25 giugno 2007

CONTEMPORARY ARCIDUCHESSA

 
Spesso anche nelle cose dell’arte buon sangue non mente. Specie se è blu. Molto blu. Ma rango a parte, l’arciduchessa Francesca von Habsburg (sì, gli Asburgo di scolastica memoria), fondatrice e direttrice a Vienna della fondazione T-B A21, sfoggia un deciso spirito d’impresa e una propensione per gli eventi dal sapore epico. È già leggendario il cargo che la scorsa primavera ha risalito il Danubio dal Mar Nero a Vienna. Provate a indovinare cosa trasportava…

di

T-B A21, una sigla da laboratorio: come si decodifica, cos’è veramente e quando nasce?
T-B A21 è il nome della fondazione che ho creato e che dirigo a Vienna dal 2002. T-B sta per Thyssen-Bornemisza, il nome della mia famiglia d’origine, A21 sta a significare semplicemente Arte del nostro secolo, il Ventunesimo. Per il resto preferisco dire ciò che questa fondazione non è: non è un museo o un’istituzione nel senso classico.

Il nome di famiglia come marchio di garanzia. C’è un legame con la celebre collezione Thyssen-Bornemisza?
No. La collezione appartenuta alla mia famiglia e coltivata per quattro generazioni, e che qualche anno fa è stata trasferita da Lugano a Madrid, ha una sua storia esemplare, ma non ha alcun legame o rapporto con la mia fondazione.

In quanto figlia dei baroni Thyssen-Bornemisza, grandi collezionisti d’arte, sarà stato facile per lei iniziare questa attività…
Essendo cresciuta in un clima di autentica passione per l’arte e gli artisti, era impossibile non subirne le conseguenze. Ma ciò che mi è stato di vero supporto nel progetto della T-B A21 sono stati i miei studi alla St. Martin’s School of Arts e all’Institute of Contemporary Art a Londra. E poi le mie esperienze di curatrice presso istituzioni artistiche internazionali.

Il fatto di essere sposata con Sua Altezza reale e imperiale l’arciduca Karl von Habsburg, l’erede al trono di un impero tramontato nella Francesca von Habsburg - photo Stefan Armbruster storia ma non nel cuore degli austriaci, ha contribuito a farle guadagnare una maggiore attenzione tra il pubblico dell’arte e i media specializzati?
Non posso negare che ci sia stata molta curiosità da parte dei media, anche internazionali, ma il pubblico dell’arte e i canali specializzati non si lasciano certo ammaliare da fattori extra-artistici. Ciò che più conta, in definitiva, è sempre la qualità del lavoro, i programmi, il coraggio di esplorare campi nuovi.

Già, il coraggio. Crede di averne?
Spero di sì, e anzi, per certi aspetti, come per l’arte ad esempio, ne faccio una ragione di vita.

A quali tematiche artistiche si sente più vicina?
L’esperienza che ho fatto con Küba, un progetto complesso e impegnativo, oserei dire proprio “coraggioso”, mi ha arricchito di una nuova visione dell’arte. Si è trattato di un evento che mi ha fatto riflettere profondamente sull’esistenza parallela dell’arte e dei fenomeni sociali, mentali, storici, etici, ecologici. Non è dunque l’arte per l’arte ad interessarmi. Se può essere provocatoria vuol dire che è in grado di provocare reazioni, dunque anche cambiamenti. Il punto è capire come. Non per nulla la fondazione commissiona spesso opere d’arte che indagano il cambiamento. L’arte che mi interessa non è neutrale. È quella che riesce a sfruttare la percezione del mondo esterno per trasformarlo, che è in grado di commutare un’energia negativa in energia positiva.

Effettivamente Küba è stato un evento epico, che con il suo sviluppo temporale e spaziale ha posto realmente in relazione differenti fattori antropologici…
Mi fa piacere che lei lo abbia percepito sotto un’ottica di coinvolgimento globale tra arte e realtà, di evento come avventura. Küba, Journey Against the Current è stato il lungo viaggio di una grande chiatta fluviale che va controcorrente sulle acque navigabili del Danubio, dal Mar Nero a Vienna. Trasportava dei container dove l’artista turco Kutlug Ataman aveva allestito una complessa installazione di quaranta video.

Avevate messo in conto degli imprevisti?
Impossibile non farlo. L’aspetto più significativo voleva essere lo sviluppo di questa navigazione, poiché il Danubio è il mare nostrum dell’Europa Centrale, su cui si affacciano molti stati e molti popoli. Abbiamo fatto scalo in sette città, in ognuna delle quali abbiamo mostrato il nostro carico e allestito mostre con artisti locali selezionati in precedenza. Inoltre abbiamo creato situazioni di incontro e dibattito invitando artisti e intellettuali, a cui si è aggiunta spontaneamente anche la gente comune. Una cosa su tutte mi ha emozionato: lo scambio serrato degli sguardi in un’atmosfera di incantato spaesamento che pian piano si caricava di curiosità.

Küba - Journey Against the CurrentC’è un genere espressivo che predilige all’interno delle arti visive?
Prediligo i progetti sperimentali, gli innesti ibridi, le interconnessioni. La mostra collettiva intitolata This is not for you, in corso nella sede della Fondazione lo scorso inverno, ne è un esempio. Qui siamo partiti dall’idea di scultura mostrando come essa possa generare forme di espressività utilizzando materiali eterogenei e invadendo ambiti sociologici non usuali.

Parlando di sperimentazioni ibride mi viene in mente il progetto che molti considerano uno dei più interessanti realizzati nell’ambito della scorsa Biennale di Venezia, ma che pochi sanno essere un’opera targata T-B A21. Mi riferisco a Your black horizon, un’installazione impalpabile, appena luminescente, ambientata in un bel padiglione di legno allestito sull’isola lagunare di San Lazzaro degli Armeni. Autori, un artista e un architetto: Olafur Eliasson e David Adjaye…
In effetti l’installazione ha avuto il merito di fare da trait d’union per due biennali, quella delle arti visive del 2005 quella di architettura dell’anno successivo. Qui i due ambiti finivano per essere inestricabilmente connessi e pertanto solo poco tempo fa è stata smontata, ma sarà presto rimontata in un’isola della costa Dalmata. Da isola a isola: una collocazione ideale, credo, poiché l’opera, che consiste in una sottilissima linea continua di luce, variabile in intensità lungo il perimetro di uno ieratico spazio chiuso, buio, totalmente vuoto, giocando tra percezione e immaginazione, evoca innanzitutto un crepuscolare orizzonte marino.

Come seleziona i progetti, gli artisti, i collaboratori?
Beh, devo dire che le idee non nascono solo da Francesca. La fondazione è piuttosto un istituto di ricerca per l’arte, quindi ha tantissimi amici, curatori, artisti, filosofi, in tutto il mondo con i quali è in regolare contatto. Costoro formano il comitato consultivo, mentre nella sede viennese siamo in sette. Come organizzazione la T-B A21 è ancora molto giovane, ma vorremmo aprire nuovi spazi satellite in altri Paesi. Stanno già partendo progetti in Brasile e Islanda.

Con iniziative artistiche di così grande impegno, come si finanzia la T-B A21?
È facile: la fondazione compra arte, commissiona nuovi progetti. Il nostro impegno si concentra sul contenuto più che sulla presentazione al pubblico. Per le mostre infatti usufruiamo di supporti pubblici insieme a sponsor e partner privati, noi interveniamo nella misura di un terzo.
Live Performance: Chicks on Speed, Douglas Gordon & Christopher Just - ART RULES!
Ha rapporti di scambio con altre istituzioni pubbliche o private?
Non vendiamo niente, ma facciamo prestiti, anche a lungo termine.

C’è spazio per giovani artisti alle prime esperienze?
C’è grande entusiasmo nel lavorare con giovani artisti, loro sono il futuro. È evidente quindi che lavoriamo con i giovani. C’è da dire però che raramente giovani alle prime esperienze presentano idee ben definite. Dovrebbero imparare fin da subito a formulare in modo chiaro le loro proposte.

Per concludere facciamo un passo indietro. Prendiamo Küba e Your black horizon: sono realizzazioni emblematiche perché in entrambe vi aleggia il senso epico di una spazialità a perdita d’occhio, di un andare verso o di un provenire da… È molto suggestiva questa tematica. C’è qualcosa della sua personalità che vi si rispecchia?
Sì! Cerco sempre l’orizzonte. Per poi tornare. Vado in tutte le direzioni: sono molto curiosa, ho bisogno di fare le mie esperienze, mi entusiasmo, voglio io stessa imparare. Sto per fare un viaggio in India per incontrare molti artisti. Sono sicura che questa avventura contribuirà ad un nuovo prossimo progetto, magari sul tema dell’etnografia e del folclore.

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Your black horizon

franco veremondi

*foto in alto: Your black horizon Art Pavilion di Olafur Eliasson e David Adjaye


T-B A21 – (Thyssen-Bornemisza Art Contemporary)
1010 Vienna, Himmelpfortgasse 13 – metro: Stephansplatz
Info: tel. +43 1 513 9856, fax +43 1 513 9856 22
office@TBA21.orgwww.TBA21.org


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