03 gennaio 2020

Lawrence Abu Hamdan vince il Future Fields di Fondazione Sandretto

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Dopo il Turner Prize 2019, un altro premio per Lawrence Abu Hamdan, che vince il Future Fields Commission di Philadelphia Museum of Art e Fondazione Sandretto

Lawrence Abu Hamdan si aggiudica la terza edizione di Future Fields Commission in Time-Based Media, commissione promossa dal Philadelphia Museum of Art e dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Insomma, per l’artista nato nel 1985 ad Amman, un’altra soddisfazione, dopo il botto del Turner Prize 2019, vinto in ex-aequo – caso unico e memorabile nella lunga e gloriosa storia del premio – con Helen Cammock, Oscar Murillo e Tai Shani.

Future Fields Commission in Time-Based Media è un progetto nato nel 2016, che supporta la creazione, la produzione e l’acquisizione di nuovi lavori realizzati da artisti internazionali, impegnati in ricerche e sperimentazioni con il medium, in particolare, del video, della performance e del sonoro. 125mila dollari la cifra messa in palio dal premio, vinto nelle precendenti edizioni da Rachel Rose e Martine Syms, che presenterà il suo progetto alla Fondazione Sandretto nella primavera del 2020.

Il lavoro di Lawrence Abu Hamdan, che ascolteremo alla Fondazione Sandretto

Per questa terza edizione di Future Fields Commission, Abu Hamdan ha presentato il progetto di un’installazione, provvisoriamente intitolata How to Hear Impossible Speech: Lessons from the Division of Perceptual Studies, che mira ad espandere la nostra comprensione attraverso narrazioni di episodi di reincarnazione e trasmigrazione di anime, da una vita all’altra. Attraverso questo espediente narrativo, Abu Hamdan riflette sui passaggi del linguaggio attraverso i tempi e i corpi, attraverso storie di conquista, migrazioni e colonizzazioni.

L’opera sarà presentata nel 2022, prima al Philadelphia Museum of Art, quindi alla Fondazione Sandretto, a Torino. Al termine, verrà acquisita congiuntamente dalle due istituzioni. Per il momento, Abu Hamdan sta portando avanti questo lavoro in stretta collaborazione con Amanda Sroka, assistente curatrice di arte contemporanea del Museo di Philadelphia, e con Irene Calderoni, curatrice della Fondazione Sandretto.

«La voce di Lawrence Abu Hamdan è emersa potentemente nell’arte contemporanea e, a questo proposito, è la scelta perfetta per Future Fields Commission: attendiamo con impazienza la realizzazione della sua proposta provocatoria e siamo lieti sia di collaborare ancora una volta con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo», ha dichiarato Timothy Rub, direttore e CEO di del Philadelphia Museum of Art.

Video still from Once Removed, 2019, by Lawrence Abu Hamdan. Commissioned by Sharjah Biennial 14. Courtesy of the artist.

«Crediamo fermamente che oggi le istituzioni abbiano la responsabilità di supportare e promuovere pratiche artistiche fantasiose, audaci e impegnate, e Future Fields ci offre una piattaforma internazionale importante per raggiungere questo obiettivo. Lawrence Abu Hamdan è una delle figure più significative e innovative della sua generazione e non vediamo l’ora di lavorare con lui in questo ambizioso progetto», ha commentato Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.

Da Amnesty International al MoMA, ecco chi è Lawrence Abu Hamdan

Artista britannico di origini libanesi, Abu Hamdan nel 2016 ha vinto il Nam June Paik Award e nel 2019, oltre al prestigiosissimo Turner Prize in condivisione, si è aggiudicato anche l’Edvard Munch Art Award, premio attribuito dal Munchmuseet, il nuovo museo dedicato a Edvard Munch che aprirà a breve a Oslo.

Ha esposto al Contemporary Art Museum di St. Louis (2019), al Witte De With di Rotterdam (2019), alla Chisenhale Gallery di Londra (2018) e all’Hammer Museum di Los Angeles (2018). Il suo lavoro è stato anche presentato alla 58ma Biennale di Venezia e alla Biennale di Sharjah, sempre nel 2019. Alcune sue opere sono già in collezioni prestigiose, come quelle del MoMA – Museum of Modern Art e del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, del Centre Pompidou di Parigi e della Tate Modern di Londra.

La ricerca di Abu Hamdan si distingue per i modi in cui sperimenta le potenzialità della voce e del suono per creare narrazioni complesse. Ha spesso usato tecnologie di sorveglianza e materiali d’archivio per esplorare le implicazioni politiche dell’ascolto e il ruolo del suono come strumento per mettere a tacere, reprimere e resistere. Combinando scienza, giornalismo, impegno sociale e arte, le indagini uditive di Abu Hamdan sono state usate anche come prove al Tribunale per l’immigrazione del Regno Unito e da organizzazioni come Amnesty International, oltre che dal gruppo di ricerca multidisciplinare Forensic Architecture.

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