12 febbraio 2014

Fino al 28.II.2014 Alain Huck, Tabou Galleria Marie-Laure Fleisch, Roma

 
Dietro la potenza dell’opera di Alain Huck si cela un che di poetico e triste. Un sapore di fine che permea una natura complessa, violenta e debole allo stesso tempo -

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Per la prima volta in mostra in Italia, l’artista svizzero invade le pareti e gli spazi della galleria Marie-Laure Fleisch con un progetto unitario costituito da tre disegni a carboncino su carta di grandi dimensioni, un video e una scultura “site specific” in alluminio. Alain Huck esprime il suo stato di angoscia per le condizioni ecologiche attuali e le politiche energetiche mondiali, indagando sull’azione dell’uomo che prevarica la natura e sulla reazione aggressiva di quest’ultima che, sopraffatta, lotta per sopravvivere. Di questo gioco di forza dagli esiti catastrofici parla l’intensità e la complessità del lavoro dell’artista che riesce a stabilire con lo spettatore, inizialmente spiazzato dalla forza quasi feroce dell’immagine, un rapporto diretto, fisico. Dietro questo titanico scontro uomo-natura, vi è un inaspettato retroterra intellettuale, una serie di citazioni letterarie, cinematografiche e teatrali che incanalano il lavoro di Huck nel territorio della civiltà e della conoscenza, passaggio che conferisce alle sue opere una componente apollinea che le fa essere liriche pur nella loro brutalità.   
Alain Huck, Tabou, vista della mostra, foto di Giorgio Benni
Il disegno Tabou mostra porzioni dell’autoritratto dell’artista oppresso da una vegetazione fitta e aggrovigliata, da un “horror vacui” in cui si distingue la sua mano che porge un mazzo di narcisi dilaniati, come fossero esplosi. Il titolo, lo stesso della mostra, cita l’omonimo film di Murnau del 1931, in cui è centrale il rapporto fra l’essere umano e la rigogliosa natura polinesiana. Il fiore è protagonista di un altro disegno in mostra, Chrysanthemum, che emerge iconico e bianco dal buio profondo del carboncino. Simbolo di morte nella cultura occidentale, il crisantemo incarna valori positivi e vitali in quella orientale. Huck ne ribalta nuovamente il senso rappresentandolo in modo ambiguo, attraente e luminoso, con una forma che ricorda l’enorme nube nucleare sopra i cieli di Fukushima il 6 agosto del 1945, così come descritta dallo scrittore giapponese Kenzaburo Oe in uno dei suoi racconti. Ancor più funereo è il soggetto del terzo disegno, Ophelia Rest
Della morte dell’eroina shakespeariana – nella sua iconografia tradizionale, fissata da Dante Gabriele Rossetti- livida e alla deriva in un ruscello ricco di una intricata e inquietante vegetazione , Huck la sublima a metafora dell’attuale apocalittico stato in cui versa la natura e quindi anche la specie umana, uno spettacolo di morte già in atto ma ancora silente e non pienamente avvertibile. Lo spazio espositivo è dominato da una struttura architettonica, il cui titolo Tentation è un rimando al riparo eremitico di Sant’Antonio e alle varie rappresentazioni nel corso dei secoli delle sue tentazioni. L’elemento di appropriazione della natura da parte dell’artista – l’installazione simula una costruzione naturale in modo totalmente artificiale – si coniuga alla simbologia della struttura stessa, il rifugio, la ricerca dell’intimità e della quiete all’interno di una dimensione selvaggia e sconosciuta.
Marta Napoleoni
mostra visitata il 7 dicembre 2013 
dal 7 dicembre 2013 al 28 febbraio 2014
Alain Huck
Galleria Marie-Laure Fleisch
Vicolo Sforza Cesarini 3A – (00186) Roma
Orario: lunedì – venerdì 14 – 20, sabato 16 – 20,  mattina e domenica su appuntamento
Info: 06 68891936 – info@galleriamlf.com – www.galleriamlf.com

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