11 ottobre 2010

I MURI COME TELE

 
Li si potrebbe chiamare “intellingent graffiti”. Un’arte propriamente detta, che dista anni luce dalle dichiarazioni d’amore sgrammaticate e dagli insulti fra tifoserie. Se poi c’è di mezzo un trasparente liquido alcolico, allora la faccenda si fa interessante...

di

C’è pubblicità e pubblicità. Così, dopo i poster e le
cartoline di Andy Warhol e i gli spot di Schifano, Absolut prosegue sulla scia del wallpaper, mezzo murale
e mezzo
cartellone pubblicitario, chiedendo a Ron English (Dallas, 1966) di interpretare due
spazi diversi e lontani. Colonne di San Lorenzo, Milano: da sempre ritrovo per
la alt-culture modaiola,
la giovane e composta disobbedienza borghese indecisa tra shopping e
punkabbestia. Ex Mattatoio di Testaccio, Roma: re-inventato e re-impostato come
casa delle arti dopo l’apertura del Macro e poi con la Pelanda, brillante
salotto dell’arte contemporanea nella capitale.

English, fedele a un percorso che lo colloca con coerenza,
e senza imbarazzi, nella Pop Art e nella Street Art, sfodera una sua rilettura
del Guernica e
del ritratto che Warhol dedicò, alla sua maniera, a Elvis.

Hai scelto due nuove icone pop, ma non due vere e
proprie icone contemporanee. Guernica
ha 73 anni; Elvis, se fosse vivo – lo è,
forse?! – ne avrebbe 75. Credi davvero che il loro impatto visivo possa
rappresentare un messaggio universale anche nel XXI secolo? Voglio dire: i
giovani d’oggi hanno visto gli snuff movie
e i prigionieri di guerra
americani giustiziati dai terroristi su youtube; sono passati attraverso Kurt
Cobain e Marylin Manson. Come possono sentirsi vicini a questo
Picasso e a questo Elvis stile Warhol?

La maggior parte dei giovani non ha esperienza diretta di
queste persone o di questi fatti, ma ce l’ha solo come figure iconiche,
concetti e immaginario di una mitologia moderna che è presentata loro in forma
di sovraesposto intrattenimento
commerciale. Sto cercando di aggiungere un’altra prospettiva e un altro livello
di comprensione ai nostri comuni termini di paragone culturale. Così, per
quanto concerne queste icone contemporanee, lavoro con loro ma in modo diverso
rispetto ai miei riferimenti a Elvis e Picasso; perché io sono al tempo stesso
un loro contemporaneo e un loro collaboratore. Capita così che alcune delle mie
stesse immagini siano diventate icone. È un discorso che prosegue.

In passato hai dichiarato: “Guardo fuori dalla
finestra e non riesco più a vedere le montagne, ma solo cartelloni pubblicitari
”. Osservazione che trovo molto
simile a una di Roy Lichtenstein: “Quando attraversi la città riesci a vedere
giusto cartelli pubblicitari. È questa la maggior parte del paesaggio americano
”. Considerando che anche tu,
proprio come Lichtenstein, lavori con un occhio ben presente ai riferimenti del
classico – penso ai suoi omaggi a Picasso, Monet, Mondrian o al Futurismo – mi
chiedo quanto tu possa ritenerlo una fonte di ispirazione.

Gli artisti hanno da sempre dialogato con i loro
predecessori attraverso la storia dell’arte. Di nuovo, nella creazione
dell’arte visuale c’è il processo accelerato di libera associazione tra repertorio
delle immagini e idee. Il modo in cui creo opere visive non è scollegato dal
modo in cui i miei contemporanei, nell’universo della musica, costruiscono
nuovo materiale usando sample di lavori già esistenti.

Com’è cominciato il tuo progetto di wallpaper? Ti sei
concentrato solo sul messaggio che intendevi dare o hai cercato di relazionarti
con il contesto? Ti senti del tutto soddisfatto del risultato finale o hai
dovuto misurarti con un processo di mediazione con la committenza e con le città
che hanno accolto il tuo lavoro?

Ero profondamente cosciente della potenza storica delle location
e volevo
integrarmi con loro il più concettualmente e visivamente possibile. Certamente
sono stati necessari compromessi in entrambi i sensi, che sono emersi però più
come forme di collaborazione che di conflitto. Alla fine posso dirmi più che
soddisfatto: del lavoro e dell’esperienza.

Che tipo di relazione hai avuto con Roma e Milano? Hai vissuto
in queste città o le hai solo visitate? Consideri i tuoi wallpaper come una fusione “a caldo” o “a
freddo”con il paesaggio urbano? Si è detto che il tuo intervento ha avuto il
merito di dare nuovo valore a spazi degradati: non so dirti di Roma, ma sono
convinto che le Colonne di San Lorenzo a Milano possano dirsi tutto meno che uno
spazio degradato! Credi che un cambiamento di orizzonte, in questo senso, possa
cambiare la portata sociale e l’importanza del tuo lavoro?

Entrambe le città sono posti di cui ho avuto esperienza
diverse volte come turista; provo orgoglio ma avverto anche il peso della
responsabilità per aver ricevuto l’opportunità di viverle come qualcuno che
contribuisce alla loro cultura. Non ho assolutamente percepito alcuna delle location
come uno spazio degradato, semmai proprio il contrario. Il murale di Roma è stato creato
all’ingresso del Macro Future, uno dei musei d’arte contemporanea più
importanti al mondo.

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[exibart]

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