22 febbraio 2006

fino al 15.III.2006 Jan Hísek Roma, Istituto di Cultura Ceca

 
Un maestro dell’incisione contemporanea. Che rievoca le nebbie praghesi con l’incisione. E svela il suo particolarissimo immaginario con la maniera nera. Protagonista di un nuovo romanticismo. Psichedelico…

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Una giornata di pioggia è l’ideale per visitare la mostra di Jan Hísek, riconosciuto prodigio dell’incisione contemporanea, attualmente in corso nel recentemente aperto Istituto di Cultura Ceca. L’arte di Hisek -classe 1965, praghese- si lascia in effetti avvicinare assai meglio entro un’atmosfera umbratile. Prendiamo dunque il grigiore accogliente di certi improvvisi rovesci del febbraio romano a surrogato delle nebbie boeme, cui tanto deve il fascino di quella Praga che la prosa magica di Angelo Maria Ripellino tratteggiava come “città aggrottescata di umori stravaganti e propizia agli oroscopi, alla clowneria metafisica, alle raffiche di irrazionale”.
Si tratta della retrospettiva accurata di una produzione risalente al periodo 1990-98, incentrata sulla virtuosistica tecnica della maniera nera, che Hísek, dopo averne raggiunto i vertici esecutivi ed espressivi, ha pressoché abbandonato. . Per concentrarsi quasi in esclusiva ad un’elaborata pittura ad olio, salvo l’esercizio del disegno per folgoranti appunti di viaggio negli angoli più disparati della terra, dalla Cina al Messico. A costo di risultare pedanti, si ricorda che la maniera nera -altrimenti nota come mezzotinta o maniera a fumo- è la più complessa tra le tecniche d’incisione diretta, l’unica che consente di ottenere gli effetti chiaroscurali tipici della pittura, granulando interamente la lastra con l’interminabile lavoro di una mezzaluna seghettata, estraendo poi i toni intermedi a colpi di brunitoio e raschietto. L’artista praghese ha fatto ricorso magistrale a tale tecnica per definire un universo di immagini fantastiche immediatamente riconducibili alla lezione (purtroppo ancora poco nota nell’Europa occidentale) della figurazione metafisica boema di primo novecento, da Jan Zrzavý ad Alén Diviš. Al contempo, Hísek si caratterizza per un potente simbolismo, che trova nell’esplorazione del proprio inconscio il motore visivo primo nel definire un peculiare Romanticismo psichedelico, secondo la definizione che l’artista stesso ha suggerito per la propria opera.
Jan Hísek, Apparizione celeste, 1994
A questo proposito, e a scanso di equivoci, è bene peraltro sottolineare come le continue apparizioni nelle incisioni di angeli o sfuggenti divinità proprie della tradizione cristiana -associate al ricorrere nei titoli di riferimenti a illuminazioni o eventi mistici- non sono da prendersi a indice di un orizzonte religioso in qualche modo ortodosso, posto che già basterebbe a escluderlo la tensione animistica che percorre gli onnipresenti elementi naturali, circonfusi di una sacralità primigenia. Le valutazioni a cui una considerazione critica distaccata debba qui orientarsi non appaiono, dunque, andare tanto nel senso di riconoscere una semplice (per quanto elevata) traduzione grafica di narrazioni devozionali, ma piuttosto richiamare la tradizione nobile di quella incisione visionaria che ha il suo precursore indiscusso in William Blake, e a cui Hísek, senza tema di esagerazione, può idealmente accostarsi.

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Pagina personale dell’artista

luca arnaudo
mostra visitata il 16 febbraio 2006


Jan Hísek
Istituto di Cultura Ceca, Roma, Via Costabella, 28 (P.zza Mazzini)
dal 15 febbraio al 15 marzo 2006 – da martedì a domenica ore 10-13, 14-17 (chiuso lunedì) – ingresso gratuito – per informazioni: tel. 0699705158


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