13 dicembre 2001

fino al 22.XII.2001 Sequencer – Wolfgang Berkowski Roma, rialtosantambrogio

 
Sequencer, specific-site project dell'artista tedesco Wolfgang Berkowski, per la prima volta in mostra a Roma con una struttura architettonica intrusiva presentata al centro per le arti rialtosantambrogio. Analisi e sintesi di un codice privato che diventa oggetto...

di

Sequence [ si’kw’ns] s. 1. successione, sequenza: the historical – of events, la successione storica degli eventi 2. (gramm.) sintassi 3. (mus. cine.) sequenza.

Sequencer, ultimo lavoro dell’artista tedesco Wolfgang Berkowski, è esattamente un campionatore che conferisce ai segmenti (musicali) una struttura; e una narrazione; e un manuale di grammatica. Più precisamente una sintesi del processo che è alla base di tutti i suoi lavori.
Sequencer è un oggetto incurante dei limiti architettonici preesistenti, non è interrotto dalle pareti che delimitano le tre stanze al secondo piano del centro per le arti Rialto-Sant’Ambrogio. Prima stanza: una parete composta da fogli di vetro, su cui sono tracciati diagrammi, disegni di misura compresa tra uno e due centimetri quadrati, precisi, realizzati con il computer, composti di linee nere di 0.13 e 0.25 mm, che occupano sempre lo stesso punto di un foglio in formato A4 e fanno parte di un corpus in continua crescita dal 1987. Costituiscono un codice privato e pertanto inaccessibile: una delle componenti del lavoro dell’artista, sempre in bilico tra isolamento e comunicazione. Perché questi diagrammi nella loro iconicità acquistano valore di segno, se ne immagina la fonte, li si colloca in un nuovo ordine di rappresentazione. Dal codice privato al linguaggio. Veicolo di significato è allora il display, che orienta la lettura e fornisce una grammatica alla lingua privata dei diagrammi: li organizza secondo una struttura. Linguaggio come narrazione, anche: la seconda stanza è percorsa da un muro.Sequencer Wolfgang Berkowski Siamo di fronte alla parete esterna dell’intruso architettonico Sequencer Codex privatus: Berkowski ci nega la vista dello spazio che ha creato. Ma anche: questa parete nera, lunga e percorribile nel tempo di uno sguardo introduce una durèe, un codice accessibile, quello del tempo della narrazione. Nell’ultimo ambiente il Sequencer si apre, si svela come oggetto architettonico, una stanza (apparentemente) ospitale, lungo le cui pareti corrono panchine. Ma non possiamo varcare la soglia. E del resto alle pareti sono appesi specchi neri, contraltare del grande muro di vetro d’inizio, negazione. E allo stesso modo manuale, “how to”: nel Rinascimento il pittore verificava il dipinto attraverso il suo riflesso in uno specchio che non ne riproducesse i colori, ma solo la struttura e il significato.
Sequencer sussume tutti i lavori di Berkowski, ne verifica i procedimenti, ne restituisce una metafora. Fa anche di più. L’insospettabile auralità e il lirismo di questo intervento è inenarrabile, pone dunque la questione della specificità di ogni linguaggio, chiede uno sguardo.

cecilia canziani
mostra visitata il 19.XI.2001


Via Sant’Ambrogio, 4 Roma
Dal lunedì al sabato 21.30 – 00.30
Ingresso libero


[exibart]

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