24 aprile 2006

Lady Performance

 
Inossidabile Marina. All’Hangar Bicocca, nuovo santuario dell’arte internazionale, è in corso la mostra della Abramović. Che ha presentato la grande video installazione Balcan Erotic Epic. L’abbiamo incontrata. Per parlare di sesso e spiritualità, corpi e natura, tradizioni e modernità. E di un’arte costruita su idee spaventose...

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Dopo le “cattedrali dell’arte”, di cui Bilbao rappresenta l’apogeo attorno al quale si ridefinisce l’identità di un’intera città, potrebbe esser giunta l’ora dei “santuari dell’arte”. Mete di pellegrinaggi d’arte diretti ai margini della città, nuovi centri di gravità di un sistema ipertrofico cui inizia a mancare lo spazio. L’Hangar Bicocca ne è il nuovo prototipo, dopo Biennali e Fiere più assimilabili a grandi riti di massa. Questa Bicocca però è zona non protetta: buia, fredda, umida e drasticamente elementare. Francescana. Le forze primigenie della produzione industriale aleggiano ancora nell’atmosfera pallida, che illumina come in un sogno apocalittico le torri di Anselm Kiefer.
Qui incontriamo Marina Abramović, madre serba di tutte le artiste performative, giunta fin qui per dirci che la rappresentazione dello spirituale è (ancora) possibile e che l’immagine in movimento è capace di catturare, a suo modo, quel rapporto viscerale, mistico e sensuale che intercorre tra il corpo e lo spirito. Forse, la fissità luttuosa dei suoi scolari sdraiati in terra a formare la “stella del risentimento” sono subliminalmente vicini alle masse inermi di uno Spencer Tunick, mentre i prepuzi contadini di Balcan Erotic Epic, suo lavoro in prima mondiale, paiono omaggio al Mapplethorpe più acuto in salsa Beecroft e il trittico di Balcan Baroque condivide certi invaghimenti pittorici di Bill Viola. Nel gigantismo della nostra epoca Marina si abbandona alla proiezione megascopica del suo e degli altrui corpi, a tratti con esiti propagandistici o fideistici. Corpi fuori misura colti da prospettive oblique proliferano come sacre reliquie di una contemporaneità che è già leggenda, di una storia e di un’arte che non verranno “giudicate”. Siamo oltre Disney World, siamo nella zona d’ombra dove tutto è possibile. Dove l’arte, multiforme gioia, ancora una volta stupisce se stessa. E noi, a guardare.
Marina Abramovic, Nude with Skeleton
Finalmente, di nuovo in Italia…
Eccome. Dopo la Biennale di Venezia del 1997 questa è la mia mostra più importante qui.

E ci sono altri primati…
Balcan Erotic Epic, che presento in prima mondiale e che vedo interamente per la prima volta, è il primo lavoro che dedico alla Jugoslavia. Ho lasciato il mio Paese per andare nelle parti più remote del mondo, come l’Australia, l’India o il Tibet. È stato utile, perché da quella distanza si vedono le cose in modo più coinvolto. Anche se, pur lavorando sui Balcani, mi interessa cogliere un’atmosfera universale.

Come si sta nell’Hangar della Bicocca?
Spesso gli artisti non hanno abbastanza spazio per esprimersi. Alla Bicocca se ne ha più che a sufficienza.

E il rapporto con le grandi torri di Kiefer?
Non si può sfuggirgli, quindi ho deciso di conversare a distanza con una separazione degli spazi.

Cosa rappresenta per lei Balcan Erotic Epic?
L’occasione per riflettere sull’erotismo. In questa installazione video assumo il ruolo di professoressa e spiego gli antichi rituali che usavano gli organi sessuali come strumento di potere e di comunicazione.Uno dei video di Balkan Erotic Epic

Da dove nasce questo progetto?
La Destricted mi aveva invitato a fare un film con gli attori del porno. L’erotismo è un tema su cui ho sempre riflettuto, ma non è facile trasformare il porno in arte. Ci ho pensato un anno e alla fine ho scelto di guardare alla mia cultura, che è pagana in questo senso. In Jugoslavia il sesso è qualcosa di molto esplicito e volevo capire perché. Sono andata nelle biblioteche a studiare i libri dei secoli precedenti dedicati al tema e ho scoperto l’esistenza di un’enorme quantità di riti pagani legati alla sessualità e al mondo contadino.

Cercava una concezione diversa della sessualità?
In passato gli organi sessuali erano usati come strumenti per scacciare le forze maligne, per effettuare guarigioni, per creare pozioni magiche o rendere fertile la terra. Ben diverso dalla banalizzazione attuale dell’erotismo, specialmente femminile, dei mezzi di comunicazione di massa: le previsioni del tempo o le foto pubblicitarie ormai sembrano già materiale porno.

Come sono nate queste immagini?
Ho usato immagini che mi piacevano da tempo e che trovavo metafisiche, come le donne che si massaggiano il seno guardando verso il cielo o come gli uomini in costume nazionale in fila immobili e con il pene scoperto a fare ginnastica erettiva. Una cosa che mi ha molto colpito in fase di realizzazione. Era un’immagine antierotica che per me spiega il collegamento tra l’organo e la forza muscolare che può essere forza di distruzione oppure forza d’amore e di generazione. Dai libri ho tratto le immagini degli uomini che copulano con la terra per fecondarla con il loro seme.

Quale concezione del sesso sente vicina?
Direi il tantrismo, che è sessualmente molto esplicito, ma ha una concezione spirituale che noi abbiamo perduto, perché abbiamo spogliato il sesso del suo significato profondo e lo abbiamo banalizzato e impoverito. Dovremmo ricollegarci alla nostra vera cultura, in cui gli organi erano considerati altro da quello che oggi significano.

Come ha lavorato con gli attori?
E’ stato difficile fare il casting poiché ho voluto persone vere: studentesse, contadine, madri. Le donne che corrono e mostrano la vagina rappresentano un antico rituale contadino in cui si chiede agli Dei di far cessare la pioggia, spaventandoli con l’organo sessuale. Per le donne è stato molto difficile, e la cosa perdeva di realismo. Era un saltellare ridicolo. Ma a forza di prove è accaduto l’impensabile. Si sono stancate. E più diventavano bagnate ed esauste più il loro stare in scena diventava reale. Non avremmo mai smesso di filmarle.

Marina Abramovic, The HeroAltro tema affronta invece Count on us
È un progetto fatto con i bambini della scuola delle Nazioni Unite. Andai in Jugoslavia dopo la guerra. La crisi economica e morale era evidente. C’erano bimbi con tanti problemi e volevo lavorare con loro. In questa scuola incontrai un professore che aveva composto un inno alla pace che ho trovato ironico e che ho voluto filmare mentre dirigevo il coro con uno scheletro addosso. Del resto, l’ONU non ha avuto grandi aiuti, con derrate alimentari difettose e medicinali scaduti. È stato un lavoro sul risentimento ma anche sulla speranza che ci manca.

Anche in Nude with skeleton appare lo scheletro…
Sì, ha le mie stesse dimensioni e respira con me, su di me. Rappresenta il mio incontro con la morte e più in generale è un invito ad essere consapevoli della propria caducità. Questo lavoro l’ho presentato dal vivo solo alla scorsa Basilea ma senza registrarlo. Non credo che il video possa cogliere quella particolare atmosfera, energia, che sprigiona la performance dal vivo.

Basta parlare di progetti specifici. Cosa farà in futuro?
Sono stata invitata dal Ministero della Cultura tailandese a fare un lavoro sullo Tsunami. Mi sono concentrata sulla catastrofe naturale e sulla punizione degli Dei. Non dico che occorre credere, ma questo mio modo di procedere è diretto verso un livello più profondo di comprensione delle cose. Per il futuro ho molti progetti davvero. Voglio lavorare fino a 103 anni e non in studio, ma nella vita reale.

Come sceglie le idee su cui lavorare?
Scelgo quelle che mi spaventano. Se un’idea mi spaventa allora inizio a lavorarci su, altrimenti lascio stare. Se mi spaventa è perché mi tocca profondamente. Voglio occuparmi delle cose che non conosco e di cui ho paura. Lo faccio per non ripetere il solito modello creativo che esiste quando non si ha paura.

Oltre alla paura la sua ricerca è molto legata alla sofferenza…
La vita è sofferenza. È un fatto. Ogni cosa del mondo ci tocca e quando poi scompare ne soffriamo. Sempre. Per il resto uso la mia intuizione, a cui non segue sempre una spiegazione precisa di quello che intendo, anche se conosco i significati che do alle cose che faccio. Mi piace pensare che ognuno di noi possa dare delle interpretazioni davvero personali.

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nicola davide angerame

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 29 – marzo/aprile 2006


Martedì 9 maggio alle 18.30 all’Hangar Bicocca Marina Abramovic terrà una lezione aperta al pubblico, che verterà sullo sviluppo della performance art, con riferimenti storici e proiezione di materiali d’archivio di molti suoi lavori.
La mostra BALKAN EPIC in corso all¹Hangar Bicocca è stata prorogata al 14 maggio nei consueti orari: martedì-domenica 11.00-19.00, giovedì 14.30-22.00, chiuso lunedì, ingresso 8 euro, ridotto 6, catalogo Skira editore


[exibart]

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