23 dicembre 2012

L’intervista/Enrica Puggioni Cagliari Contemporary

 
"Museo nel tessuto urbano", come scelta di riscrivere l'ambiente culturale di una città rendendo l'arte parte integrante del percorso dei cittadini. Succede a Cagliari, dove si è inaugurata anche una ricerca sui pezzi mancanti della collezione di Francesco Paolo Ingrao, in deposito dal 2001 alla Galleria Comunale. Si fanno le pulci a chi l'arte l'ha donata? Niente affatto. L'Assessore alla Cultura, Enrica Puggioni, ci racconta perché

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I Dormienti di Mimmo Paladino, installati nella fontana all’ingresso della Galleria Comunale, Marinella Senatore con un progetto per il quartiere di Sant’Elia e ora “I grandi assenti-Percorsi di ricerca a confronto” arricchiscono il panorama di opere della Collezione Ingrao, in deposito alla Galleria d’Arte della città dal 2001. Che Cagliari avesse significative novità sul fronte dell’avvicinamento all’arte contemporanea era nell’aria da qualche tempo, anche in base allo scambio dei Musei Civici cagliaritani con le Collezioni del Museo Fattori di Livorno. Sul programma la direttrice Anna Maria Montaldo: «Non c’è una mostra confezionata né un progetto comprato, pensato o curato all’esterno. Dall’idea di acquisire le opere di Paladino, alla progettazione delle singole esposizioni, tutto è stato studiato e concepito da noi o, comunque, all’interno dell’Assessorato alla Cultura. Del resto questa linea del museo come generatore di idee e produttore di cultura, aperto al continuo confronto, è una buona pratica di ogni museo virtuoso, soprattutto in tempo di crisi, un modello di centro culturale che in questo modo è in grado di attrarre e avvalersi di prestigiose collaborazioni e nel contempo di valorizzare i saperi e le professionalità della comunità locale».
A Cagliari i pezzi mancanti che sono arrivati corrispondono ai nomi di Vedova, Burri, Schifano, solo per citarne alcuni, e raccontano l’alter ego di quella che è la natura delle raccolte, che rispecchiano sempre «i gusti del suo collezionista e non possono essere completamente esaustive di quanto in campo artistico è stato fatto in più di un secolo di storia. Da qui nasce l’idea di una rassegna di mostre, “I Grandi Assenti”, attraverso le quali si è voluto, da una parte colmare le lacune del percorso espositivo, dall’altra valorizzare la ricchezza e la completezza della collezione», spiega ancora Montaldo.
Ma musei a parte, cosa c’è a monte della decisione di puntare l’attenzione alla sfera pubblica grazie all’intervento del contemporaneo? Perché una città sceglie di utilizzare l’esperienza degli artisti per riscrivere il proprio paesaggio urbano e sociale? Ne abbiamo parlato con l’Assessore alla cultura del capoluogo sardo, Enrica Puggioni.

Cagliari e il “Museo del tessuto urbano”. Perché un progetto del genere? E con quali finalità?
«Il progetto ha un obiettivo ambizioso: fare di Cagliari un grande laboratorio urbano di sperimentazione e ibridazione dei linguaggi dell’arte, della scienza e della tecnologia, un punto di snodo per itinerari culturali abitati, capaci di sostituire alla mera fruizione il concetto di partecipazione e coinvolgimento attivo della cittadinanza. Per tale motivo, abbiamo chiesto a tutte le arti di riprendersi il loro compito, quasi etico, di continua immaginazione e costruzione di mondi possibili, partendo dalla contaminazione urbana, dal rapporto con i territori, al fine di indicare nuove figure, nuovi modelli di convivenza, nuove prospettive. All’interno di questa cornice e lungo queste direttrici culturali, è nata la residenza a Sant’Elia che rientra nell’azione “Il museo nel tessuto urbano”, ovvero nel percorso di revisione del modello museale tradizionale. I musei civici devono assumere un ruolo attivo di raccordo sul territorio e di apertura verso le forme più innovative del panorama contemporaneo. Devono “uscire” dai luoghi convenzionali per incontrare i territori, per fecondarli e per aprire la cultura alla città».

Come è stata scelta Marinella Senatore? Perché “Piccolo Caos” a Sant’Elia?
«La residenza è stata organizzata sotto la regia dei Musei Civici che hanno individuato l’organizzazione Connecting Cultures, diretta da Anna Detheridge, come quella più vicina agli intenti dell’Amministrazione e con un’ esperienza di rilievo nazionale nell’ambito dei nuovi linguaggi dell’arte pubblica e dell’estetica relazionale.
È stata la curatrice a scegliere l’artista concordando con l’Amministrazione i luoghi e gli obbiettivi strategici del progetto. Il quartiere Sant’Elia presenta evidenti criticità dal punto di vista sociale e urbanistico, ma ha anche immense potenzialità di sviluppo ed è interessata da un ampio e già avviato progetto di riqualificazione delle infrastrutture e di valorizzazione del patrimonio paesaggistico e culturale. Gli interventi di segno “urbanistico” devono però essere accompagnati da progetti culturali di alto livello, capaci di coinvolgere attivamente le comunità di riferimento, stimolandone il senso di appartenenza al territorio e accompagnandole in un percorso di revisione e re-invenzione delle trame immateriali dei luoghi. Abbiamo coinvolto, oltre ai professionisti dei diversi settori, anche le associazioni e i cittadini del quartiere che accompagneranno l’artista nella fase di lettura e riscrittura dei segni del territorio diventandone in un certo senso la penna, la voce e lo sguardo».

Con queste iniziative anche Cagliari sembra voler respirare l’aria delle “relazioni” e “condivisioni” del contemporaneo con la città. Come è possibile sostenere progetti pubblici in tempo di crisi? Come si sta muovendo  l’amministrazione comunale?
«Cagliari ha tra le sue sfide forse più ambiziose quella di arrivare a una programmazione integrata del territorio su base culturale. Il progetto relativo alla creazione di un sistema museale e archeologico integrato, portato avanti grazie a una, forse inedita, sinergia tra istituzioni pubbliche, va di pari passi con il percorso di apertura ai linguaggi contemporanei. Stiamo reinterpretando il nostro ruolo sul territorio, definendo il termine “valorizzazione” non in senso meramente restrittivo, come doverosa tutela del patrimonio, ma anche come apertura massima dei luoghi alla cittadinanza. Le ristrettezze delle risorse pubbliche sono evidenti e spesso drammatiche e, per riuscire a portare avanti progetti pubblici, il pubblico è costretto a ripensarsi e a ripensare i modelli culturali e quindi gestionali tradizionali. Per tale motivo, l’Amministrazione di Cagliari ha promosso un profondo processo di revisione delle politiche, studiando i percorsi di valorizzazione e promozione della cultura insieme alle altre istituzioni pubbliche e inaugurando un’era nuova segnata dall’attivazione di preziosi partenariati pubblico-privati. Siamo già entrati in una fase di operatività concreta. Attraverso la semplice firma di un protocollo, Comune, Direzione regionale per i beni paesaggistici e culturali, Regione e Università hanno deciso di affidare in modo congiunto e attraverso la finanza di progetto tutti i servizi di un importante polo culturale della città. È il primo nucleo di un sistema integrato sul territorio che aspira al raggiungimento di economie di scala, al potenziamento dei servizi e quindi all’allargamento di un’offerta che possa stimolare i privati e favorire l’inserimento di figure professionali al momento disoccupate».

Un modello di lavoro condiviso dunque non solo tra arte e cittadinanza, ma anche tra i diversi attori che hanno organizzato tutto il movimento dei “Mondi Possibili”?
«Abbiamo scelto di affidare la gestione dei più importanti centri culturali attraverso la procedura della finanza di progetto per promuovere la nascita di sinergie tra associazioni e l’innalzamento della qualità artistica e gestionale. Come ultimo esempio, dico che insieme alla Regione stiamo lavorando per la creazione di un cluster di imprese creative da affiancare anche in modo “fisico” e quindi negli stessi spazi a fecondi percorsi di co-working. L’obiettivo è quello di stimolare e aiutare la nascita dell’imprenditorialità creativa, mettendola al “servizio” dell’intero sistema economico cittadino e regionale come quel fattore immateriale capace di innovare e valorizzare anche i settori più tradizionali in un’ottica di trasversalità. Per quanto riguarda i progetti singoli, posso dire che l’Amministrazione ha fatto una scelta ben precisa: rinunciare a percorsi spesso onerosi di mera circuitazione di mostre confezionate altrove per promuovere progetti incentrati sulla produzione e sulla ricerca. La ricetta è questa: sinergia inter-istituzionale, partenariato pubblico-privato e costruzione di reti integrate tra soggetti che operano a vario titolo nel settore della cultura».

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