05 novembre 2016

Fino al 27.XI.2016 Digitalife La Pelanda, Roma

 

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Fluidità, immersione e de-virtualizzazione, è così che il curatore Richard Castelli descrive la settima edizione di “Digitalife: Immersive Exhibit”, appuntamento di Romaeuropa Festival dedicato al rapporto tra arte, scienza e nuove tecnologie. Dal 7 ottobre al 27 novembre gli spazi della Pelanda, al Macro di Testaccio, diventano luoghi esperienziali. Dalla prima mostra del 2010 ad oggi, al rapporto opera-spettatore si è sostituita sempre di più una situazione di spettatore nell’opera, un’esperienza che va oltre la semplice interazione uomo – arte, sovrapponendo per una frazione di tempo la propria dimensione reale con quella proposta dall’opera. 
La mostra ideata e prodotta dalla Fondazione Romaeuropa – presieduta da Monique Veaute e diretta da Fabrizio Grifasi –  è promossa dal MiBACT, dalla Regione Lazio e da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con il contributo di Gamenet Group. 
Shiro Takatani, Christian Partos, Kurt Hentschläger e i NONE sono i protagonisti di quello che si configura come un imprescindibile appuntamento nell’universo dell’arte digitale, un vero e proprio momento di riflessione sugli sviluppi dell’arte contemporanea nella sua interazione con le nuove tecnologie. Tema di riflessione, questo, che nella settima edizione di Digitalife si fa si carico di ulteriori sfumature grazie alla partecipazione del laboratorio PERCRO della Scuola Superiore Sant’Anna che, con il suo Understanding the Other, illustra gli ultimi sviluppi raggiunti nel campo della robotica e degli ambienti virtuali. Un’altra presenza di eccellenza sarà quella del professore Hiroshi Ishiguro che il 24 novembre – insieme al suo androide, sua stessa copia – terrà una conferenza dal titolo “Human like robots and our future society”. 
Riflessione e sperimentazione, è dunque questo che Digitalife ci propone attraverso i suoi lavori in mostra e i suoi protagonisti.
NONE, Deep Dream ACT II, Digitalife Romaeuropa Festival, photo credits Cristina Vatielli
STLL di Shiro Takatani e The Sorcerer’s Apprentice di Christian Partos, ci pongono difronte al 3D Water Matrix: una macchina robotizzata, vero e proprio medium audiovisivo realizzato dallo stesso artista giapponese Takatani, che permette per mezzo di luce e acqua di creare – e nel caso di Partos sarebbe meglio dire scolpire – illusionistiche figure e immagini. Novecento valvole, controllate a loro volta da un computer, generano una cascata d’acqua che tutt’uno con la luce crea uno spazio dal quale lo spettatore è attratto magneticamente. Così in STLL lo sguardo è inscindibilmente legato alle linee, alle forme disegnate dalle gocce d’acqua. L’elemento naturale arriva apparentemente nel suo stesso movimento a negare la forza di gravità e la sua stessa essenza, sembrando in alcune frazioni di tempo non più acqua ma tanti pixel. Nel lavoro dell’artista svedese Christian Partos, le 900 valvole scolpiscono invece vere e proprie sculture d’acqua che dominano lo spazio per mezzo di una “danza fluida” che, oltre alla liquida protagonista, coinvolge anche in quest’occasione la luce e il suono.
ZEE è l’installazione  realizzata dall’austriaco Kurt Hentschläger, un segmento temporale a spaziale che ci porta a fuoriuscire dalla nostra normale percezione di un luogo. Completamente avvolti da una fitta nebbia che non permette l’identificazione dei confini spaziali, delle luci stroboscopiche e degli impulsi visivi innescano caleidoscopiche immagini tridimensionali dai molteplici colori. Se si ha il coraggio di perdersi, ci si trova totalmente soli in un “non luogo” dove si sente la necessità di alzare le mani all’altezza degli occhi per avere una flebile percezione della propria presenza nello spazio, un luogo della mente, un “altrove” in cui smarrirsi. 
Infine il collettivo artistico romano NONE – fondato da Gregorio De Luca Comandini, Mauro Pace, Saverio Villirillo, – con il lavoro Deep Dream_Act II, crea un “ipercubo n-dimensionale” entro il quale viaggiare all’interno di un flusso continuo di dati. Il titolo del lavoro porta il nome di un algoritmo matematico scoperto involontariamente da Google che procede per associazioni visive catturando immagini e video da un suo database. Nella trasposizione fisica fatta dai NONE del concetto di cyberspazio, 150 mq di specchi creano un infinito spaziale in cui lo spettatore è sottoposto a un “bombardamento” visivo e sonoro che altro non è se non il tangibile riflesso della nostra attività virtuale. Ciò che ci circonda sono infatti immagini, video, gif, prese da un database in fieri condiviso su Facebook: DeepDream_Open Archive. Il rapporto tra opera  e spettatore, centrale nella mostra, precede nel lavoro dei NONE addirittura l’installazione della stessa: sono infatti i post degli utenti che giocano un ruolo fondamentale nella sua creazione. Deep Dream Act_II si configura come un vero e proprio “flusso di coscienza collettiva”, che mette in scena “l’espressione più triviale dell’immagine elettronica”. Nella fruizione dell’opera,  è data inoltre la possibilità di rendere le proprie immagini profilo di FB un tassello di questo voyeuristico cyberspazio: lo spettatore infatti prima di “entrare” nell’opera dei NONE è invitato a collegarsi al proprio profilo da cellulare, permettendo agli artisti di catturarne in tal modo 10 immagini solo per il tempo dell’esperienza.
Richard Castelli ha aperto questa VII edizione di Digitalife facendo un invito a provare la propria personale esperienza dell’universo, quando si esce dalla mostra quello che rimane è la sensazione di averne vissuto non solo uno, ma tanti, paralleli, che fagocitandoci ci portano piacevolmente a percepirci.
Diletta Cecili
mostra visitata il 6 ottobre
Dal 7 ottobre al 27 novembre 2016 
Digitalife: Immersive Exhibit
La Pelanda – Macro Testaccio
Piazza Orazio Giustiniani 4,  Roma
Orari: da martedì a sabato dalle 16:00 alle 20:00, domenica dalle 11:00 alle 19:00
Info: digitalife@romaeuropa.net

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