06 gennaio 2015

In memoria di Elisabetta

 
Stavolta sono loro a farle il ritratto. Massimo Minini e Pio Monti ricordano Elisabetta Catalano. La fotografa degli artisti e degli intellettuali italiani scomparsa due giorni fa a Roma

di

Scriverlo così, di getto e di brutto: non so cosa verrà. Difficile, banale, impossibile, assurdo, come ci ha poeticamente raccontato Cesare Pavese: “Questa morte che ci accompagna, dal mattino alla sera insonne, sorda come un vecchio rimorso, o un vizio assurdo.”
Vizio per chi la medita continuamente, assurda per chi la subisce, per gli amici che non credono agli SMS, ai WhatsApp, al tam tam moderno che conferma, senza scampo, che Lei non è più tra noi e non potremo più sentirla lamentarsi per l’ingovernabilità del suo mitico studio, che dagli agi di Santi Apostoli s’era ritrovato nelle ristrettezze del Monte dei Cenci, quella che solo a Roma, città di sette presunti colli, può essere presa per una salita, tanto da chiamarla “monte”.
Michelangelo e Maria Pistoletto, Vettor e Mimma Pisani, 1973, ph. Elisabetta Catalano

Elisabetta in fondo il suo lavoro lo aveva finito con la scomparsa di Fellini, Pasolini, Moravia, Schifano, Titina, Angeli, Festa…Una generazione inimitabile, irripetibile, che manca all’Italia, ormai orfana di tutti loro, così come di Gino [De Dominicis, n.d.r.], Pascali, Boetti, Merz, Fabro.
Pierpaolo Pasolini e Laura Betti, photo Elisabetta Catalano

Una nazione con pochi Santi e navigatori, ma tanti artisti, registi, scrittori, attori, musicisti, architetti: gli anni del miracolo economico e della vita dolce, di Cinecittà e via Veneto, di Albertone e Silvana Mangano.
Non c’erano più Re o Regine nel bestiario umano di Elisabetta, alcuni politici, anche molto in contraddizione l’un l’altro (Pertini, Andreotti), che erano invece numerosi negli album di Ghitta Carrell, lei che a Roma, erede di Eva Barrett, idealmente aveva preceduto Catalano nell’Olimpo della fotografia.
Queste tre regine del ritratto si stagliano ormai, con la scomparsa della nostra amica, nell’Olimpo della fotografia del XX secolo, ognuna con la propria cifra, forse ancora difficile da definire.
Una fotografa liberty, Eva Barrett, dai piccoli formati, con immagini molto lavorate a mano, a matita, una post-produzione manuale tipica dell’epoca.
Ghitta Carrell arriva poco dopo e porta un diverso punto di vista: una correzione sulle lastre, uno sfumato, una tecnica, una lettura del soggetto che le porterà lodi da una difficile a lasciarsi andare: Susanne Sontag.
Tra Ghitta ed Elisabetta c’è la seconda guerra, non uno scherzo. Il mondo è cambiato ad una velocità supersonica, gli aerei hanno sfondato la barriera del suono, le macchine fotografiche sono diventate piccole, reflex, TTL, ma non siamo ancora al digitale quando Catalano inizia, ma lo si avverte nell’aria.
Lei nasce con l’analogico, ma non gli è caparbiamente attaccata come altri, e quando arriverà il digitale non ne farà un dramma.
Massimo Minini, photo by Elisabetta Catalano

Piuttosto sarà molto attenta ai grigi, ai contrasti, alla morbidezza della stampa.
Ancora più attenta all’espressione,  («e dài! non fare così! ma non vedi che occhi fai?« eh già, come faccio a vedere che occhi faccio?»  «E dài, via quella mano! Più morbido, più naturale… ecco, si, così, dài, dài, continua, perfetto! fermo un secondo. Si,si eccoti, questa volta ci siamo).
Fotografia al femminile dunque, fotografa di studio, di luci, Elisabetta proietta sul soggetto – lo dico per esperienza diretta – il fascino, la complicità e l’aggressione di chi ha il coltello dalla parte del manico.
E tu che te ne stai appollaiato su un trespolo o su una sedia, che fai gli occhi di triglia tanto da farla sbottare, che cerchi di essere te stesso o magari di migliorare la tua prestazione, ti senti come un insetto studiato da un entomologo, un topo artigliato da un gatto, un zebù inseguito da una tigre.
Perché Elisabetta della tigre aveva (ahimè, torno al passato), i modi felpati, quando impugnava il tele e te lo sparava addosso, dando ordini come sicuramente faceva Luxardo ai suoi tempi, o forse come Fellini sul set.
Tout se tient, cara Elisabetta. Poi ad un certo punto pum! Rien ne va plus, les jeux sont faits.
Massimo Minini, 
Lunedì 5 Gennaio 2015
Gino De Doninicis, 1973, foto Elisabetta Catalano

Alla Luce di Elisabetta Catalano
di Pio Monti
Cara Elisabetta,
“Ogni sera con Elisabetta” (la mostra che ti dedicai nel 2009), ma anche “ogni giorno bellezza in bicicletta” che mi regalavi un curioso e affettuoso affaccio, passando davanti alla mia galleria in Piazza Mattei a Roma.
Il ritratto che mi hai fatto con Laura Cherubini seduta sopra le mie gambe riesce ancora a erotizzarmi. Ad una cena a casa tua con Inge Feltrinelli ci hai meravigliato mostrandoci i tuoi scatti più belli, con il tuo Aldo mai stanco sempre al tuo fianco…e che fascino lo stand a te dedicato all’Arte Fiera di Bologna nel 2010! Tutto in bianco e nero, come le foto esposte di Emilio Prini, Gino De Dominicis, Maurizio Mochetti, Teresa Iaria, Vettor Pisani, Bruna Esposito, Michelangelo Pistoletto, H.H.Lim, Ettore Spalletti, Enzo Cucchi, Jannis Kounellis e Alfredo Pirri.
Emilio Prini, 2009, foto Elisabetta Catalano

Non ricordo quando ti ho conosciuto, sei tra le persone che conosco da sempre. Ricordo i tuoi bellissimi occhi indagatori, lo sguardo curioso sulle persone e sul mondo, la dolcezza velata dalla bellezza ed eleganza algida. Ti ricordo circondata dalla tua famiglia, gli amici dell’arte e del cinema, gli intellettuali di cui amavi l’abbraccio. E che cene!
Ricordo la tenerezza che si rivelava con un sorriso e la tua intelligenza colta. Una vera Donna. Non una testimone, una protagonista. 
Ricordo le mattine, i pomeriggi, le sere e le notti passate insieme. Diciannove intere giornate. Diciannove inaugurazioni per diciannove artisti. Questo è stato “Ogni sera con Elisabetta”, una vita trascorsa col tuo sguardo guizzante e la conversazione seducente. Che ragazzo fortunato!
Aspettando una fotografia dal tuo cielo infinito,
tuo Pio
* I funerali di Elisabetta Catalano si svolgeranno giovedì 8 gennaio alle ore 12 alla Chiesa di Santa Maria in Campitelli, piazza Campitelli, Roma

1 commento

  1. Mirta Losurdo
    Pescara
    koire@hotmail.com

    Una grande fotografa ed una grande Donna, nobilissima, direi doverosa l’idea di ricordarLa. Va detto che se il piccolo pezzo di Pio Monti è nelle corde del personaggio che conosciamo, il pezzo di Minnini non è un ricordo, ma un saggio mancato. E per di più in direzione totalmente errata: la fedeltà alla nudità analogica di Elisabetta era il suo punto di forza. E lo si vede proprio con la foto del suddetto, che appare nient’altro che se stesso.E i confronti….impietosi per chi li fa. Insomma, è come se morta Oriana Fallaci, uno scrivesse un saggio su Lilli Gruber!!!

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