29 marzo 2021

Anche il bene è contagioso: intervista a Mariangela Gualtieri

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La poesia, l'arte, il teatro e i cambiamenti: intervista a tutto tondo con una delle voci più importanti della poesia italiana contemporanea: Mariangela Gualtieri

Mariangela Gualtieri © Melina Mulas

Ci sono pezzi che dovrebbero avere un sonoro incluso.
Nei quali la punteggiatura non basta a valorizzare certe pause dense, certi silenzi , spazi vitali necessari per accogliere certe preziose parole.
Quelle che si illuminano, come scriveva Emily Dickinson, nel momento stesso in cui si leggono.
Intervistare Mariangela Gualtieri necessiterebbe far godere delle sue parole come ci arrivassero anche con la voce, con la sua essenziale misura nel porgerle , l’eleganza nei gesti che le accompagnano.
Con la cura, quella che sta per “cuore”, nel donarsi e nel donare a tutti noi bellezza.
Perché lei e la sua poesia sono anche tutto questo.
Inizia cosi, con la delicata cura per ognuna delle sue parole che leggerete, questo dialogo.

Chi è Mariangela Gualtieri oggi e cosa vorrebbe si sapesse di lei?
Se davvero ponessi a me questa domanda e se lo facessi con cura – diversamente sarebbero chiacchiere – ne verrebbe una dissertazione filosofica e infinita. È in fondo la domanda che mi pongo da tutta la vita e la risposta è mutata negli anni a seconda del mio grado di consapevolezza. Lascio volentieri questa domanda a lei. Di me vorrei si conoscessero le poesie, cioè il meglio che io possa condividere, e per il resto la penso come Borges: diventare anonimi è il più alto destino che possa capitare ad un autore, come è stato per Omero e per tanti altri delle cui vite sappiamo poco o niente e che sono diventati patrimonio di tutti.

Mariangela Gualtieri, Biennale Teatro 2020, © Mario Avezzù

Cosa è la poesia oggi e quale la Sua percezione del  bisogno di questa nel momento storico particolarissimo che stiamo attraversando?
Non c’è risposta esauriente, ma forse bisognerebbe mettere insieme tutte le risposte che sono state date dai maestri. Raimundo Panikkar, nella bella introduzione ai Veda dice che i Veda trasmettono un messaggio che potrebbe indurre ad una trasformazione interiore. Parla dei Veda come di una delle più stupende manifestazioni dello Spirito. Ecco, a me piace pensare che la poesia abbia gli stessi poteri delle sacre scritture, e anche quelli delle parole magiche e della musica.

Mariangela quale il valore delle “parole” oggi ? Quell’infinità detta, scritta o letta oggi… 
Credo che il valore della parola sia proporzionale al silenzio che la abita o che si abita. E la poesia è parola che ha al proprio centro il silenzio, parola impastata di silenzio. Le parole per me sono potenze. Purtroppo oggi, nel dominio dell’informazione, esse vengono logorate e svuotate di gran parte dei loro poteri, tranne appunto quello di informare. Dunque il ritorno alla poesia è ritorno al luogo dove le parole vengono in qualche modo ricaricate, ripotenziate, dotate di nuovo della loro ombra, della loro profondità infinita: più sprofondiamo nel loro etimo più veniamo presi da nostalgia di quell’irraggiungibile cui la parola accenna e rimanda.

Cosa è arte per lei? Cosa bellezza?
Potrei dire che l’arte è la mia religione, in quanto ambito nel quale mi è dato di penetrare, attraverso la finitezza dell’opera, l’infinito cui l’opera d’arte, se è tale, rimanda. Le opere d’arte sono finestre nell’esperienza che ci lasciano sbirciare fuori dall’esperienza. L’arte mi è necessaria e molto cara. Ho momenti nei quali con urgenza avverto il bisogno del nutrimento psichico dell’arte, soprattutto di quella del mio tempo. E anche se è davvero difficile orientarsi in questo campo così disturbato dalla circolazione di denaro, dal mercato e dai collezionisti più affaristi che innamorati, ho grandi amori artistici che mi sostengono, mi rallegrano e anche mi inquietano. Sulla bellezza potrei agostinianamente dire che so bene cosa sia ma se me lo si chiede non lo so più. Sono con Anna Maria Ortese quando scrive “la bellezza, cioè la natura”, in quel cioè c’è anche la mia risposta.

Giuramenti, Teatro Valdoca, © Maurizio Bertoni

Come avverte questo “cambiamento” di modi, di gesti, di sentire profondo ? 
Sono stata ben educata ai cambiamenti e in genere li accolgo con curiosità e spirito di avventura. Sono convinta poi che il meglio sia celato, che la bellezza cambi continuamente di posto ma che resti intatta nella sua enorme quantità. Cerco di tenere gli occhi e la mente sgombri e di farmi sorprendere da ciò che cambia. Il tutto scorre, il panta rei di Eraclito è la formula di questo cambiamento incessante, come acqua di fiume sempre mobile, ma fra sponde che restano al loro posto. Soprattutto, rispetto all’umano, non dimentico mai da dove veniamo, l’animale che eravamo e che siamo. Avverto il movimento generale della nostra specie che, malgrado tutto, mi sembra in un moto ascendente. Non dimentico insomma che siamo dentro una grandiosa avventura, non siamo ultimati.

Pensa ancora, come scrisse l’anno scorso nella poesia 9 marzo 2020 ”che “c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano. Forse ci sono doni..” È pensabile ancora che: “Più delicata la nostra mano starà dentro il fare della vita” dopo questo lungo periodo di cambiamento ?
Sì, lo penso, anche se so che questo purtroppo varrà per una minoranza – ma del resto le grandi rivoluzioni partono sempre da minoranze. Per fortuna c’è un contagio anche nel bene. Sento intorno a me molte persone consapevoli, che onestamente e con urgenza sono disposte anche a grandi cambiamenti. Poi molte altre che pensano invece si possa tornare tranquillamente indietro. Ma c’è una nuova consapevolezza, sicuramente, e da questa arriveranno molte belle sorprese.

Parsifal, Teatro Valdoca, © Enrico Fedrigoli

Cosa pensa dei teatri chiusi? Cosa dire ai tanti lavoratori dello spettacolo e dell’Arte in questo momento?
Mi sento in lutto per questa chiusura dei teatri. Noi, con Valdoca, siamo riusciti miracolosamente a portare a termine due residenze produttive. Ci siamo blindati prima in un bellissimo teatrino di Ascoli e qualche mese dopo al Teatro Dimora dell’Arboreto di Mondaino. A me sembrava di far parte di una nuova Carboneria, cioè una piccola comunità che cerca di tenere acceso il fuoco, anche se ora si tratta di un piccolo fuoco. Ma lo sappiamo, basta una candela per vincere un buio immenso. Il debutto della nuova opera, liberamente ispirata alla figura di Pinocchio, è previsto in maggio, a Cesena, in coproduzione con ERT.

I primi di gennaio è stato possibile per una infinità di persone avere l’opportunità di godere dello streaming di un Suo spettacolo attraverso la rete e con un successo incredibile di pubblico.
Ha sorpreso anche me il seguito che ha avuto questo evento on line a pagamento, realizzato da Amat. È stata una sofferenza recitare a teatro vuoto – anche se i teatri vuoti sembrano sempre pieni di presenze che non si vedono, pieni di ascolto. Credo abbia funzionato così tanto perché in fondo si trattava soprattutto di tendere l’orecchio, cioè di un evento soprattutto sonoro nel quale l’occhio aveva una parte minima, e forse ognuno, nel silenzio della propria casa, ha potuto cadere in un ascolto concentrato. Ma per il teatro è fondamentale la presenza, il fronteggiarsi di vivi che agiscono e altri vivi che partecipano come spettatori. A me è apparso più chiaramente in questi mesi di desolazione teatrale, il potere ispirante del pubblico. Il pubblico agisce potentemente, e più è immobile e teso nell’attenzione, più è partecipe. Lo spettatore agisce segretamente ma molto attivamente: questa influenza dell’aura della presenza va del tutto persa nel virtuale. È un po’ come guardare il mare in un monitor: impossibile rendere l’emozione di entrare dentro l’acqua, di galleggiare e nuotare. Il teatro è vivo di quella stessa forza dell’aperto, e sacrifica il meglio se deve accucciarsi dentro uno schermo.

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