11 luglio 2003

fino al 7.IX.2003 Tony Cragg Roma, MACRO

 
Gli oggetti sono quelli quotidiani: bicchieri, stoviglie varie, bottiglie. Tony Cragg li assembla e ne fa sculture. Fedele all’idea che i materiali “facciano ciò che devono da soli”. Al MACRO una selezione di trenta opere. Sul tema della trasparenza e dell’opacità...

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Più di trenta imponenti e quasi monumentali opere invadono le sale del MACRO, in un tripudio di trasparenze, colori, materie ed oggetti. L’arte di Tony Cragg (Liverpool, 1949; vive a Wuppertal) – per comprenderla può esservi sicuramente d’aiuto l’ottima monografia edita in occasione della mostra – è fatta di gesti, di piccoli ed ossessivi rituali lavorati a lungo nella mente, fino a raggiungere la più assoluta perfezione. A differenza degli scultori americani a lui contemporanei (Richard Serra e Richard Long, ad esempio, anche se quasi di un decennio più vecchi) Cragg non elabora i materiali, non li sottomette crudamente alle esigenze dell’artista, bensì li dispone, mettendo in atto una trasformazione ancor più sottile e definitiva. Per usare una frase di Kay Emer, l’artista lascia che i materiali facciano ciò che devono da soli. Tony Cragg Utilizzando quanto di formalmente dissacratorio esiste nel ready made duchampiano, Cragg studia le infinite possibilità di aggregazione e di contrasto che gli oggetti più disparati possiedono, ne percepisce i valori quasi atmosferici, li raggruppa per categorie ed insiemi senza alterarne la struttura e la forma.
E se i minimalisti americani prediligevano in quegli stessi anni ’70 i materiali duri come acciaio e pietra, il giovane Cragg (che aveva ricevuto la sua iniziazione artistica con la mitica mostra When Attitudes Become Form di Harald Szeemann) rivolgeva la sua attenzione ai residui della civiltà postmoderna, alle scatole di cartone dei detersivi, alle bottiglie di vetro di tutte le fogge e misure, a oggetti e oggettini di plastica e latta. Il tutto accatastato, allineato, dipinto e incastrato con la massima cura, avvalendosi dell’apporto tecnico del proprio atelier e riservando per se stesso esclusivamente il ruolo del supervisore, con la maniacale cura del dettaglio. Piùtony cragg, pacific, 1999 che un prelievo Pop, o un agglomerato da Noveaux Realistes, una e vera e propria trasfigurazione, di quel che prima era semplicemente un oggetto. Grazie all’utilizzo di un apporto manuale e specialistico, la produzione è veloce, quantitativamente enorme e Cragg può permettersi l’indagine e l’utilizzo di materiali sempre diversi. Sono moltissime le opere prodotte in questi decenni, e il Macro ne offre selezione, che punta per lo più a quelle realizzate negli ultimi dieci anni (tranne una o due eccezioni). Spiace, in effetti, constatare la mancanza dell’interessantissimo corpus fotografico – di puro valore documentativo certo ma non dovrebbe essere un’antologica? – come pure degli straordinari oggetti uncinati o i fantastici collage – murales dei primi anni ’80. Ma nel complesso si esce soddisfatti da questa mostra, con un vago senso di pienezza, come se l’inerzia di quelle enormi masse mute ci accompagnasse – discretamente – per il resto della giornata.

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Tony Cragg, a cura di Danilo Eccher
Macro, via di Reggio Emilia (Porta Pia), 0667107900, macro@comune.roma.it, www.comune.roma.it/macro , mar_dom 9-19 ch lun, ingresso intero 5.20 euro, ridotto 4,20 euro catalogo Electa 60 euro


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