Te l’eri perso? Abbonati!

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