11 maggio 2005

fino al 26.VI.2005 Caio Mario Garrubba – Fotografie 1953-1990 Roma, Cinecittàdue Arte Contemporanea

 
Sensibile e ironico, lo sguardo di Garrubba indaga sugli aspetti del socialismo reale. Un linguaggio narrativo originale che parte dalla lezione di Eugene Smith. Filtrata da Cartier-Bresson…

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La mano della ragazza con le babouche si posa sulla gamba del soldato. Un’immagine carica di sensualità. Un linguaggio di sguardi, di complice intimità. Caio Mario Garrubba (Napoli, 1923) l’ha “rubata” con la sua Rolleflex a Casablanca -nel quartiere delle prostitute- nel 1954. Esposta nel 1961 alla mostra “Un punto di vista”, allestita alla Galleria La Tartaruga di Roma -storico spazio fondato da Plinio De Martiis- fu la sua prima fotografia ad essere acquistata da un collezionista. Solo un anno prima, nel ‘53, il fotoreporter lasciava l’attività giornalistica per prendere in mano la macchina fotografica.
“E’ un fotografo molto conosciuto all’estero, ma poco in Italia. Ha lavorato soprattutto nei paesi dell’est. Se si vuole ricostruire quello che è stato il socialismo reale -dal dopoguerra fino agli ’80- sicuramente si deve attingere alle sue fotografie”, dice di lui Diego Mormorio, curatore dell’antologica. Fu proprio De Martiis ad incoraggiare Garrubba ad intraprendere quella strada. Furono loro due, insieme a Nicola Sansone e Franco Pinna, a dare vita per circa un anno ad una cooperativa di fotografi di tipo sovietista, dove ognuno lavorava quando poteva e prendeva ciò che gli serviva. Seguirono numerose collaborazioni, soprattutto con Il Mondo di Pannunzio, Vie Nuove, L’Unità e Noi donne. Suoi reportage famosi?

Quello sulla Polonia del ‘57, l’Urss di Krusciov o la Cina di Mao, rappresentati in mostra da oltre cento scatti. Fu il secondo fotografo occidentale ad entrare in Cina, nel 1959 -dove rimase per due mesi- dopo Henri Cartier-Bresson, che conobbe personalmente e stimò moltissimo. “Cartier-Bresson è letterario, sublima al massimo la cultura. Una sua fotografia è un racconto, potrebbe essere anche una poesia concentrata.” afferma Garrubba “forse non è stato un fotografo di lotta. Ma poi perché bisogna essere un fotografo di lotta? Chi lo è veramente? Cartier-Bresson non si è fatto minimamente influenzare dall’esterno. In questo è un prodotto tutto suo personale. E’ stato sicuramente uno dei miei punti di riferimento, anche se in realtà mi sono sempre sentito più vicino a Eugene Smith.”
Molte fotografie dell’antologica sono state scattate in Spagna, uno dei suoi Paesi preferiti, oltre che alla sua Napoli. Quanto alla Polonia, c’è anche un profondo legame affettivo. Infatti è lì che nel 1961 ha conosciuto Alla Folomietova, sua moglie, amica, assistente da quarantatré anni. “Mario era venuto a Varsavia per fare un reportage, sarebbe dovuto rimanere una settimana al massimo, invece è rimasto tre mesi, e in tutto quel tempo non ha fatto neanche una foto!”, ricorda la signora Alla.

“All’inizio, prima che imparassi l’italiano, la nostra lingua era il francese, che io non conoscevo molto bene. Però parlavamo giorni interi e ci raccontavamo tutto. Non c’è mai stata una bugia tra di noi. Ancora oggi parliamo tanto. Lui continua a farmi ridere. Per i primi dieci anni, e forse più, ogni mattina gli facevo degli spettacoli, ballavo, facevo il mimo e cantavo romanze russe. Lui, invece, mi recitava Shakespeare e cantava canzoni napoletane.” Meno espansivo della signora Alla, Caio Mario, forse per via di quella timidezza con cui convive da sempre, è tuttavia incredibilmente ironico. Quell’ironia discreta della persona colta che sa guardare la realtà con spirito acuto, a tratti un po’ romantico.

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Caio Mario Garrubba. Fotografie 1953-1990 – a cura di Diego Mormorio – Roma, Cinecittàdue Arte Contemporanea – (Centro Commerciale Cinecittàdue), viale Palmiro Togliatti, 2da lunedì a domenica ore 10.30-19.30
ingresso libero – per informazioni tel. 067220910 – e-mail direzione@cinecittadue.comwww.cinecittàdue.com
www.fotografiafestival.it – Catalogo “Caio M. Garrubba – Fotografie” (Cinecittàdue Arte Contemporanea)


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