22 gennaio 2020

Arte Fiera. Intervista a Simone Menegoi e Gloria Bartoli

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Incontriamo Simone Menegoi e Gloria Bartoli, rispettivamente Direttore e Vicedirettrice della kermesse bolognese, che ci raccontano la loro nuova fiera, tra innovazione e tradizione

Simone Menegoi e Gloria Bartoli
Simone Menegoi e Gloria Bartoli

Il nuovo numero di exibart esce ufficialmente domani, in occasione dell’apertura della 44esima edizione di Arte Fiera, quest’anno per la seconda volta sotto il mandato di Simone Menegoi e Gloria Bartoli. Con i quali abbiamo fatto una chiacchierata senza trucco e omissioni, parlando di competizione e di volontà ancora da confermare… 

Secondo anno alla guida di Arte Fiera, cosa cambia rispetto al 2019?

S.M.: «Più che di cambiamenti parlerei di riconferme e di aggiunte; tante, a partire dalla struttura stessa della Fiera. Alla Main Section torna ad affiancarsi la sezione su invito dedicata alla Fotografia e immagini in movimento, curata dal collettivo Fantom; a questa si aggiungono le sezioni Pittura XXI a cura di Davide Ferri e Focus, dedicata all’arte della prima metà del XX secolo e ai Post-War Masters, quest’anno affidata a Laura Cherubini che propone un approfondimento sul rinnovamento della pittura italiana tra la fine degli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta. Tornano anche i progetti curatoriali speciali come Courtesy Emilia-Romagna, a cura di Eva Brioschi, e Oplà. Performing Activities a cura di Silvia Fanti; e l’intervento site-specific che apre la Fiera e che la collega idealmente alla città, affidato a Eva Marisaldi».

G.B.: «Un’altra novità è l’istituzione di un Comitato consultivo di collezionisti di grande livello che collabora attivamente con noi, consigliandoci sulla scena e sugli attori del mercato dell’arte moderna e contemporanea; cambia poi anche la disposizione della fiera, che si sviluppa in due nuovi padiglioni non più paralleli ma consecutivi, i 18 e 15, con la sezione editoria che abbraccia l’intera Main Section».

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Edizione 2019_Courtesy Arte Fiera

Una grande novità è il ritorno a Bologna di alcuni galleristi la cui mancanza è stata molto significativa nelle edizioni precedenti.

S.M.: «In effetti i ritorni sono molti e graditi, sia per il moderno che per il contemporaneo. C’è ancora tanto lavoro da fare ma quest’anno chiudiamo il bilancio con soddisfazione. Tornano, fra i tanti, Giorgio Persano, Francesco Pantaleone, The Gallery Apart; dopo undici anni di assenza torna la Galleria d’Arte Maggiore. E questo mi inorgoglisce particolarmente: una galleria bolognese, che rappresenta un riferimento per l’opera di Giorgio Morandi a livello mondiale, mancava dalla fiera della sua città da più di un decennio. Ci prendiamo il merito di questo ritorno. D’altronde l’ha dichiarato lo stesso Franco Calarota: “Torno per quei due ragazzi”».

G.B.: « E tra i tanti ritorni c’è anche quello di Giangi Fonti, anch’esso con molta fiducia nei nostri confronti, dato che ha accettato di prendere parte al nostro Comitato di selezione per il contemporaneo, affiancando Federica Schiavo e Fabrizio Padovani. L’altro ingresso nel Comitato, questa volta per il moderno assieme a Stefano Cortesi e Massimo Di Carlo, è Carlo Repetto».

 E dall’estero, che risposte avete avuto?

S.M.: «Pian piano, tornano anche le gallerie straniere. In questa seconda edizione ne contiamo tre – senza considerare quelle italiane con sede all’estero, che sono molte di più – ovvero Richard Saltoun e Arcade da Londra e Bernhard Knaus da Francoforte. È un inizio, timido ma di qualità. Altre gallerie seguiranno, ne sono certo».

Questo riscontro positivo delle gallerie segue a un importante lavoro anche e soprattutto sui collezionisti.

G.B.: «Lo scorso anno ne abbiamo ospitati più di 350. Oggi continuiamo su questa strada con l’introduzione anche della figura di un VIP Manager, ruolo affidato a Costanza Mazzonis di Pralafera».

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Edizione 2019_Courtesy Arte Fiera

I progetti curatoriali sono l’aspetto più evidente di questa nuova direzione di Arte Fiera, in linea con quanto già avviato nelle altre grandi fiere italiane e internazionali. Tra mercato e ricerca, in che direzione sta andando il sistema delle fiere d’arte?

S.M.: «Bologna è sempre stata percepita come una piazza forte per il mercato. Lungi da me l’intenzione di snaturare questa caratteristica, ma, come insegnano i competitors, italiani e non, bisogna rimanere al passo con i tempi. Le sezioni curate sono anche un forte strumento di mercato. Se tutto va bene, diventano a tutti gli effetti delle piccole fiere nella fiera, attirando un collezionismo specializzato nella loro nicchia e incuriosendo un collezionismo generico. E poi ci permettono anche di assottigliare la Main Section, trasformandola in un percorso più snello e di più facile lettura».

 

Hai parlato di competitors. Cosa distingue Arte Fiera da Artissima e MiArt?

 

S.M.: «Arte Fiera deve essere il riferimento per l’arte italiana del XX e del XXI secolo. In questo obiettivo che ci siamo dati, un ruolo fondamentale lo giocano le tante gallerie italiane di provincia (lo dico in senso obiettivo: sono gallerie che si trovano in centri urbani minori) che, se ben indirizzate e in dialogo con la Direzione, possono esprimere standard qualitativi notevoli. Penso, per esempio, a una galleria come ABC – Arte di Genova, che porterà uno stand con Nanni Valentini, Tomas Rajlich e Jerry Zeniuk. E non è secondo mercato: la galleria lavora direttamente con questi artisti (o con i loro eredi, come nel caso di Valentini). Ecco, io vorrei vedere ad Arte Fiera tanti stand così.»

G.B.: «Non sentiamo Artissima come un nostro competitor. Entrambi abbiamo condiviso un percorso che è partito da quella esperienza, Simone come curatore e io all’interno dell’organizzazione della fiera. Bologna è di certo meno sperimentale rispetto a Torino, più attenta ai media tradizionali. Abbiamo recuperato qui un’attenzione per la performance che invece ad Artissima è stata lasciata cadere, ma sempre perché è in linea con la storia e la tradizione locale».

E Milano?

S.M.: «Milano è un discorso più complicato. I punti in comune sono più evidenti; ci smarchiamo sulla questione dell’internazionalità, su cui Milano punta moltissimo e che per noi è subordinata alla volontà di concentrarci sull’Italia. C’è da dire che il contesto conta molto: Milano, ora come ora, non è mai stata così cosmopolita».

Rispetto alla precedente gestione, ci sono evidenti cambiamenti. A partire da una vostra presenza concreta e costante in città, e qui vi si incontra tutto l’anno.

G.B.: «Abbiamo entrambi deciso di trasferirci a Bologna perché era percepibile il gap che si era creato in precedenza tra la fiera e la città. Crediamo sia importante esserci, parlare con la gente e gli addetti ai lavori, capire qual è il loro umore. E per entrambi questo è stato un ritorno, in realtà. Io ho studiato qui, frequentando il GIOCA, Simone, oltre ad aver fatto qui gli studi universitari, è stato curatore per la Banca di Bologna di alcuni tra i più importanti eventi delle precedenti edizioni di ART CITY».

C’è poi l’aspetto della comunicazione, una presenza sui social senza dubbio molto più vistosa.

S.M.: «Eh sì, sul versante della comunicazione c’è stata una rivoluzione! Siamo finalmente attivi 365 giorni l’anno, non solo nei due mesi che precedono la manifestazione. I galleristi sono rimasti più di una volta sorpresi dall’anticipo con cui sono arrivate le informazioni della fiera. E poi ci sono i social, come giustamente notavi. Alla nostra newsletter si affianca la rubrica dell’Osservatorio ideato da Gloria, che nasce da questa nostra volontà di essere presenti sempre sul territorio e in dialogo con il suo sistema. E poi ci sono gli Spotlights su Instagram che documentano i nostri viaggi e i giri per istituzioni e gallerie, in Italia e all’estero.»

Edizione 2019_Courtesy Arte Fiera

E infine, c’è stata una significativa riduzione del numero di artisti presenti per stand.

G.B.: «Dopo lo scorso anno, in cui la nostra scelta di porre un limite agli artisti presenti era stata vista come un’imposizione poco piacevole, quest’anno anche i galleristi più riluttanti hanno compreso che si è trattata di una strategia vincente anche a livello commerciale. È stata una scelta curatoriale di sostegno al mercato che ha dato i suoi frutti innegabili, se vogliamo tornare a sottolineare questa connessione tra mercato e curatela.»

S.M. : «Avere oggi un terzo di gallerie che presentano un solo show è per me un risultato notevolissimo. Alla fine della scorsa edizione c’è stato un sondaggio commissionato da BolognaFiere sulla nuova Direzione e tra le domande una era proprio in merito al limite dato al numero di artisti per stand. Temevo una bacchettata. E invece il 75 per cento dei galleristi, senza distinzione tra storico e contemporaneo, hanno approvato la scelta! È una percentuale rincuorante.»

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