25 gennaio 2005

fino al 27.II.2005 Mario Mafai – Una calma febbre di colori Roma, Palazzo Venezia

 
Dagli anni della Scuola Romana, alle corde dell’ultimo periodo. Un’accurata retrospettiva racconta Mario Mafai. Un percorso cronologico, per (ri)scoprire il pittore dei fiori secchi e delle epiche demolizioni…

di

Nel quarantesimo anniversario della scomparsa dell’artista, e soprattutto a oltre trentacinque anni dall’ultima esposizione presso un museo della Capitale (per la precisione Palazzo Barberini, 1969), Roma ospita una retrospettiva filologica del pittore Mario Mafai uno degli esponenti di spicco della ‘Scuola Romana di Via Cavour’ (secondo la nota definizione coniata da Roberto Longhi). E forse è stata proprio una percezione critica superficiale – quando non volutamente in mala fede – di questo suo stretto legame con una determinata tendenza pittorica e ambiente cittadino, a farlo penalizzare fortemente dalla storicizzazione artistica successiva, soprattutto a partire dagli anni Sessanta.
Preso atto della riscoperta di tale artista (testimoniata anche dall’altra retrospettiva che il Museo di Villa Giulia a Brescia gli sta dedicando proprio in questi giorni, e che la prospettata realizzazione di un museo dedicato alla Scuola Romana nella sede di Villa Torlonia non potrà che consolidare), va detto una volta di più che Mafai è stato grandissimo pittore, al suo tempo capace come pochi altri in Italia d’interpretare la grande svolta coloristica innescata dall’espressionismo nordico d’inizio secolo, calandola in una ricerca figurativa indissolubilmente legata alla città natale per soggetti, luce e sensibilità ambientale.
In questo senso, appare innegabile nelle prime ricerche di Mafai e del suo amico fraterno Scipione un’affinità elettiva con l’esteriorità del barocco romano, di cui entrambi hanno in ogni caso saputo selezionare la drammaticità unita a una certa genuina teatralità, senza però perdersi mai nell’oratoria, perché animati sempre da una profonda carica morale.
mario mafai, veduta alla terrazza di via cavour (paesaggio romano), 1928 ca
Sono noti di Mafai i fiori secchi o le vedute di Roma, ma quando ci si ferma alla melodiosa facilità di tratto e colore o a una supposta fascinazione oleografica si perde di vista la forza più sicura di simili opere, quella meditazione sul tempo e l’inesorabile disfacimento che esse interpretano. Del resto, basta anche un solo sguardo alle mirabili serie delle Demolizioni e Fantasie -nella mostra giustamente disposte in rapida successione- per convincersi definitivamente di quanto la pittura di Mafai sia prima di tutto espressione di un’umanità profonda e dolente, sensibile in maniera addirittura profetica alle devastazioni dei tempi storici.
Le raffigurazioni intensissime delle violenze urbanistiche cui Roma fu sottoposta dal regime fascista negli anni trenta – e che da un punto di vista più strettamente critico indirizzano la ricerca compositiva e cromatica dell’artista verso esiti di notevole complessità – si associano alla visionarietà allucinata delle orge di potere e distruzione che Mafai proietta sulla tela sin dall’inizio della seconda guerra mondiale, mantenendole poi a lungo inedite quasi per una sorta di protettivo pudore.mario mafai, miriam che dorme, 1928
Gli sviluppi successivi della pittura di Mafai sono stati tra i più controversi e misconosciuti dell’arte italiana del novecento. Tralasciando a malincuore – ché il discorso meriterebbe spazi assai ampi – la progressiva smaterializzazione di forme e colori iniziata nei paesaggi degli anni Cinquanta (quella che per prima valse a rendere inviso il pittore all’allora montante retorica neorealista à la Guttuso, anche negli ambienti culturali di sinistra cui pure Mafai era legato), va richiamata l’attenzione almeno sulle ultime e più drammatiche realizzazioni dell’artista: quelle ‘Corde’ che, nel segnare il suo definitivo distacco dall’area figurativa, lo associano alle ricerche espressioniste più interessanti del dopoguerra. Sempre e comunque in un’ammirevole fedeltà al proprio spirito creativo originario: perché, per usare le stesse parole di Mafai, “sono sempre io, solo più nudo”.


articoli correlati
Roma, un museo a Villa Torlonia per la Scuola Romana
Roma, Sargentini offre fiori al suo vecchio maestro Mario Mafai
Antonietta Raphäel Mafai. Autoritratto con violino
Il Gruppo di «Corrente» e la Scuola Romana
link correlati
Il sito della Scuola Romana

luca arnaudo
mostra visitata il 16 gennaio 2005


Mario Mafai (1902-1965) Una calma febbre di colori
Palazzo Venezia, Via del Plebiscito 18(centro storico, piazza Venezia)
Fino al 27 febbraio 2005
Orario: martedì-domenica, 9-19, sabato 10-20, lunedì chiuso
25 dicembre e 1 gennaio chiuso
Ingresso: intero euro 7, ridotto euro 5,
ridotto speciale €3,50 Informazioni: 06-82077304

[exibart]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui