28 aprile 2020

Idee per il futuro #4. Parlano gli artisti: Jacopo Miliani

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Continua la nostra rubrica che dà la parola agli artisti, per immaginare, insieme, nuove idee per il futuro, dopo il Covid-19: oggi è la volta di Jacopo Miliani

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Photo : Sara Scanderebech

Idee per il futuro è la nuova rubrica di exibart, per dare la parola agli artisti e immaginare, insieme, nuove idee per il futuro, oltre che per provare a capire come realizzarlo, dopo l’emergenza Covid-19: l’appuntamento di oggi è con Jacopo Miliani.

La biografia di Jacopo Miliani

Jacopo Miliani è un artista visivo che vive e lavora a Milano. La sua pratica guarda alla performance come metodologia di ricerca al fine di osservare le connessioni tra linguaggio e corpo. E’ fondatore del progetto editoriale indipendente Self Pleasure Publishing cha ha un focus sulla sessualità e il linguaggio. Docente all’Accademia di Belle Arti di Verona. Ha collaborato con diversi performers tra cui Jacopo Jenna, Annamaria Ajmone, Sara Leghissa, Antonio Torres, divaD, Benjamin Milan, Mathieu LaDurée, Eve Stainton. I suoi progetti a carattere interisciplinare hanno visto la partecipazione del regista Dario Argento, i designers Boboutic, il produttore musicale Jean–Louis Hutha e la semiotica Sara Giannini.

Idee per il futuro: la parola agli artisti

Tre cose che chiederesti per far fronte al futuro, come professionista dell’arte (Denaro? Possibilità di esporre? Studio gratuito? Minori imposte sulla Partita Iva? Abbassamento dell’IVA per chi decide di investire in arte? Creazione di un sindacato?…)

«Ambito fiscale: Minori imposte per le partite IVA e semplificazione della dichiarazione dei redditi, al fine di non prevedere l’intermediazione di altri. Cessazione degli ISA per le partite IVA (indici di affabilità fiscale) per tutto il settore artistico.
Ambito formazione e lavoro: inserimento di un corso di economia e diritto dell’arte all’interno di ogni Accademia di Belle Arti.
Creazione di un sindacato del settore e un sistema di remunerazione standard da rispettare

Durante questi giorni è nato Art Workers Italia. AWI è un gruppo informale di lavoratrici e lavoratori delle arti contemporanee formatosi nel contesto dell’attuale crisi dovuta alla pandemia di Covid-19. Io vi sto partecipando. E’ importante fare rete. Si stanno studiando molti modelli esteri: l’Italia sembra essere uno dei pochi paesi che non ha un sindacato o un associazione di rappresentanza della categoria. Stiamo sviluppando rapporti con realtà come ACTA e SMART per una maggiore consapevolezza delle istanze giuridico e fiscali che riguardano la figura del professionista dell’ arte. Stiamo cercando di formulare una tabella sugli standard di remunerazione al fine che non ci venga più proposto di lavorare gratuitamente o con budget simbolici. L’idea è infatti anche quella di lavorare a lungo termine, visto che eravamo in stato di emergenza da molto tempo».

Ci puoi dire un motivo per cui, secondo te, ancora oggi in Italia si fatica a riconoscere i diritti degli artisti come categoria professionale?

«Anche qui vado su tre punti.
Retorica collegata al linguaggio dell’arte che porta al fatto che molte persone si sentono delle artiste e degli artisti. Ne consegue che non tutte pretendono una giusta remunerazione.
Individualismo.
Mancata consapevolezza di cosa vuol dire essere un artista e quali sono i diritti e i doveri di tale categoria».

Parliamo dei danni, oltre a quelli morali. A che progetti stavi lavorando prima di questo isolamento, ma soprattutto prevedi che si concretizzeranno o dovranno essere abbandonati?

«Alcuni progetti non verranno realizzati, per il momento credo che su 5 progetti a cui stavo lavorando tre saranno annullati. Considero un danno economico personale che nell’immediato del 2020 si potrebbe aggirare tra 15mila e 20mila euro».

 

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