18 luglio 2020

Premio Michetti: appena annunciati i vincitori della 71ma edizione

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Sono Sara Enrico e Pierpaolo Campanini i vincitori ex equo della 71ma edizione dello storico Premio del Museo Michetti di Francavilla al Mare (Chieti). Il curatore, Guido Molinari, ci ha raccontato questa edizione

La sede della Fondazione Michetti a Francavilla al Mare (Chieti), courtesy Fondazione Michetti

Appena annunciati i vincitori della 71ma edizione del Premio Michetti: assegnato ex equo a Sara Enrico (1979, Biella), con l’opera Striped (Blu), e Pierpaolo Campanini (1964, Cento, Ferrara) con Senza titolo (gialla). Le loro opere entreranno nella collezione del Museo Michetti, gestito dalla Fondazione Michetti e entrambi gli artisti riceveranno un premio in denaro. La giuria era composta da Carlo Tatasciore, Silvio Perrella, Fulvio Chimento e Giulio Ciavoliello, che ha scelto le opere dopo aver visitato la mostra con i lavori dei trenta artisti invitati all’edizione 2020.”L’aureola nelle cose: sentire l’habitat”, a cura di Guido Molinari, ospitata negli spazi del Museo Michetti di Francavilla al Mare (Chieti) grazie all’impegno della Fondazione Michetti e della città di Francavilla.

«La giuria, dopo un’attenta vista alla mostra si è complimentata per l’alto livello di tutte le opere, e per l’accuratezza prestata all’allestimento del premio, selezionando una prima rosa di candidat al premio e precisamente: Thomas Braida, Calori &Maillard, Pierpaolo Campanini, Sara Enrico, Maurizio Finotto, Corinna Gosmaro, Maurizio Mercuri, Marta Pierobon, Giulia Poppi e Serena Vestrucci. Infine si è espressa all’unanimità nella assegnazione del Premio Michetti, 71ma edizione ex equo a Sara Enrico per l’opera Striped (Blu) e Pierpaolo Campanini con Senza titolo (gialla)», si legge nel comunicato stampa.

I 30 partecipanti

Da oggi al 30 settembre negli spazi del Museo Michetti di Francavilla al Mare (Chieti) sarà possibile visitare la collettiva “L’aureola nelle cose: sentire l’habitat”, a cura di Guido Molinari, con i lavori dei trenta artisti invitati all’edizione 2020 del Premio Michetti: Francesco Alberico, Thomas Braida, Calori & Maillard, Pierpaolo Campanini, Edoardo Ciaralli, Giovanni Copelli, Lucia Cristiani, Giovanni De Francesco, Sara Enrico, Lorenzo Kamerlengo, Sacha Kanah e Lisa Dalfino, Maurizio Finotto, Enej Gala, Niccolò Morgan Gandolfi, Corinna Gosmaro, Giuseppe Lana, Francesca Longhini, Maurizio Mercuri, Valerio Nicolai, Mattia Pajè, Marta Pierobon, Giulia Poppi, Luca Pozzi, Davide Rivalta, Marco Samorè, Ivana Spinelli, Marcello Tedesco, Natàlia Trejbàlova, Devis Venturelli, Serena Vestrucci.

Il comitato tecnico era costituito da Renato Barilli, Claudio Cerritelli, Louis Godart, Anna Imponente, Fiorella Ivone, Rocco Sambenedetto.

Intervista a Guido Molinari, curatore del Premio Michetti 2020

Che momento è questo nella storia del Premio Michetti? Su quali obiettivi state lavorando?

«Mi interessa riassumere una situazione in corso. La maggior parte degli artisti invitati sono protagonisti della scena contemporanea più attuale, un clima che considero estremamente vivo e coinvolgente. Si tratta quindi di una mostra che fa il punto della situazione, che vuole aiutare e porre all’attenzione un cambiamento. Non si tratta di un gruppo di artisti omogeneo perchè in questo periodo storico l’identità, la singolarità è al centro del fare arte, tuttavia ci sono delle effervescenze, delle sottili consonanze che costituiscono un sentire comune, generazionale. Ho aggiunto poi anche un piccolo nucleo di artisti più navigati che considero in pieno accordo con i cambiamenti in atto».

Il Premio Michetti giunge alla 71ma edizione. Come si colloca rispetto alle precedenti, soprattutto rispetto a quelle degli anni recenti? Il Premio cambia curatore a ogni edizione, che cosa significa dare continuità a un premio molto longevo e che muta curatore a ogni edizione? 

«La mia esperienza rispetto al Premio Michetti è stata inizialmente da spettatore molto curioso, poi in anni recenti sono stato coinvolto nella giuria e infine ora nominato curatore. Trovo che la discontinuità e la diversificazione di soluzioni per cui ogni edizione risulta estremamente differente dalla precedente sia da ritenere un valore. I punti di vista sull’arte cambiano considerevolmente di volta in volta e a ben guardare nel corso degli anni si possono rintracciare delle affinità. Ad esempio credo che la proposta di quest’anno sia idealmente in sintonia con l’edizione del ’92 curata da Renato Barilli, che presentava una nuova scena, con presenze di artisti allora giovanissimi quali Mario Airò, Eva Marisaldi, Alessandro Pessoli, Cuoghi Corsello. Ma in altri anni ho trovato estremamente intriganti anche le scelte di Luca Beatrice o Angela Vettese».

Il titolo di questa edizione è “L’aureola nelle cose: sentire l’habitat”. Che cosa si intende per habitat in questo contesto?

«L’habitat è costituito dalle cose di cui si circonda l’uomo, elementi tratti dal banale quotidiano, ma anche materiali, animali o quant’altro. L’arte è in grado di fare emergere le energie nascoste, evidenziare l’anima degli oggetti, l’essenza più segreta di ciò che ci attornia. Tutto ciò in connessione con i processi di globalizzazione che cambiano il nostro modo di percepire la realtà, e in ultima battuta il nostro sentirci parte del mondo».

Come sono stati selezionati gli artisti invitati?

«In questo caso il fiuto del curatore è essenziale. È come accade per un DJ: la scelta dei brani può fare la serata stupenda o noiosissima».

Quali aspetti dell’arte contemporanea italiana, in particolare, siete interessati a indagare attraverso le opere proposte? 

«Considero la situazione in Italia ricca di novità e in trasformazione. Credo che come sempre la sfida sia il potersi confrontare al di fuori dei confini nazionali ma alcuni di questi artisti sono già impegnati in questa direzione. Spero che ci sia più ricezione anche nel nostro territorio. Vedo che alcuni protagonisti degli anni Novanta faticano ancora a essere riconosciuti per il loro valore».

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