22 aprile 2004

Elio Fiorucci Therapy

 
Dopo il successo di Barcellona, si è inaugurata al Teatro dal Verme di Milano una mostra dedicata ai poster più belli di un milanese eccellente. E’ lui che ha distrutto la moda e da anni prescrive a tutti la sua personalissima Love Therapy. Un gigante dell’immagine e dell’immaginario che si è raccontato in questa intervista. Signore e signori Elio Fiorucci!

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Siamo in un momento per certi versi straordinario dove con pochi euro si possono acquistare biglietti aerei e andare ovunque. Lei che ha sempre viaggiato molto, ma che poi è sempre tornato qui nella sua Milano, cosa crede che manchi a questo paese?
Diciamo che come tutte le altre città Milano ha dei pro e dei contro. Evidentemente uno nascendo in un posto è legato alla sua città, subisce l’imprinting dei primi anni, la famiglia… Poi se uno dovesse pensare a dove vivere ci sono molti posti. Credo però che l’uomo non è così libero di scegliere dove abitare…

Come vede tutto questo proliferare di mostre d’arte contemporanea, eventi istituzionali e di fiere?
Devo dire che a me tutto questo fa piacere perché ho iniziato a viaggiare proprio per vedere, per conoscere. Oggi grazie ai mezzi di comunicazioni più semplici, alla possibilità come di muoversi è qualcosa che deve succedere perché sta nei bisogni della gente. L’arte è una delle espressioni più importanti ed io credo che il “viaggio” è anche quello che uno compie in una mostra.

Lei frequenta le gallerie, i musei… va alle inaugurazioni?
Sì, di solito ci vado, anche quando sono all’estero. Perché le mostre sono sempre dei luoghi dove avverto una creatività, una vita, una volontà di comunicare che è forse quello che cerchiamo inconsciamente. Cerchiamo l’altro, gli altri. Le trovi dentro certi momenti certe situazioni. Se hai sensibilità avverti che ci sono delle pulsioni interessanti in questi eventi.

Tra i suoi poster in mostra al Teatro del Verme ho visto un Flyer per un festa d’anniversario di Fiorucci. L’indirizzo era quello dell’ormai mitologico Club54 di New York. Era il 1983, tra i partecipanti anche Andy Warhol e Madonna. E’ concluso quel periodo così ricco e creativo?Elio Fiorucci - Mary
Si è concluso quel periodo, ma ne nascono altri, quello è stato un periodo straordinario. Credo che Londra negli anni ‘60 sia stato un luogo interessante, poi c’è stata New York negli anni ’70 e ‘80 sia stata interessante, perché la sono avvenute cose che hanno segnato il tempo. C’era una nuova musica, un modo di vivere… insomma non c’era un cambio di moda, c’era un cambio di vita. Allora essere lì in quel momento ti dava un’emozione straordinaria, sentivi che esisteva il cambiamento, c’era un progetto inconscio ma fortissimo. Quello di cambiare.

Crede che esista ancora uno scambio così forte tra arte e moda?
Sempre di più! Direi che allora eravamo agli inizi, alla soglia del cambiamento, ora siamo al centro del cambiamento. Voglio dire: l’arte, il design, la moda, la vita, il cibo cioè tutto quello che è proprio del comportamento dell’uomo si sta sempre più sovrapponendo. Il progetto dell’uomo si sta sviluppando in un modo straordinario.

Chi sta lavorando meglio in questo rapporto tra arte e moda?
Ormai c’è una tale parcellizzazione di attività, nel senso che abbiamo i grandi magazzini che stanno creando e distribuendo la moda a prezzi bassissimi nella maggior parte di tutti i paesi, in modo straordinario: HM, GAP, Zara… Poi ci sono i grandi stilisti che stanno aprendo negozi-museo in tutte le grandi città. Poi esistono i piccoli stilisti e creativi che sono nati da poco che non hanno delle strutture ma che riescono benissimo a vendere e a farlo velocemente. Pertanto si sta creando una rete, una griglia sulla quale si trovano tutti, piccoli, grandi medi, con differenti personalità. La moda sta diventando la scrittura dei nostri tempi.

Un po’ come anni fa lo è stato il cinema?
Esattamente, ma in modo più intimo, ognuno può rappresentarsi ed esprimere la propria vita, la proprie emozioni.

elio fiorucci - nataleLei parla di“sensorialità” osservando il suo lavoro, i suoi oggetti e i suoi poster. mi Il termine si sovrappone spesso all’idea di divertimento?
La sensorialità è la realtà nostra, poi c’è la virtualità che pur essendo una psicoprotesi, cioè permette un maggior spazio per l’immaginazione, ci toglie però altre sensazioni gli odori, i sapori, il tatto. Io parlo di sensi, La massima emozione la ottieni quando hai tutti i sensi coinvolti.

Pensa che ci sia posto nell’arte contemporanea per il divertimento, O sono altri i campi della creatività che si occupano di questo aspetto della vita? Ad esempio la moda…
Ognuno ha il proprio progetto. Io ad esempio penso di essere nato con un progetto d’amore. Per me il piacere, la comunione con gli atri, il divertimento, la gioia e l’ironia, è fondamentale. Ho un grande senso di riconoscenza per tutti i miliardi di persone che sono nate prima di noi e che ci hanno regalato tutto ciò che oggi possediamo. Per esempio tutte queste tecnologie che stiamo utilizzando, sono state originate da ricerche, studi che sono stati fatti da uomini già scomparsi e che ci hanno lasciato in regalo, in eredità la possibilità di vivere una vita diversa. Poche volte gli uomini si soffermano a pensare e a ringraziare questo processo evolutivo che ha permesso a tutti noi di vivere una vita migliore proprio grazie a questi mezzi. Quando oggi uso internet o il telefonino sento di godere di un regalo che quasi non merito. Molta gente invece si lamenta perché crede che qualcuno gli ha sottratto tutto. Invece è il contrario, io credo che qualcuno mi ha regalato tutto. Il telefonino salva la vita, ti da emozioni, ti arricchisce, ti permette di parlare con le tue persone care che sono lontane. E’ una magia alla quale ci dobbiamo inchinare, e qualcuno fa finta di essere annoiato perché è disturbato al ristorante… Io mi arrabbio con queste persone perché non capiscono e non vogliono la gioia degli altri ma solo il malessere. C’è un modo di guardare il mondo che fa la differenza.

elio fiorucci - ritrattobio
Nasce a Milano il 10 giugno del 1935, è uno stilista, talent scout, imprenditore e comunicatore. Ha aperto il suo primo store a Milano nel 1967, mostrando ai milanesi le ultime novità di Carnaby Street e Manhattan. Il negozio fu inaugurato da Adriano Celentano e nel 1970 disegna con Italo Lupi il suo celebre logo con gli angioletti vittoriani. Da negoziante inizia una distribuzione mondiale, in Europa, Sud America e Giappone.

riccardo conti


fino al 30.04.2004 Teatro Dal Verme
dalverme@dalverme.org
www.dalverme.org 
Via San Giovanni sul Muro, 2 – Milano
dal Lunedi al Venerdi 10 alle 17
ingresso libero


[exibart]

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